Prima del crollo del Muro nel 1989 per alcuni italiani era un incubo, per altri una benedizione: moriremo democristiani. L’era di Berlusconi, pur con le due brevi parentesi di vittorie sotto il nome di Romano Prodi, aveva portato un’aria di alternanza, seppure zoppicante. Ciò perché Prodi non riusciva a governare per i dissidi tra i suoi alleati dopo avere vinto alle urne, e perché a Berlusconi dopo i successi alle urne non interessava di governare. Ora pare diverso.
Ora il premier Matteo Renzi, pur con tutta la sua confusione, sta provando a governare e il cammino per il momento sembra spianato fino alla fine della legislatura nel 2018. L’anno scorso pensavamo a un anno tormentato, come in effetti è stato, ma per quest’anno il clima politico volge al bello.
L’euro è basso rispetto al dollaro, cosa che sta dando ossigeno alle esportazioni delle imprese italiane verso l’America, dove la ripresa sembra essere a pieno regime. Anche il prezzo del petrolio è basso, cosa che aiuta le imprese sul fronte dei costi. La Grecia ha trovato una soluzione per il suo debito con la Ue, cosa che dà più sicurezza al debito italiano.
Queste sono tutte notizie positive sul fronte economico, anche se nessuna è merito del governo, ma il governo potrebbe e dovrebbe sfruttare questa congiuntura per far passare con forza quei cambiamenti strutturali necessari a una ripresa in grande stile, pronosticabile per gli anni venturi.
Ci sono elementi politici interni e internazionali che giocano a favore di Renzi. Il neopresidente della Repubblica Sergio Mattarella è garante degli equilibri italiani anche per conto di Unione Europea e Stati Uniti, interessati alla stabilità della penisola, il che oggi significa far governare Renzi. Questo sul piano internazionale.
Per l’interno in realtà si è ristabilita una geografia politica di epoca democristiana. Il partito di Renzi, il Pd, come un tempo la Dc, è al centro, e ai due lati ci sono formazioni che non possono governare. A sinistra ci sono i grillini, arroccati nella loro opposizione al sistema che li sta riducendo di fatto a portatori d’acqua del governo. Non collaborano con Renzi, ma tanto meno vogliono collaborare con la destra di Berlusconi e quindi congelano i loro voti, cosa che fa il gioco del partito di maggioranza, il Pd appunto.
A destra la situazione è più complessa. Berlusconi vorrebbe governare anche in condominio, e per questo aveva stipulato il famoso patto del Nazareno, i cui contenuti rimangono ad oggi nebulosi. In realtà l’elezione di Mattarella è la prova che il patto del Nazareno è morto, se mai è stato vivo.
Ciò per motivi molto pratici: il Pd è ostile a Berlusconi, e Renzi, pur con tutto il suo realismo, non può preferire Berlusconi al suo partito. Inoltre Usa e Ue, che hanno “votato” per Mattarella, sono ostili a Berlusconi, troppo vicino a Putin e alla sua Russia, con cui è in corso una guerra ben più che fredda in Ucraina.
Infine, Berlusconi non riesce a comandare nel suo partito, che si è spezzettato in mille frange, Alfano, Fitto, Salvini e la sua stessa. Queste frange, come i partitini di era Dc, dai repubblicani ai liberali ai socialdemocratici, sono voti di riserva, utili o inutili a seconda delle occasioni, per il partito di maggioranza, il Pd. Ciò rende superfluo, che è peggio che dannoso, il patto del Nazareno per Renzi.
Naturalmente il premier ha tutto l’interesse a non rinnegare pubblicamente i patti con Berlusconi: perché dovrebbe mollare la presa con lui senza alcun vantaggio? Berlusconi d’altro canto, con le sue aziende in affanno, ha ogni interesse a mantenere una linea di comunicazione sciolta con Renzi, il quale può dare o togliere ossigeno agli interessi privati del Cavaliere.
Né altri a destra sembrano comunque in tempi brevi capaci di insidiare Berlusconi. Anche l’astro nascente Matteo Salvini A) si sta schierando troppo con Putin (quasi come suoi emuli del passato adoravano Baffone), B) il suo comando al nord è insidiato da Tosi, e C) finora non è riuscito a fare progressi a sud di Firenze e non si sa se il risultato delle amministrative emiliane sia solo una rondine o sia davvero primavera.
La situazione resta di certo altamente fluida e non si possono escludere cambiamenti drammatici. Questo non deve fare ignorare che per quanto fluida, la situazione è oggi molto più consolidata del 2014, e che Renzi ha dimostrato una speciale capacità a navigare per acque perigliose.
Cosa che ci riporta all’inizio, all’idea di molti italiani, l’ineluttabilità di un governo democristiano. Oggi come allora destra e sinistra sono bloccate e le uniche chance di governo sono al centro. Oggi come allora una parte del blocco, ieri con il Pci oggi con Berlusconi, è dovuto alla bizzarra alleanza di un pezzo di Roma con Mosca, cosa che è invisa a una parte maggioritaria dell’Italia e agli storici partner italiani in Europa e oltre Atlantico.
Berlusconi arrivò al potere con una manovra complessa ma che in sostanza fu quella di sdoganare la destra estrema di Alleanza Nazionale e proporsi come il più filoamericano degli italiani, più degli ex Pci che si erano da poco riscoperti tutti kennediani nell’epoca di Bill Clinton. Per motivi di interessi banali, invece ora Berlusconi e Salvini fanno gli antieuropei e gli antiamericani.
Questi rapporti però oggi non sono facili da cambiare e quindi Renzi dorme sonni tranquilli: fin quando la destra non si libererà di Putin sarà bloccata, come il fattore K che impediva al vecchio Pci di andare al governo. Da qui due conseguenze.
La politica italiana preferisce una centralità mentre il pubblico manifesta la sua opposizione al governo separandosi drasticamente in due ali, a destra e sinistra. Queste due ali sono antigovernative (come ora) o ricattano da posizioni estreme il partito di governo grazie alle alchimie del sistema di voto italiano.
La riforma elettorale quando sarà approvata chiarirà come e se questa forza di ricatto delle ali di destra e sinistra sopravvivranno o riusciranno a essere digerite in un sistema bipartitico. Qui non ci sono soluzioni rotonde. L’esplosione dei partiti (sei) in Gran Bretagna, patria del bipolarismo, e la forza di ricatto complessiva degli estremisti del Tea Party in America (altro tradizionale sistema bipartitico), dimostrano che gli artifici legali funzionano solo temporaneamente e che nuove forze sociali possono mettere a rischio in ogni momento il sistema di voto, e non ci sono soluzioni istituzionali eterne. Quindi Mattarella, costituzionalista e padre del primo grande cambiamento del sistema elettorale, può giocare un ruolo essenziale nell’indirizzo futuro del paese.
Altro elemento da non escludere, anzi, è la possibile esplosione della Russia di Putin con il proseguo della crisi Ucraina. Il Pci uscì dall’ombra sovietica solo con il crollo del suo impero, oggi Berlusconi o Salvini potrebbero essere lasciati liberi dai loro legami con Mosca da un crollo del sistema di potere di Putin, cosa non impossibile, vista la crisi. Ciò darebbe uno scossone agli equilibri attuali come negli anni 90, liberando forze forse distruttive della nuova centralità del Pd.