Con le dimissioni di Berlusconi e l’insediamento del governo Monti sembra che la politica abbia finalmente ascoltato l’invito del Presidente della Repubblica a smettere la guerra e a collaborare per cercare di tirare fuori l’Italia dalla grave crisi in cui versa. Almeno per il momento, con qualche eccezione e più o meno obtorto collo, i partiti sembrano decisi a cooperare. C’è da chiedersi invece se la magistratura aderirà al recentissimo invito di Napolitano a “quel confronto costruttivo che auspico da sempre e senza il quale non possono recuperarsi né l’efficienza, né quel limpido e razionale funzionamento del sistema giustizia al quale occorre mirare con rigore, serenità e senso del dovere.” Evidentemente, anche il Presidente ha qualche dubbio in proposito, vista la sua richiesta ai magistrati di dotarsi di “un valido codice deontologico volto ad affermare il necessario rigore nel costume e nei comportamenti del magistrato.”
A giudicare da quello che sta avvenendo attorno a Finmeccanica, direi proprio che siamo molto lontani da quanto auspicato da Napolitano. Le notizie sulle indagini, così come riportate dalla stampa, mettono Finmeccanica, in particolare il suo presidente Guarguaglini, al centro di uno scandalo di false fatturazioni e costituzione di fondi neri. Lo scopo sarebbe stato quello di finanziarie illecitamente personaggi politici: il partito più coinvolto sarebbe l’Udc, il partito rampante del rampante Centro.
Guarguaglini si dichiara innocente e afferma di non aver nessuna intenzione di dimettersi, anche perché sostiene di non aver ricevuto nessuna richiesta formale dal governo in tal senso. Pare che la questione verrà risolta nel prossimo Cda, convocato per giovedì, e che il presidente sarà costretto a ritirarsi, avendo contro anche l’Ad Giuseppe Orsi. Nello scandalo è coinvolta anche l’Enav, Ente nazionale assistenza volo, e la Selex SI, 100% di Finmeccanica e il cui Ad è Marina Grossi, moglie di Guarguaglini. Insomma, il solito scandalo all’italiana, che dà ragione a chi sostiene che corruzione e intrecci tra affari e politica sono ancora più forti di prima, essendo Mani Pulite servita solo a far fuori Dc e Psi, salvando il Pci e lanciando personaggi alla Di Pietro. Ma anche il solito processo mediatico, visto che Guarguaglini afferma di non aver avuto alcun avviso di garanzia e di non essere mai stato sentito da alcun magistrato.
Finmeccanica è una delle eccellenze che vanta il nostro Paese e una delle poche grandi aziende capaci di stare con successo sul mercato internazionale in un settore così strategico e così difficile come la difesa. Il suo azionista di riferimento è lo Stato italiano, attraverso il Tesoro. Si può immaginare quindi il danno che questa inchiesta sta procurando alla società, in Borsa e sul mercato, dove agguerriti concorrenti europei ed extraeuropei non aspettano altro che sostituirla sui vari mercati.
Immaginabile è anche il danno arrecato alla già tanto compromessa immagine dell’Italia e alla nostra malandata economia. Cosa che non pare importare molto a chi ne approfitta per impartire prediche sulla “moralità”, come Di Pietro, o a chi cerca di cavalcare lo scandalo per interessi partitici o di lotta di potere all’interno delle imprese stesse. Mi chiedo se nei paesi che ospitano i concorrenti di Finmeccanica sarebbe successa la stessa cosa. Personalmente non lo credo. Ciò che è in discussione non è nascondere reati accertati in nome della ragion di Stato, ma il modo in cui l’inchiesta viene gestita.
Credo che in altri paesi i magistrati inquirenti avrebbero tenuto conto, non della ragion di Stato, ma del semplice interesse nazionale, non facendo trapelare indiscrezioni con conseguente montatura dell’ennesimo caso mediatico, informando il Governo (anche se ancora presieduto dall’odiato Berlusconi) di quanto accadeva, per consentire la messa in sicurezza, se del caso, della gestione di Finmeccanica e della sua posizione sul mercato. Peraltro, la cosa sarebbe stata facilitata dal fatto che, in molti dei paesi in cui operano i nostri concorrenti, la magistratura inquirente è separata da quella giudicante e risponde spesso al Governo.
Alla luce di tutto questo, si comprendono meglio gli inviti che Napolitano ha rivolto alla magistratura, anche se, come Presidente del Csm, ci si potrebbe forse aspettare qualcosa di più che dei semplici inviti. E risulta sempre più chiaro come molti magistrati non solo non riescano a resistere al fascino della ribalta mediatica, ma abbiano come loro criterio d’azione il motto fiat iustitia et pereat mundus, ma questo non ha nulla a che fare con la vera giustizia.