Nessuna giustificazione. Il tonfo della Juventus a Lecce è inspiegabile. La cattiveria agonistica messa in campo contro l’Inter è solo un lontano ricordo, ma anche questa considerazione rientra in una più complessiva: la Juve non ha ancora una mentalità da grande squadra. L’undici bianconero è andato a giocare a Lecce con sufficienza contro una compagine falcidiata dalle squalifiche e arrabbiata per i torti arbitrale subiti a Catania; fin dai primi minuti di gioco si è visto chiaramente che in campo c’erano due velocità diverse. Poi è arrivata l’espulsione (affrettata l’uscita di Buffon) che ha sconvolto ulteriormente i piani di Delneri, che ha optato per la soluzione (condivisibile) di mantenere sul terreno di gioco le due punte per dare profondità alla manovra.
Al mister di Aquileia non può essere imputato molto, se Aquilani e compagni camminano. La prestazione non può essere (vista la prova contro l’Inter) spiegabile con una precaria condizione fisica. Non bisogna stracciarsi le vesti, anche perché mancano ancora 12 gare e tutte le avversarie dirette (eccetto la Lazio) per il quarto posto in Champions non viaggiano a gonfie vele.
La situazione è complessa, ma non impossibile. Resto dell’idea che a questa Juve manchi qualcosa nell’organico, cioè mancano dei giocatori in grado di cambiare in corsa il volto di una partita o possano far rifiatare i centrocampisti (senza lo squalificato Sissoko, in panchina c’è il deserto). Delneri ha provato anche la carta Iaquinta, ma Vincenzo è ben lontano dallo standard minimo. In questo caso emergono le responsabilità di una società che in estate ha puntato molto sulla coppia Iaquinta-Amauri, ma è stata tradita da entrambi: i troppi infortuni avrebbero dovuto mettere in allarme la dirigenza. Per tenere i due, ha sacrificato un certo David Trezeguet. Senza parole.