Durante la recente campagna elettorale, Obama è stato accusato più volte dalla destra Repubblicana e dai libertari di essere un “socialista”, anzi un “socialista all’europea”. Infatti, il socialismo sembrerebbe piuttosto alieno dalla storia e dalla mentalità degli statunitensi, che considerano socialista ogni posizione in favore di un maggiore intervento dello Stato, in particolare quello federale, cioè centrale.
Almeno, ciò è quanto emerge dai recenti dibattiti sul tema. Il tipico individualismo degli americani è temperato dall’attenzione e dall’impegno nella comunità, quella più prossima. Inoltre, gli Stati Uniti sono uno Stato federale, con i singoli stati che godono di una notevolissima autonomia, e il governo federale è da molti visto come una sovrastruttura necessaria, ma che è meglio rimanga leggera e dedicata solo ai compiti che non possono essere svolti ai livelli inferiori.
In quest’ottica, la riforma del sistema sanitario che va sotto il nome di Obamacare, che agli occhi europei è tutto fuorché rivoluzionaria, ha suscitato vive reazioni negli Stati Uniti da parte di conservatori e libertari soprattutto, che l’hanno percepita come un attentato alla libertà personale e un’invasione dello Stato di impronta, appunto, socialista. Peraltro, anche tra chi è d’accordo sulla necessità di rendere più universale la copertura dell’assistenza sanitaria, si sono mossi rilievi critici per un certo statalismo e la mancanza di forme di sussidiarietà.
Si inseriscono in questo contesto le recenti dichiarazioni di Barack Obama di voler aumentare le imposte ai ricchi. A differenza che da noi, nella cultura americana la ricchezza non è di per sé un male, in un certo senso fa parte del “Sogno Americano”, ma deve essere accompagnata dal senso di responsabilità verso la comunità. E’ a questo che Obama si richiama, quando dice che il deficit deve essere affrontato, oltre che con tagli alla spesa pubblica, con un aumento di gettito fiscale che deve venire dai più abbienti.
Il Congresso ha di fronte a sé poche settimane per risolvere il problema dell’ormai famoso “fiscal cliff”, la rupe fiscale, cioè riportare il deficit sotto controllo, e si tratta di un conto stimato attorno ai 600 miliardi di dollari. Se non sarà raggiunto un accordo, da gennaio verranno attuati tagli lineari automatici alla spesa e un aumento generalizzato della tassazione, con possibili risvolti drammatici sull’economia.
A gennaio scadono anche i tagli alle imposte messi in atto da Bush e la proposta di Obama è di mantenere le attuali riduzioni salvo che per i redditi più alti, sopra i 250mila dollari, vale a dire il 2% delle famiglie americane. Nel suo discorso, Obama si è detto ragionevolmente sicuro di poter raggiungere un accordo con l’opposizione Repubblicana, che controlla la Camera dei Rappresentanti, proprio perché è deciso a lasciare invariate le imposte per il 98% degli americani e, ha aggiunto, per il 97% delle Pmi.
Il leader Repubblicano alla Camera, John Boehner, si è detto favorevole a un accordo per risolvere il problema, ribadendo però che le imposte devono essere ridotte e i risparmi trovati nei tagli alla spesa pubblica e in una revisione dei trattamenti favorevoli e delle detrazioni fiscali. Insomma, un dibattito che ci sembra familiare, da un verso, e che non sembra contenere particolari elementi di “socialismo” dall’altro.
Certo, Boehner ha insistito sul fatto che l’aumento delle tasse ai più abbienti non basta a risolvere il problema e che maggiori risultati si possono raggiungere andando a riformare il sistema assistenziale, in particolare i programmi del Medicare, la parte dell’assistenza sanitaria agli anziani. Questa è certamente una posizione in linea con la concezione conservatrice e antistatalista, e noi diremmo di destra. E’ però da tener presente che lo stesso Obama nel suo discorso ha accennato alla necessità di ridurre i costi dell’assistenza sanitaria, sia pur riaffermando la necessità di rafforzare i programmi per gli indigenti e gli anziani.
Per noi italiani, nel discorso del “socialista” Obama vi è un altro punto di interesse ed è la decisa affermazione che “non possiamo limitarci a sbarrare la nostra strada alla prosperità” e quindi si deve ridurre il deficit “continuando a fare gli investimenti necessari a costruire una solida classe media e una forte economia”. Che ne dite, Frau Merkel e Prof. Monti?