Puntata di Servizio Pubblico che si annuncia subito incandescente: Santoro attacca con veemenza Ferrara che aveva parlato di “professionisti dell’antimafia” sul tema della famosa e discussa trattativa. Si capisce che è molto incavolato, e che stasera renderà pan per focaccia promettendo sfracelli. Subito dopo, in studio, due parlamentari del Movimento 5 stelle attaccano duramente Boldrini e Napolitano – per il quale poco prima era stato chiesto l’impeachment – perché secondo loro stanno impedendo all’opposizione di svolgere il proprio ruolo. Come al solito Santoro mescola gli argomenti, ma questa volta getta un gran sasso nello stagno abbozzando l’ipotesi che forse c’è un filo rosso che lega tutto: la grande confusione che regna nelle istituzioni rivelerebbe un momento molto critico della storia repubblicana, in cui si intrecciano vistosi regali alle banche (7,5 miliardi con la ricapitalizzazione gratuita della Banca d’Italia), la richiesta di impeachment del Capo dello Stato, la faccenda della trattativa Stato-mafia.
In proposito Santoro mostra dei video in cui una “dama di compagnia”, messa accanto a Riina nell’ora d’aria, fa parlare il boss mafioso che rivela un sacco di cose, esprime giudizi su Berlusconi, Schifani, eccetera. Fa sentire le intercettazioni di Mancino e D’Ambrosio, il consigliere giuridico di Napolitano, poi a sorpresa fa ascoltare il pentito Scarantino che afferma di essere stato imboccato dal superpoliziotto La Barbera per accusare molti che non c’entravano nulla e che sono stati condannati a 19 anni di galera. Scarantino (ancora più a sorpresa!) è presente in studio, parla con il viso nascosto da una assai suggestiva maschera bianca, racconta di torture subito per anni (50 chili persi in un anno) perché mentisse continuamente. Dice cose che commuovono: “La mafia ti ammazza in un colpo, lo Stato invece ti uccide lentamente perché ti toglie la dignità, ti colpisce nella famiglia e nei figli, le uniche cose vere che un uomo ha”. Emerge da un servizio che la Boccassini ha pure messo per iscritto che Scarantino non era credibile, e infatti poi Scarantino ritrattò, e poi ritrattò la ritrattazione…insomma, era un falso pentito. Imboccato da chi?
Nei servizi si mostrano gli effetti di queste false accuse: famiglie distrutte di mariti chiusi ingiustamente in carcere per vent’anni, figli sposati mai più visti, mogli invecchiate con tumori, una grande tragedia complessiva. Il direttore di Panorama, Mulè, chiede con insistenza a Scarantino di dire i nomi di chi lo obbligava a dire il falso, ma lui conferma che a torturarlo e a istigarlo erano La Barbera e due suoi colleghi magistrati. Nomi di quelli più in alto non ne fa. In un ricostruzione che non ammette dubbi, il direttore di Left sostiene che il pentito Gioè viene “suicidato” appena si teme che riferisca i nomi di quelli che “trattano” fuori dalla mafia, cioè quelli che trattano per conto dello Stato. Travaglio taglia corto, secondo lui la verità è molto semplice: ci sono decine di persone nelle istituzioni che se non hanno fatto direttamente qualcosa sanno benissimo chi ha fatto che cosa.
Il vero scandalo, secondo lui, sta nel fatto che Mancino chieda al Capo dello Stato di intervenire per mettere in riga i procuratori, e sostanzialmente afferma che lo stesso chiede (o impone con velati ricatti) che i vertici delle istituzioni “coprano” gli esecutori della trattativa stato-mafia, che c’è stata ed è ancora in corso.
Puntata di vero giornalismo di inchiesta, costruita con tanti elementi di un puzzle che viene ricostruito sotto i nostri occhi. Per una volta non c’è il sangue finto dei soliti finti gladiatori tipo Santanchè, Belpietro o Sgarbi. C’è il sangue vero di tante stragi, e c’è la forte preoccupazione che ci sia qualcosa di veramente grave che continua a essere coperto. Chapeau.