Una squadra di calcio è forte solo se le entità che la compongono, calciatori, allenatore, dirigenti societari, si muovono in modo unitario per concorrere ad un fine determinato: la vittoria. Individualità, anche grandemente capaci, che operino pensando di risolvere da soli le problematiche che si oppongono al raggiungimento dell’obiettivo finale, sono solo dannose allo scopo che ci si è prefissi: arrivare al soddisfacimento del bene comune.
L’esempio ci arriva dalle due squadre che, nel campionato italiano, faranno quest’anno storia a sè: Roma e Juventus. Le vediamo ad ogni giornata, giocano a memoria cioè nella certezza che ogni componente sa dove troverà il compagno perché tutti, campioni e gregari, non corrono solo per evidenziare le proprie qualità ma per permettere al complesso squadra/società di arrivare a vincere, e sanno che per ottenere il risultato debbono pensare al noi e non all’io. Questo permette a gobbi e magici di non abbattersi mai, di non scomporsi, di insistere nel gioco globale anche quando sembra che l’avversario, chiuso ai limiti della propria area, non ti conceda alcuno spazio. I più “forti” potrebbero avere la tentazione di risolvere l’incontro da soli, e invece no, continuano a giocare secondo gli schemi concordati e così facendo ottengono il risultato.
Così è stato in Roma-Verona dove, con i veneti arroccati in difesa, campioni come Totti, il miglior calciatore italiano degli ultimi 20 anni, o Gervinho avrebbero potuto avere la tentazione del “ghe pensi mi”. E invece no, hanno continuato a macinare gioco, Totti ha accettato la sostituzione senza isterismi, e proprio il nuovo entrato Florenzi ha concluso in rete una manovra cui ha concorso tutta la squadra. La Juve non ha avuto molti problemi, l’Atalanta di quest’anno appare modesta e se Denis sbaglia anche un rigore regalato, è logico che l’incontro non abbia storia. Però mi ricordo la Juve contro il Milan chiusissimo in difesa. Avanzavano tutti all’unisono spingendo gli avversari nella propria area finché le barricate milaniste sono cadute.
Questi esempi collegano il calcio alla nostra società globalizzata. Siamo di fronte ad una globalizzazione esclusivamente commerciale alla quale non si può rispondere ripiegandosi su se stessi o cercando spinte separatiste, è necessaria un’attività solidale, di relazione, solo così si può crescere. L’esempio dell’individualismo che non premia sono…
…le milanesi. Il Milan, slegato fra i reparti, ha avuto fortuna ed è riuscito a rimediare un pareggino a Cesena. L’Inter, una cozzaglia fra brocchi, giocatori normali e qualche buon giocatore ha realmente mostrato contro il Cagliari come il pretendere velleitariamente, da parte di ciascuno, di risolvere da solo la partita abbia sortito una sconfitta che neanche il più bieco tifoso milanista o juventino avrebbe sperato di poter immaginare. Per contro la squadra di Zeman si è mossa all’unisono dominando in ogni parte del campo. Mai la Scala del calcio era stata così ignomignosamente calpestata e violata. Se lo ricordi Mazzarri e la società, si facciano un esame di coscienza e ne traggano le conseguenze.