È stato un 2 giugno tutto sommato positivo per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Almeno comunicativamente parlando. L’immagine del Cavaliere che stringe mani e dialoga con i grandi della Terra. Che svolge vertici trilaterali con Usa e Russia. Che incontra faccia a faccia il presidente afghano Karzai, è molto lontana da quella del premier che, meno di una settimana fa, si sfogava con Obama parlando di toghe rosse. La percezione non è quella di un Berlusconi assediato, ma di un Berlusconi che prova a ripartire facendo ciò che gli riesce meglio: il gran cerimoniere.
Può sembrare un dettaglio, ma dopo la batosta elettorale l’impressione era che il Cavaliere fosse in balia degli eventi, incapace di dettare la linea del governo e del partito. Probabilmente è presto per dire con assoluta certezza che così non è, ma di certo il presidente del Consiglio, in 48 ore, ha messo un piede fuori dall’angolo in cui era finito.
Alla vigilia della parata di ieri, infatti, il ministro della Giustizia Angelino Alfano era diventato il primo segretario nazionale del Pdl. Anche in questo caso può sembrare un dettaglio. In fondo la nomina non ha generato terremoti all’interno del partito. I tre coordinatori sono ancora al loro posto e ci rimarranno anche dopo che il consiglio nazionale avrà modificato lo statuto inserendo una figura che, fino ad oggi, non era prevista. Dall’altro lato ha sicuramente ragione chi sostiene che non basta un segretario nazionale per cambiare le sorti di un Pdl che, nell’ultima tornata elettorale si è dimostrato debole e incapace di interpretare i bisogni degli elettori proprio nelle sue roccaforti.
Ma la “promozione” di Alfano dà al Cavaliere una serie di carte importanti da giocare. Anzitutto ora esiste una figura che può affrontare il confronto con l’opposizione a viso aperto, anche in televisione. Basta con la “caccia” al premier. D’ora in avanti, se Bersani vorrà parlare faccia a faccia con qualcuno, potrà farlo con il suo omologo che, tra l’altro, ha già dimostrato ampiamente di sapersi difendere nell’agone mediatico.
Secondo passo, da non sottovalutare, sono gli ottimi rapporti che il Guardasigilli ha con tutte le forze politiche. Basterebbe raccontare un fatto: anche nei momenti di peggiore conflitto tra Fini e Berlusconi, Alfano non ha mai smesso di lavorare con Giulia Bongiorno alla riforma della Giustizia. Non a caso, sia dal “falco” Bocchino che dall’Udc, pur con qualche cautela, sono arrivate parole di plauso per la sua nomina. E non a caso l’esponente di Fli ha fatto sapere che si asterrà sul referendum sul legittimo impedimento: un gesto di distensione che fa capire come su questo tema delicato esista una possibilità di confronto. Il nuovo segretario potrebbe quindi riuscire a ricomporre il campo del centrodestra recuperando quanti se ne sono andati.
Terzo aspetto determinante è il feeling che Angelino ha con il Colle che in una fase delicata come quella attuale gioca un ruolo determinante. Insomma c’è la possibilità concreta che il neosegretario del Pdl possa riuscire a ridare un po’ di serenità al centrodestra aiutando quel rilancio dell’azione di governo che tutti si aspettano.
E forse non è un caso che, salutando i capi di governo riuniti al Quirinale, Napolitano sia apparso tutt’altro che catastrofista: “Non nascondiamo le nostre difficoltà: ma sono certo che voi – Signori Presidenti, Altezze Reali, Illustri Ospiti – saprete guardare con amicizia e con fiducia al nostro impegno”. Insomma, l’Italia può farcela. Di certo, in questa situazione, Berlusconi ha una grande responsabilità. Il Colle non vuole elezioni né ribaltoni, ma di certo non può accettare un esecutivo che navighi a vista. Il primo obiettivo restano quindi le riforme. Al premier il compito di avviare il cantiere.