INTER JUVENTUS CALCIOPOLI- La Juventus attraverso il suo presidente Andrea Agnelli rivuole gli scudetti e lo fa in maniera ufficiale all’interno dell’Assemblea degli azionisti. Si attendono gli sviluppi del processo di Napoli per poi sferrare l’attacco decisivo alla Figc. La richiesta di Andrea Agnelli non è nuova e arriva in una settimana strategica nella quale la Juve – dopo la squalifica per simulazione di Krasic – vuole far sentire la sua voce. La Federazione certamente non dorme notti tranquille, anche perchè la riassegnazione degli scudetti si accompagnerebbe a un grosso risarcimento per danni morali e materiali: non dimentichiamoci che il club era ed è quotato in Borsa.
Ma cosa si evince veramente da calciopoli? Un malcostume diffuso. Diffuso e non circoscritto a una sola squadra. Ieri sera prima di andare a letto Luciano Moggi, quando ha sentito le parole di stima rilasciate pubblicamente (e non solo in privato come era già avvenuto) da Andrea Agnelli nei suoi confronti, deve aver pensato a quell’antico detto ovvero che il tempo è galantuomo. Giusto un po’ per rileggere la vicenda, è necessario fare la cronistoria delle principali vicende. Correva l’anno 2006, precisamente era il 2 maggio, quando la Federcalcio decise di aprire un’inchiesta che passerà alla storia come calciopoli. Solo due giorni più tardi, ampi stralci delle intercettazioni finiscono sui giornali: Luciano Moggi e Antonio Giraudo questa volta occupano la scena non per le vittorie, ma per i contatti con il mondo arbitrale e con i massimi organi federali.
Anche il vicepresidente della Figc Innocenzo Mazzini è al centro di alcune telefonate chiacchierate. L’8 maggio Franco Carraro (esce dalla porta ma rientrerà dalla finestra con un incarico all’Uefa), presidente della Figc, si dimette. I brani estrapolati e pubblicati sui quotidiani sembrano eloquenti: il calcio italiano è ostaggio della cosiddetta cupola. Nonostante l’inchiesta interessi nove squadre di A e di B, sui giornali non si parla di altro se non di Juventus, che di lì a pochi giorni (14 maggio) si aggiudica il 29° scudetto. Si scopre che la Procura di Napoli ha nel suo fascicolo 41 indagati, fra questi i tesserati di quattro compagini della massima serie: Juventus, Milan, Fiorentina e Lazio.
Il 16 maggio Guido Rossi (ex membro del Cda dell’Inter) viene nominato commissario della Figc; Rossi nomina Francesco Saverio Borrelli nuovo responsabile delle indagini della Figc (anche Italo Pappa si era dimesso). Sul principale quotidiano sportivo sono passate in rassegna le partite incriminate con anche la spiegazione che i calciatori diffidati venivano sistematicamente ammoniti per non poter disputare la successiva gara contro la Juventus. Tutto il castello accusatorio sembra reggere, in pochi verificano i fatti. Anche gli stessi tifosi juventini, traditi dal modo di fare di Luciano Moggi, prendono le distanze. I calciatori con un Mondiale alle porte prendono un po’ le distanze.
La società Juventus scarica Luciano Moggi (oggi riabilitato da Andrea Agnelli) e Antonio Giraudo. In meno di un mese Borrelli chiude – con una celerità che fa invidia alla giustizia civile – lo primo stralcio dell’inchiesta in una relazione di 190 pagine consegnate al procuratore federale Stefano Palazzi. Nella sentenza di primo grado (14 luglio) la Juventus è retrocessa in serie B con 30 punti di penalizzazione, ma il 25 l’appello riduce i punti da 30 a 17. Sono confermati, invece, i 5 anni di squalifica a Moggi e Giraudo. Nel frattempo, l’Italia si aggiudica il 9 luglio il suo quarto mondiale in una finale – quella di Berlino – con undici giocatori juventini in campo e con l’ex tecnico bianconero in panchina.
Il 26 luglio la Figc con il suo Commissario straordinario assegna lo scudetto 2005/2006 all’Inter, mentre quello 2004/2005 viene revocato alla Juventus e non assegnato. Nel marzo 2007 esce un nuovo filone d’inchiesta legato alle chiacchierate schede svizzere regalate secondo l’accusa da Moggi agli arbitri. La prima parte, quindi, del processo non aveva nemmeno preso in considerazione la presenza di queste schede. Il 20 gennaio 2009 cominciano le udienze al tribunale di Napoli. Il resto è cosa nota: in molti ritirano parte delle accuse, altri spiegano che non si registravano particolari anomalie. Fra le altre cose, in quei mesi si scopre che l’Inter faceva spiare da una società privata i suoi giocatori e che molte telefonate, richieste agli atti da Luciano Moggi, non erano state prese in considerazione perchè non determinanti. Molte di queste erano di altri tesserati: tutti telefonavano a tutti. Fra le chiacchierate non determinanti, anche un dialogo tra Facchetti e Bergamo di « difficile » interpretazione.