Tra le difficoltà attuali del nostro mercato del lavoro spiccano le criticità dell’occupazione femminile. Secondo “Noi Italia”, il dossier curato dall’Istat, una donna su due non ha un lavoro e ha rinunciato a cercarlo, mentre il tasso di inattività femminile italiano nel 2009, pari al 48,9%, è stato il secondo più alto dell’Unione Europea.
Questi dati sono certamente la conseguenza di una cultura che non ha favorito l’accesso al mercato del lavoro della popolazione di genere femminile. Una situazione generale nel nostro paese, anche se esistono differenze significative nel territorio: nel Mezzogiorno la partecipazione della popolazione femminile al lavoro è molto meno elevata che al Nord e al Centro.
In generale, nel paese si stava assistendo a un aumento dell’occupazione femminile, riscontrabile con l’aumento del tasso di occupazione (cresciuto tra il 2004 e il 2008 di 2 punti percentuali, passando dal 45,3% al 47,2%), valore poi calato con l’avvento della crisi economica che ha riportato il tasso di occupazione al 46,2% nel 2010. Identicamente anche il tasso di disoccupazione, stava calando significativamente (dal 6,4% del 2004 al 4,9% del 2007), ma ha subito un arresto con la crisi ed è ripreso a salire attestandosi al 7,6% nel 2010.
La domanda che anche in questo caso ci si pone è se la ripresa economica consentirà di invertire la rotta e quali sono le condizioni per consentire al genere femminile di riconquistare un trend positivo nel nostro mercato del lavoro.
Uno dei temi di maggior rilevanza per le imprese oggi è certamente quello della capacità di creare innovazione (organizzativa e di prodotto/servizio) per aumentare la propria competitività nel mercato ormai sempre più globale. In questa direzione sono molti gli studiosi e i commentatori che riconoscono nella valorizzazione del capitale umano uno dei fattori principali per tale finalità.
Nei fatti, occorre favorire lo sviluppo e la crescita di una cultura che sappia valorizzare la persona tenendo conto di tutti i fattori che la costituiscono o, citando l’ultimo rapporto Censis, favorire la crescita del “desiderio” della persona. Le posizioni lavorative, l’orario di lavoro, il contesto in cui si opera saranno in tal senso maggiormente capaci di raggiungere livelli di qualità e produttività, se concepiti in un’ottica di valorizzazione e di rispetto delle esigenze e delle capacità e competenze delle persone.
Questo vale in generale, ma ancora di più là dove, come nel caso di persone di genere femminile, ci sia l’esigenza naturale di contemplare lavoro e famiglia, di poter vivere un’esperienza lavorativa che preveda la possibilità di creare una famiglia, di mettere al mondo dei figli senza per questo essere penalizzati.
Contemplare lavoro e vita famigliare è certamente uno dei punti di maggior attenzione per le politiche del lavoro a sostegno del genere femminile. Nel nostro paese non esistono, se non in misura modesta, forme di intervento a sostegno delle coppie con figli e mancano iniziative generalizzate di conciliazione tra maternità e lavoro. Esistono segnali che vanno nella giusta direzione, ma la situazione resta ancora solo parzialmente affrontata e risolta.
La risposta al problema del lavoro, in particolare per il genere femminile, va ricercata tenendo conto di diversi aspetti. Innanzitutto ripartendo da una concezione del lavoro che muova la persona nella direzione della ricerca continua delle opportunità offerte, nella coscienza che il lavoro oggi non è più un “posto”, ma, come è nei fatti, sempre più un percorso tra occasioni spesso imprevedibili in cui lo sviluppo della professionalità rappresenta sempre più la garanzia per una continuità lavorativa.
Il secondo aspetto riguarda le modalità di attuazione delle politiche di servizio; l’elevata dinamicità del mercato del lavoro, l’esperienza del cambiamento a cui le persone sono chiamate, richiedono la messa a punto di un sistema di servizi che sappia accompagnare le persone nel loro percorso, in particolare quelle di genere femminile, che spesso trovano più resistenze all’ingresso o reingresso nel mercato.
Il terzo aspetto è certamente quello sopra richiamato rispetto alla creazione sinergica di politiche del lavoro per il genere femminile che siano strettamente connesse a politiche di valorizzazione e sostegno della famiglia. Maggiori opportunità lavorative per il genere femminile saranno create se saranno attuate vere politiche di sostegno alle famiglie, con attenzione particolare a una reale conciliazione tra vita famigliare e attività lavorativa e, come sopra richiamato, tra maternità e lavoro.