“Il vero problema sarà superare gennaio”. Nel centrodestra si pensa già al dopo. Il voto di fiducia del 14 dicembre, è la convinzione della maggioranza, non creerà particolari problemi. E il fatto che la Corte Costituzionale non deciderà nulla sul legittimo impedimento prima della fine dell’anno è sicuramente un aiuto.
Chi infatti può assumersi la responsabilità di far cadere il governo senza la certezza che Berlusconi, in un modo o nell’altro, scompaia definitivamente dal panorama politico? Chi è veramente disposto ad affrontare una campagna elettorale con il premier ancora saldamente alla guida del centrodestra? A giudicare dai movimenti di queste settimane nessuno.
Gianfranco Fini, ad esempio, è tornato a usare toni concilianti nei confronti del suo principale antagonista invitandolo addirittura a portare a termine gli impegni presi. Tattica? Forse. Di certo il presidente della Camera è in grossa difficoltà. L’impressione è che abbia fatto un passo più lungo della gamba. Anzitutto ha ritirato la delegazione finiana dal governo senza un motivo chiaro. E ora si ritrova con quattro big di Fli che si chiedono perché, da un giorno all’altro, sono rimasti senza una poltrona. Il tutto mentre il loro leader resta saldamente ancorato allo scranno più alto di Montecitorio. Abbastanza facile pensare che, prima o poi, gli chiederanno conto di quanto accaduto.
Ma a preoccupare il presidente della Camera è soprattutto il controesodo che si è innescato. In questo momento, soprattutto se si dovesse andare ad elezioni, il Cavaliere è in grado di offrire posti e garantire rielezioni quasi sicure, Fini no. Così, soprattutto tra le cosiddette “colombe” c’è chi torna al Pdl e chi prova, con difficoltà, a resistere alla tentazione. Di certo c’è che molti di loro non hanno alcuna intenzione di sfiduciare il governo. Non volevano farlo sei mesi fa, figurarsi ora.
Così, per tutta risposta, il leader di Fli ha zittito i "falchi" (le dichiarazioni antiberlusconiane dei Bocchino e dei Granata si sono ridotte all’osso) e ha cercato di aprire un canale di trattativa. Ma lungo questa strada la competizione è forte.
Giusto ieri Pier Ferdinando Casini ha dichiarato di essere disponibile a sedersi a un tavolo per discutere di un possibile ingresso dell’Udc nella maggioranza. In molti hanno letto questa mossa come una conferma della strategia comune di Fli e centristi. Dopotutto era stato Fini il primo a ipotizzare un nuovo esecutivo di centrodestra allargato all’Udc.
In realtà Casini sembra giocare da solo. I ben informati parlano di contatti quasi quotidiani tra Lorenzo Cesa e Palazzo Chigi. Ora è giunto il momento di chiudere l’accordo. Accordo che, almeno nella testa di Berlusconi non comprende e non può comprendere Futuro e libertà.
L’idea potrebbe essere quella di trasformare l’Udc nella "terza gamba" della maggioranza. In questo modo Casini si garantirebbe un ruolo di primo piano nella partita del dopo-Cavaliere. Confortato tra l’altro dal fatto che il suo elettorato è più in sintonia con il centrodestra che con il centrosinistra.
La Lega per ora è contraria, ma di fronte alla possibilità di condurre in porto la legislatura senza dover "vivacchiare" potrebbe cambiare idea. In ogni caso non sono solo Fli e Udc a guardare con interesse al Cavaliere e alla possibilità di conquistare uno dei posti che possono essere offerti.
La pattuglia Radicale, ad esempio, dopo aver lasciato cadere la mozione di sfiducia presentata dal Pd (partito nelle cui file sono stati eletti ben 6 deputati radicali), si è detta disponibile al dialogo. Testimonianza che in questo momento, grazie al tramonto definitivo del "governo tecnico" (il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha di fatto archiviato la pratica) e allo "spauracchio" del voto, Berlusconi è più forte che mai.
E anche per questo, mentre tutti lo descrivono impegnato a "comprare" voti in vista della fiducia, trascorrerà l’ultima settimana di novembre e i primi giorni di dicembre in giro per il mondo, quasi incurante di ciò che accade in Italia. Ma questa sicurezza non coincide necessariamente con la definitiva tranquillità.
Pur certo che il voto di fiducia non riserverà sorprese, il Cavaliere deve necessariamente pensare al dopo. Anche perché non può permettersi di farsi logorare all’infinito. Molto dipende dagli accordi che riuscirà a stringere da qui al 14.
Di certo c’è che Fini ha fatto scuola. In molti, soprattutto all’interno del Pdl, hanno capito che alzare il livello dello scontro paga. Buon ultima Mara Carfagna che da giorni minaccia dimissioni per risolvere la sua battaglia personale contro i vertici campani del partito. Domani dovrebbe vedere Berlusconi cui dovrebbe chiedere il commissariamento del segretario regionale del Pdl, Nicola Cosentino.
Il Cavaliere potrebbe concederglielo, ma di certo questo modo di fare non gli piace. Ecco perché in molti pensano che alla fine il premier potrebbe decidere di ribaltare anche il tavolo delle possibili trattative nazionali e andare comunque ad elezioni. Sarebbe l’occasione per liberarsi definitivamente di Fini e tornare in Parlamento con ancora più forza. Gennaio, in tal senso, potrebbe essere decisivo.