Santoro in versione 2014 si presenta più predicatore che mai. Sulle note di Mrs. Robinson ci spara subito un pistolotto non del tutto chiaro su ricchi e poveri, inclusi ed esclusi. Poi viene sgranato un rosario di testimonianze di giovani disperati, senza lavoro, e anche di giovani pieni di coraggioso entusiasmo che sperano di costruirsi il proprio futuro. Questi ultimi dicono cose interessanti: “I nostri nonni uscivano da una guerra. E se ce l’hanno fatta loro, perché non dovremmo farcela noi, che veniamo da una crisi e non da una guerra?”. E così speriamo in una trasmissione nuova, e invece…lo scoramento ci prende quando scorgiamo seduti in studio i soliti due gladiatori di lungo corso, Landini e Brunetta.
Come se fosse piovuto dal cielo, Brunetta ci tiene una bella lezione di economia del lavoro, e ci dice che cosa potrebbe succedere o cosa si dovrebbe fare, lui che è stato al governo per anni, gli anni nei quali si sono create le condizioni della crisi che stiamo vivendo. È talmente pacato da sembrare persino plausibile. Dal canto suo, Landini invoca più investimenti in Italia, sostenendo che oramai gli investimenti si fanno solo all’estero. E ricorda che in America è stato lo Stato a intervenire per salvare le aziende automobilistiche e far ripartire l’economia.
Poi Santoro mostra un documentario in cui Robert Reich, già ministro con Clinton, spiega in maniera assai semplice ed efficace che negli ultimi anni la forbice tra stipendi di manager e lavoratori si è molto allargata, come il divario tra ricchi e poveri: negli Stati Uniti 400 persone detengono la stessa ricchezza della metà della popolazione americana. E così Reich può affermare che la ripresa, che in America è forte, si fonda però su un meccanismo malato come prima, basato sulla diseguaglianza sociale. Così Rampini, anche lui ospite di Santoro, può a ragione affermare che se non si ridà fiato al ceto medio la ripresa non ci sarà mai. Brunetta è d’accordo, Landini è d’accordo e così nessuno litiga, e Santoro decide di accendere la miccia domandando dove si possono andare a prendere i soldi. Brunetta sostiene che bisogna poter sforare il 3%, Landini ricorda che basterebbe decidere di fare scelte giuste, risparmiando su F35 e su TAV, per investire in settori più strategici. Ricorda inoltre che i proventi della previdenza integrativa dei metalmeccanici, 100 miliardi al giorno se Yoda ha capito bene, al 70% vengono investiti in titoli di Stato esteri…e non in Italia! Tutto molto interessante, finora, ma anche molto…disperante. Pubblicità.
Tocca a Travaglio, che ha deciso di strapazzare Saccomanni (e a Yoda per la verità non dispiace, perché non ha mai visto un ministro più molle e confusionario). Come sempre, Travaglio tira fuori tutte le incaute citazioni di Saccomanni sulla fine della crisi, sull’Imu, sull’Iva, dimostrando che è sempre puntualmente successo l’opposto delle sue previsioni. E così, Sacco-danni, come alcuni lo hanno soprannominato, ne esce totalmente distrutto. Brunetta rincara la dose ricordando che il ministro è solo un burocrate terrorizzato dagli euroburocrati.
Si ritorna a parlare delle banche, che hanno ricevuto un mare di soldi per salvare i loro bilanci, invece di redistribuirli. Rampini conferma che il sistema bancario, soprattutto in Italia, assomiglia a una foresta pietrificata, anche a causa della Fondazioni che paralizzano il sistema. E così siamo di nuovo alla radiografia di un Paese bloccato e ingessato come non mai. Si prosegue con Landini, che continua, e giustamente, a invocare un progetto-Paese, che invece sembra non esserci. Tutti i presenti concordano che un progetto così l’attuale governo proprio non ce l’ha.
Quando tocca a lui, Dragoni ricorda che 101 banchieri italiani guadagnano in media più di un milione di euro l’anno, nonostante le banche siano in crisi. Assai impietosamente, ricorda che l’operazione di fusione di Fiat con Chrysler è tutta a vantaggio di Fiat ma in termini finanziari, mentre la vendita di auto Fiat in Italia è crollata a un terzo di tre anni fa. Intanto fra stipendi e premi, Marchionne ha incassato in otto anni 80 milioni di euro, 440 volte la paga di un operaio, e si appresta a incassarne molti di più con i premi di fedeltà. Per contrasto, si mostra un servizio dove due famiglie di giovani, che vivono in otto in due stanze, non hanno i soldi per pagare lo sciroppo per la tosse dei bimbi e hanno già 20.000 euro di debiti. Due di questo sono in studio, e chiedono drammaticamente ai presenti se devono aspettare un anno – come ha profetizzato Brunetta – per dare da magiare ai bambini in attesa della ripresa promessa… Insopportabilmente, Brunetta ci ammannisce una lezione di economia – lui che è stato al governo per anni – disegnando a grandi linee che cosa si dovrebbe fare per uscire dalla crisi. Che faccia tosta!
La trasmissione scivola via sotto una cappa di tristezza, aggravata dalla lucida analisi di Reich che spiega ai suoi studenti che dagli anni Settanta in poi gli stipendi degli operai si sono plafonati, e che i grandi gruppi come Amazon o Apple fanno profitti impiegando dieci volte meno persone di quanto si faceva in quegli anni. Rampini, con molta semplicità, ricorda che l’economia si muove se aumenta la domanda, e quindi gli italiani dovrebbero poter tornare a spendere: già, ma dove prendere i soldi? Nessuno che invece di pensare a sforare il tetto del 3% suggerisca di cominciare a eliminare gli sprechi.
L’ultimo spezzone del documentario di Reich mostra l’ex-ministro intento a galvanizzare gli studenti dicendosi sicuro che molti di loro riusciranno a cambiare il mondo. Certo, gli americani nei momenti critici sanno essere anche epici. Noi no. A noi piace discutere, sottilizzare, polemizzare, prendercela con la casta. Meno male che in studio c’è Rampini, che vivendo da molti anni in America, riesce a far concludere la trasmissione puntando l’attenzione su quei giovani, presenti in trasmissione, che hanno dimostrato di conquistarsi un pezzo di futuro con le loro mani e che ora meritano soltanto di essere sostenuti, invece che pensare a chissà quali grandi strategie. Yoda, come fa oramai da tempo, decide di fermarsi su questo finale positivo, risparmiando a sé e ai lettori il resoconto delle sempre più modeste prestazioni comiche (?) di Vauro.