Anas Qandeel, diciassette anni, palestinese di Gaza, alla fine aveva chiesto a Dio di morire. Esaudito subito! Possibile che il buon Dio sia così pronto a lasciar prevalere il male e sia invece lento, lentissimo nell’ascoltare e realizzare il desiderio puro di chi chiede la pace?
Leggiamo le notizie di agenzia, sempre con il dubbio che siano manipolate, perché in guerra funziona così: ciascuna delle parti in conflitto cerca di commuovere l’opinione pubblica a suo vantaggio. Ma ci sono storie come questa che non danneggiano l’uno o l’altro ma fanno odiare la guerra, punto e basta.
Dopo l’orribile crescendo di violenza, successivo al rapimento e all’assassinio di tre suoi coetanei ebrei israeliti e alla vendetta abominevole contro un palestinese musulmano, e i razzi di Hamas sulle città israeliane, i bombardamenti su Gaza dell’aviazione dello Stato ebraico hanno reso l’esistenza di tante famiglie della Striscia una roulette russa. Per Anas non era una novità. È da quando era bambino, ma non ci si abitua. E diventa tremendo specie dopo che gli era esplosa in cuore – osiamo immaginare – la speranza.
Era accaduto un fatto strano quella domenica 8 giugno. Ci aveva creduto. A San Pietro in Roma si erano radunati a pregare l’unico Dio gli acerrimi nemici storici, eppure leader di buona volontà, Shimon Peres e Abu Mazen, i due presidenti, chiamati a quel gesto da Papa Francesco.
Aveva detto quel giorno il Vescovo di Roma: “La preghiera può tutto. Utilizziamola per portare pace al Medio Oriente e al mondo”. Il ragazzo di Gaza quel giorno era circondato da chi negava valore a quel gesto e lo riteneva anzi una finzione: i Fratelli musulmani dominanti a Gaza e al potere grazie ad Hamas non avevano dubbi. Non ci si può unire in preghiera con gli infedeli. Lui non è che si fidasse di Abu Mazen, né tantomeno di Peres, ma il Papa, di cui aveva udito in tivù le parole a Betlemme e lo aveva visto in adorazione, gli aveva toccato il cuore. “La preghiera può…”.
Invece.
Invece sangue, morte. E prima ancora l’insopportabile lievitare della paura. Una bomba là, a un passo da casa. Dio portami via!
Così ha trovato modo di pregare in modo strano, sicuro che Dio sia sempre connesso al web. Sul suo profilo Facebook ha scritto come se fosse il libro delle grazie davanti a un santuario: “Meglio morto, che attanagliato sempre dalla paura”. “Dio, ti prego, abbi pietà di me, non ho dormito da ieri […] Che la nostra casa sia bombardata, e così la faremo finita una volta per tutte”.
Quasi. Lo diciamo con amarezza sicuri che come quello di Paolo VI ai funerali di Moro, il grido di pace e il sacrificio di Anas toccherà la sommità del Cielo e il Cuore di Chi tutto può.
Il Papa oggi ha guardato a Gaza e alla tragedia in corso. Quella preghiera è stata un fiasco? All’Angelus ha risposto. Non vogliamo aggiungere una sillaba. Ha detto: “Rivolgo a tutti voi un accorato appello a continuare a pregare con insistenza per la pace in Terra Santa, alla luce dei tragici eventi degli ultimi giorni. Ho ancora nella memoria il vivo ricordo dell’incontro dell’8 giugno scorso con il Patriarca Bartolomeo, il Presidente Peres e il Presidente Abbas, insieme ai quali abbiamo invocato il dono della pace e ascoltato la chiamata a spezzare la spirale dell’odio e della violenza. Qualcuno potrebbe pensare che tale incontro sia avvenuto invano. Invece no! La preghiera ci aiuta a non lasciarci vincere dal male né rassegnarci a che la violenza e l’odio prendano il sopravvento sul dialogo e la riconciliazione. Esorto le parti interessate e tutti quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale a non risparmiare la preghiera e a non risparmiare alcuno sforzo per far cessare ogni ostilità e conseguire la pace desiderata per il bene di tutti. E invito tutti voi ad unirvi nella preghiera. In silenzio, tutti, preghiamo. [Preghiera silenziosa] Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: “mai più la guerra!”; “con la guerra tutto è distrutto!”. Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace… Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono. Amen“.
Dentro quel silenzio che Francesco ha chiesto c’è Anas con il suo sacrificio, che sale sulle spalle di Uno che morì in croce lì vicino. Dio non delude.