Quando leggerete questo articolo, i giochi sul Brexit saranno ormai fatti. Quindi, potenzialmente sono parole al vento. Ma non credo, perché al netto del terrorismo sul referendum britannico che è stato profuso a piene mani anche su questo sito per giorni, quanto accaduto in Gran Bretagna riguarderebbe solo la Gran Bretagna se l’economia globale non fosse un’enorme bolla che cerca soltanto un qualcosa di acuminato per farsi finalmente esplodere. Il Brexit, che sia accaduto o meno, rappresenta quell’oggetto, al netto delle spacconate di Jean-Claude Juncker, il quale se smettesse di bere prima di parlare, eviterebbe parecchi danni a quella già disastrata istituzione che si chiama Ue. Già, perché se non si seguono con avidità gli eventi dell’economia mondiale, si rimane un po’ confusi e interdetti di fronte al can-can messo in campo per un atto che, di fatto, era contemplato dagli stessi Trattati europei, visto che se sarà stato Brexit, la Gran Bretagna se ne andrà in base a quanto previsto dall’articolo 50: non è secessione eversiva, è un qualcosa di noto e previsto, ancorché di inatteso ed estremo.
Certo, la vulgata vuole che il fallout di questo evento abbia effetti per il mondo intero, ma la questione interessante è sottolineare che se questo è vero, lo è però in maniera diversa da quanto la stampa mainstream e le istituzioni finanziarie vogliono farci credere. Primo, in un mondo con condizioni globali normali, del Brexit non fregherebbe nulla al di fuori della Gran Bretagna. Se l’Ue fosse fiscalmente stabile, se le banche fossero solventi, se i debiti nazionali fossero sotto controllo e se l’Ue fosse un’entità sovranazionale funzionale, il danno potenziale arrecato dal Brexit sarebbe minimo e di brevissimo termine.
Peccato che non sia questo il caso e l’esempio classico ce lo ha fornito la Grecia, un Paese il cui Pil pesa per meno del 3% di quello dell’Unione e che per almeno tre volte ha rischiato di far saltare l’Ue come un tappo di champagne a Capodanno: ovvio che in queste condizioni il Brexit fa paura, ma perché l’Ue sta per collassare di suo, non per altre ragioni oscure. È la struttura in sé a essere fondamentalmente instabile. Il Brexit a livello finanziario è un non problema, visto che, come confermato dal britannico Financial Times, le banche stanno preparandosi da giorni all’evenienza dell’addio, addirittura dando vita a modelli che contemplino i controlli di capitale, un calo del cross della sterlina del 20% e un più generalizzato tonfo dei mercati attraverso il massiccio uso di prodotti derivati per l’hedging.
Il problema è uno solo, la politica. Il Brexit, infatti, sottointende la creazione di un precedente: dall’Ue si può uscire e vi assicuro che l’Olanda non aspetta altro. E l’Ue questo non se lo può permettere: non ha fatto uscire la Grecia, figuriamoci la Gran Bretagna. E l’idea di stessa di interconessione del globalismo a essere messa a rischio, perché se manca un pezzo non può sopravvivere: piccolo o grande che sia. Per questo gli Usa si sono spesi così tanto per la campagna del Remain. I dati macro dell’economia mondiale sono terrificanti, eppure la gente ancora crede alle promesse dei vari Draghi o Yellen, ma finché il mondo sarà in mano a oligarchie non elette, quale ad esempio è la Commissione Ue, ci vorrà sempre poco a cambiare la narrativa degli eventi, a parlare di ripresa attraverso media servi e compiacenti, a regalare 80 euro, salvo poi rivolerli indietro. Quando poi le cose vanno davvero ma davvero male, ecco che entrano in gioco le Banche centrali con il loro bazooka o presunto tale, capace di mantenere allegri i mercati per l’1% del mondo che specula in Borsa e comprimere gli spread di Paesi che meriterebbero di fallire e invece si finanziano sui mercati a tassi negativi.
Non può durare e il Brexit, comunque sia andato a finire il referendum, ne è la riprova. L’Ue altro non è che la terrificante messa in pratica del Fabianesimo, un visione internazionalista e sovranazionale del socialismo che trarrà comunque linfa vitale dal Brexit: se accade, è perché l’Ue non è abbastanza forte e unita. Se non accade, occorre comunque centralizzare di più il potere, al fine di dimostrare ai cittadini quanto l’idea di sovranità e confini sia desueta e pericolosa. È il mondialismo, il cancro assoluto della modernità.
Se esaminiamo la storia moderna, dopo ogni evento traumatico a livello politico o economico, le organizzazioni globaliste hanno sempre incolpato sovranisti e nazionalisti dell’accaduto, promuovendo socialismo keynesiano e centralizzazione del potere come soluzione più efficace: la colpa è comunque dell’altro, la panacea è sempre la globalizzazione, l’interdipendenza da un potere non eletto.
È un gioco a somma zero che vede i globalisti sempre vincenti: se sarà stato Brexit, finalmente si potrà permettere a mercati gonfiati artificialmente per anni di trovare la loro schumpeteriana distruzione creativa, tornare a fondamentali di prezzo e rendimento e cercare un punto di ripartenza, magari aiutati ancora un po’ dalle Banche centrali. E, in tutto questo, potranno accusare dell’accaduto gli estremisti, nazionalisti e sovranisti inglesi per l’epilogo, promuovendo nel contempo la loro ricetta come alternativa, ovvero più centralizzazione e abbandono del residuo di sovranità nazionale. Se invece il Brexit sarà fallito o si sarà sostanziato in una farsa controllata, ci sarà comunque la scusa precauzionale da parte delle Banche centrali di sostenere direttamente i mercati per qualche mese: e oplà, il redde rationem con i fondamentali lo si sposta all’autunno, se non all’inverno.
C’è poi, come in Austria, la possibilità che il voto possa essere manipolato, vedi ad esempio le scommesse per ilRemain con altissime puntate dei giorni scorsi che hanno spostato le indicazioni dei bookmakers verso un esito favorevole a chi vuole rimanere nell’Unione, nonostante il numero assoluto di scommesse ricevute sia a favore del Brexit, ma per importi monetari minori che non spostano le quotazioni. Vi pare poi un caso che gente come Soros, un mesetto fa, abbia scaricato la gran parte del proprio portafoglio azionario, comprando con il badile oro e titoli di aziende estrattive e ponendosi short sulle equities? L’ultima volta che Soros operò in tal senso e con tali volumi era il 2007, cosa è accaduto subito dopo lo sapete. Sia il Fmi che la Bri stanno avvisando del rischio di un tonfo sui mercati per eccesso di debito e leverage dalla fine del 2015 e l’ultima volta che si erano posti in modalità così emergenziale era la fine del 2007.
Casualmente, il Brexit ha consentito a Janet Yellen di non alzare i tassi questo mese e ha posto la Fed in condizione di poterlo non fare ancora per mesi, visto che, Brexit o no, i mercati avranno bisogno di tempo per digerire. Anche perché se il Brexit avrà fallito, qualcuno comincerà a parlare di aumento dei tassi a luglio e servirà una buona scusa per evitarlo: l’eccesso di posizioni ribassiste sul mercato da coprire in fretta sarà perfetto in tal senso. Pensate poi all’omicidio di Joe Cox da parte di Thomas Mair, un perfetto sconosciuto del West Yorkshire con disturbi psichiatrici che di colpo decide di diventare un paladino violento del Brexit: perché uccidere un deputata pro-Ue quando il Leaveè in vantaggio, per auto-sabotare la propria causa? L’omicidio della Cox ha avuto un’ondata emozionale forte ma brevissima, tanto è vero che gli ultimi sondaggi di mercoledì sera parlavano di testa a testa o Brexit in vantaggio di uno o due punti: ma attenzione, perché l’estremista nazionalista Mair servirà molto più ora, a referendum passato. Se sarà stato il Remain a vincere, vedrete che la storia tornerà a galla e servirà a dipingere i sovranisti come istigatori all’odio ed elementi divisivi della società, mentre se il Brexit sarà uscito vincitore ci sarà anche il carico da novanta del sabotaggio economico e finanziario.
Comunque sia andata a finire, i globalisti ne hanno tratto vantaggio, altrimenti questo referendum – promesso ai britannici da quello stesso David Cameron che ha parteggiato per il Remain ma che strizzava l’occhio agli euroscettici pur di andare a Downing Street – non si sarebbe mai tenuto, le scuse non sarebbero mancate. Il referendum, poi, si può truccare, pilotare, depotenziare, far ripetere come accaduto all’Irlanda sul Trattato di Lisbona: comunque sia andata a finire, qualsiasi sia il risultato reale, utilizzate queste mie riflessioni per capire che ormai il nostro voto non vale più nulla, la nostra identità non vale più nulla. Perché ci hanno narcotizzato il cervello.
Quando ho denunciato i palesi brogli avvenuti al secondo turno delle elezioni presidenziali austriache sono stato coperto di insulti e bollato come complottista: bene, quanto sto per dirvi è preso pari pari dalle cronache estere diRepubblica di ieri. «Una risata amara sta seppellendo l’elezione presidenziale più drammatica della storia austriaca. Le udienze del ricorso presentato dai populisti della Fpö per annullare il voto del 22 maggio scorso si stanno rivelando una via di mezzo tra un romanzo di Gogol e Fantozzi. I presidenti dei seggi e gli scrutatori stanno raccontando da tre giorni dettagli dello spoglio finale che ha regalato la vittoria ad Alexander Van der Bellen che gettano un’ombra inquietante sul voto, vinto con appena 30mila voti di differenza. Tanto che ieri uno dei quattordici giudici costituzionali che stavano ascoltando a bocca aperta le testimonianze si è complimentato ironicamente con un uno dei pochi responsabili dei seggi che aveva fatto tutto secondo le regole. Il contenzioso riguarda il voto per corrispondenza, circa 600mila schede che per legge si sono potute aprire e contare soltanto lunedì 23 maggio, quando il voto nei seggi era già chiuso e dava, peraltro, il candidato della Fpö Norbert Hofer in vantaggio. Quelle ultime schede hanno rovesciato clamorosamente il risultato finale a vantaggio di Van der Bellen. Ma ora sta emergendo che negli uffici dove ai contavano quei voti arrivati per posta non tutto è andato secondo le regole, per usare un eufemismo. E se i giudici dovessero ritenere eccessive le irregolarità che stanno emergendo, l’Austria rischia di dover tornare nuovamente alle urne. Sarebbe la prima volta nella storia. Peraltro, le udienze andranno avanti fino al 6 luglio. Due giorni prima del giuramento di Van der Bellen. Sempre che ci si arrivi».
Sono io complottista o loro dei sabotatori di democrazia, a questo punto? E attenzione, perché Repubblica nel dar conto di ciò che ormai non poteva più essere taciuto, declina il tutto in farsa fantozziana, non in broglio vergognoso e da denunciare in prima pagina, come modestamente mi sono permesso di fare io il giorno dopo. Attendo con ansia anche alcuni partecipanti alla discussione su questo sito, attendo il loro parere adesso che il vaso di Pandora si è rotto perché qualche giudice onesto c’è ancora, nonostante l’elezione di un verde massone della loggia di Innsbruck facesse piacere a molti.
Mentre scrivo non so chi ha vinto al referendum britannico, mentre voi che leggete sì. Non cambia il senso di questo articolo. Abbiamo, paradossalmente, un’unica, disperata e dolorosa speranza: che qualcosa sfugga dal controllo dei manovratori. Saranno tempi difficili, da lacrime e sangue davvero, ma almeno apriremo gli occhi sulla realtà del mondo che abbiamo permesso ci venisse creato attorno. E allora si farà piazza pulita, ricominciando da zero. E dalle nostre identità, non da quelle di un burocrate massone e non eletto che tiri i fili da Bruxelles. E che viene applaudito anche da molti che hanno l’indecenza di definirsi cattolici.