Osservando gli ultimi dati Istat riscontriamo alcuni timidi segnali sostanzialmente positivi, ma non si riesce ancora a parlare di ripresa decisa dell’occupazione che risulta essere, soprattutto per i giovani, un grave problema.
A giugno 2011, gli occupati sono 22.917.000 unità e, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, l’occupazione fa registrare un aumento dello 0,1% (+31.000 unità). Il numero dei disoccupati, pari a 2.001.000, registra su base annua una diminuzione del 3,9% (-81.000 unità). Passando ai principali indicatori di analisi si riscontra un tasso di disoccupazione che si attesta all’8,0%, livello analogo a quello registrato negli ultimi mesi; su base annua il tasso cala dello 0,3%. Infine, il tasso di disoccupazione giovanile scende al 27,8%, facendo registrare una diminuzione congiunturale dello 0,4%.
Sono passati esattamente tre anni dall’inizio della crisi internazionale iniziata nell’estate del 2008 e ci troviamo di fronte a un ulteriore momento di elevata criticità internazionale in cui al nostro Paese sono richiesti ulteriori interventi e sacrifici per evitare situazioni disastrose. La manovra finanziaria di metà agosto è certamente il tentativo di risposta messo in atto dal governo italiano alla situazione di difficoltà che si è venuta a creare.
Diverse sono state le prese di posizione e al netto di quelle ideologiche e di parte credo sia importante porre l’attenzione sul fatto che i cambiamenti strutturali di cui il nostro Paese ha bisogno non sempre sono stati attuati o se il percorso è stato avviato siamo ancora molto distanti dalla meta. Anche in materia di lavoro, o meglio di mercato del lavoro, sono necessari interventi che consentano alle persone a alle imprese di cogliere le sfide che l’odierno mercato del lavoro pone: la flessibilità contrattuale, l’esigenza di continua innovazione delle competenze, la mobilità territoriale e contrattuale, l’alternarsi di esperienze in settori e mansioni differenti. Fattori che in sintesi evidenziano come il lavoro oggi non sia più rappresentabile come un “posto”, bensì come un percorso tra occasioni spesso imprevedibili. È a questo nuovo e mutato contesto che le politiche e le proposte di cambiamento normative devono dare risposta.
Vorrei porre l’attenzione a due aspetti che descrivono in sintesi alcune criticità dell’odierno mercato del lavoro: il primo relativo all’occupabilità, definibile come efficienza ed efficacia dei sistemi di incontro tra domanda e offerta; il secondo riguarda la creazione di nuovi posti di lavoro, favorire cioè reali traiettorie di sviluppo economico e di impresa capaci di portare con sé la creazione di nuovi posti di lavoro. Se il tema dello sviluppo è connesso a processi di riforma che strutturalmente consentano di focalizzare risorse e idee verso nuovi prodotti, processi e mercati, il tema dell’aumento dell’occupabilità è prevalentemente legato al miglioramento-innovazione del sistema dei servizi per il lavoro che i territori sono in grado di esprimere e attivare.
In un mercato del lavoro fortemente caratterizzato da elevata dinamicità e competitività internazionale occorre togliere i legacci di rigidità nati in altri tempi e non più attuali che impediscono alle imprese di innescare processi di innovazione continua (strutture di contrattazione delle relazioni industriali rigide, vischiose legate a contratti collettivi nazionali che spesso rendono non effettivi e inefficaci le innovazioni che possono essere apportate tramite contratti aziendali).
In secondo luogo, in merito al tema dell’occupabilità il nostro Paese è certamente tra gli ultimi nel contesto europeo nella creazione di sistemi di servizi capaci di migliorare da una parte la circolazione dell’informazione della domanda e offerta di lavoro e dall’altra di farsi carico di attivare per le diverse esigenze degli utenti, servizi adeguati a migliorare la collocabilità degli stessi nel mercato.
Se in materia di contrattazione aziendale il dibattito è avanzato e anche nell’ultima manovra si riscontrano evidenti tracce che muovono nella direzione di dare maggior valenza ai contratti aziendali, in merito al tema del sistema dei servizi e della strutturazione di un sistema di politiche per il lavoro orientato verso la flexicurity non vi è traccia. Il rischio a cui andiamo incontro è molto grande.
Sempre più evidente, per le persone e le imprese, è l’esigenza di servizi adeguati a governare e aiutare l’elevata dinamicità del lavoro di oggi e del prossimo futuro. Se nulla e in maniera strutturale, si muoverà in questa direzione, rischiamo a breve di aver “risolto” alcuni problemi legati ai deficit di bilancio degli stati, ma di ritrovarci con un sistema di politiche e servizi per mercato del lavoro assolutamente inadeguato a rispondere alle esigenze di sicurezza delle persone.