È incomprensibile all’estero il grado di estraniazione italiana dalle regole basilari della politica mondiale. Ciò emerge dalle polemiche scoppiate a proposito delle dichiarazioni dell’ex segretario del tesoro americano Tim Geithner sulle pressioni esercitate sul governo Berlusconi nel 2010.
Cosa stava succedendo allora? Pare che in quel momento, nel mezzo di una crisi economica mondiale, il governo italiano stesse lavorando effettivamente – e in segreto – all’uscita dell’Italia dall’euro. Se ciò fosse accaduto è molto probabile che il mondo sarebbe piombato una seconda profondissima crisi economica, che avrebbe danneggiato profondamente tutti, a cominciare dai vicini e da oltre Atlantico.
In questa situazione è possibile che il mondo, l’Europa, l’America ma anche il Botswana, sarebbe rimasto a braccia conserte? Lasciamo perdere se ciò sia un bene o un male. Se una cosa del genere fosse accaduta secoli fa, ossia cercare di risolvere i propri problemi scaricandoli su altri, l’Italia – potenza media in via di diventare piccola – sarebbe stata invasa da uno o più dei vicini e la popolazione sarebbe stata trascinata in schiavitù.
170 anni fa la Cina, che aveva un Pil grande circa un terzo o la metà di quello mondiale, fu attaccata da tutte le parti e le venne imposto con le armi di commerciare liberamente l’oppio. All’epoca la Cina era una macchina da esportazioni e aveva accumulato il 70% dell’argento mondiale, non voleva importare niente dall’Europa e questo stava facendo crollare l’economia europea. Per riequilibrare la bilancia commerciale in fretta gli inglesi imposero la libertà del traffico dell’oppio, come se oggi si imponesse la libertà nello smercio delle anfetamine. Naturalmente imporre con le armi il traffico dell’oppio è orribile, ma con un opportuno senso della storia bisogna riconoscere anche che non aveva senso l’indifferenza della Cina ai problemi altrui causati dalla sua forza commerciale.
Le differenze tra la Cina di 170 anni fa e l’Italia di oggi sono certo tali da essere incommensurabili, ma vale la pena considerare che una Cina allora fortissima fu fatta a pezzi perché si rifiutò di prendere in considerazione i guai degli altri. L’Italia del 2010 era (ed è) molto più debole della Cina di allora. Inoltre, l’Italia di Berlusconi non ignorava i problemi altrui: voleva risolverli scaricandoli sugli altri. In altri tempi, appunto, gran parte della popolazione italiana avrebbe pagato con la propria vita questa idea. Tali analogie sono crudeli e spietate, ma forse sono utili a capire le regole della storia, che nessuno nemmeno le iperpotenze, possono ignorare.
Ora, lasciando da parte per un momento il passato, quali sono le scelte obbligate per l’Italia? Riformarsi tanto da poter contribuire positivamente all’Unione europea. Ci possono essere accenti diversi, strategie differenti, si può contrattare più o meno con la Germania, e forse al limite si potrebbe anche pensare di uscire dall’euro, ma tutto in un dialogo trasparente con gli altri.
Non è possibile fare come se il resto del mondo non esistesse e piangere perché gli stranieri brutti e cattivi invadono l’Italia. Se ai politici italiani non piacciono le regole millenarie della politica, facciano gli eremiti e lascino il campo a chi ha invece senso della realtà del mondo.
Al di là dei risultati di Mario Monti, il contributo storico di quel governo e di chi lo ha pensato, a cominciare dal presidente Napolitano, è stato quello di salvaguardare il più possibile gli equilibri italiani. Senza quell’intervento, oggi molti politici non avrebbero una sedia su cui sedersi, o anche peggio.
Tutta la politica italiana dovrebbe forse cominciare a ragionare a partire dall’estero e non dalle sterili e inutili polemiche dell’interno. Per questo ci vogliono conoscenze che però, spesso, mancano. È certamente più facile raccontare la barzelletta che il comune di Valpisello di sotto dichiara l’indipendenza dal mondo. Ma questa è, appunto, solo una barzelletta.