Ieri, dopo il downgrade di Standard & Poor’s, la Borsa di Milano ha chiuso con un +1,9%; la domanda delle domande è se tutti abbiano preso un abbaglio enorme prendendo sul serio l’ultima ricerca dell’agenzia di rating oppure se ci sia un’altra o altre spiegazioni possibili.
Due spiegazioni semplici e poco complicate, che però diciamo subito non convincono fino in fondo, possono essere queste: la prima si riferisce all’ormai conclamata irrazionalità dei mercati, per cui è inutile rompersi troppo la testa su un movimento di Borsa giornaliero in settimane in cui la performance dei mercati cambia radicalmente in minuti; un’altra, sicuramente in parte vera, è che un +1% su una Borsa che praticamente viaggia sui minimi dei minimi e che da inizio anno perde il 30% non ha molto significato dato che, sostanzialmente, non cambia nulla (per la cronaca, per tornare al 1° gennaio il mercato dovrebbe fare più del 40%).
Una spiegazione che convince di più e che “sistema” anche questo apparentemente irragionevole rialzo potrebbe essere questa. Una delle frasi più usate e abusate tra analisti e investitori è “no news, good news” (per i non anglofoni suona più o meno come “nessuna notizia, buone notizie”). Prima del downgrade di Standars & Poor’s veniva dato per molto imminente quello di Moody’s, quindi l’intervento di un’agenzia di rating era nell’ordine non solo delle cose possibili, ma anche di quelle probabili; l’analisi dell’agenzia di rating merita in questo senso di essere osservata da vicino per scoprire quali siano queste “novità” che hanno determinato l’abbassamento del rating.
Riassumendo, Standard & Poor’s sottolinea due elementi e fa un esempio. Gli elementi sono le prospettive di bassa crescita economica che ha di fronte l’Italia certificate ieri dalle nuove stime del fondo monetario internazionale per il 2012 (0,3% crescita del Pil nel 2012 in Italia dalla precedente stima del +1,3%) e l’incapacità del sistema Italia di rispondere con decisione alle attuali problematiche condizioni economiche; più precisamente, secondo l’agenzia, anche sotto pressione le istituzioni politiche italiane, i monopoli, i lavoratori del settore pubblico, i sindacati hanno impedito al governo di attuare le riforme necessarie. L’esempio scelto, tra i mille disponibili, è il caso Alitalia in cui, sempre secondo le parole di S&P, l’opposizione dei sindacati alla privatizzazione nel 2008 ha poi determinato l’acquisizione da parte di Air France.
Chi ha seguito la cronaca degli ultimi mesi non dovrebbe in realtà stupirsi molto di questa analisi, che diventa ancora più comprensibile se si cerca di rileggere gli eventi delle ultime settimane provando a mettersi nei panni di un investitore estero. La storia è quella di un Paese con gravi difficoltà finanziarie ed economiche che nemmeno in un contesto pauroso è riuscito a mettere mano a problemi e debolezze che non si fa nessuna fatica a riconoscere e quindi, appunto, “no news”. Il downgrade di ieri certifica una situazione ben nota ai mercati da molti mesi.
Purtroppo, anche la situazione macroeconomica non sta cambiando. Il problema Grecia rimane sempre gravissimo, la sua soluzione ancora avvolta nel mistero più fitto, i dati macroeconomici continuano a mostrare un rallentamento della crescita economica, gli Stati Uniti non hanno ancora imboccato la strada del risanamento finanziario: la Borsa rimane sui minimi e l’Italia continua a essere al centro delle preoccupazioni con lo spread Btp-Bund in area 400.
In una fase di questo tipo, se l’Italia non dà al mercato delle “novità” convincenti non c’è nessuna ragione per cui le cose debbano cambiare in meglio, escluse le momentanee euforie di giornata o le immancabili iniezioni di liquidità. Siccome nei prossimi giorni è abbastanza facile prevedere giornate di passione sull’asse Berlino-Atene passando per New York (la Grecia senza nuovi aiuti da metà ottobre non paga più pensioni e dipendenti pubblici) sarebbe singolare ipotizzare che ci sia qualche investitore disposto a scommettere sull’Italia. La risposta di Berlusconi che incolpa i media non aiuta, per usare un eufemismo, anzi “per chi ci vuole male” è emblematica dell’incoscienza italiana che S&P’s, come scritto prima, attribuisce a un’ampia schiera di responsabili.
La tesi dietrologica, ma nemmeno troppo, è che si stiano usando tutte le armi possibili e immaginabili per costringere l’Italia a salvarsi e salvando se stessa a dare una grossa mano all’area euro con tutto quello e tutti quelli che ci stanno dentro. Prima si è provato con le buone maniere, adesso si sta passando a quelle cattive. Per vedere le cattivissime, se non cambia nulla, basta solo aspettare.