Dopo la lettera inviata al cda di Telecom Italia del 19 novembre, Assogestioni insieme ad altri primarie istituzioni finanziarie (Aberdeen, JP Morgan e Standard Life tra gli altri) ha nuovamente preso carta e penna per intervenire sui recenti sviluppi della governance di Telecom Italia. Questa volta il destinatario della missiva non è il cda dell’ex monopolista italiano, ma l’amministratore delegato e il presidente di Vivendi, la società che detiene una partecipazione di poco più del 20% del capitale ordinario di Telecom. Ancora una volta a suscitare le perplessità del “mercato” è la richiesta di Vivendi di inserire tre propri manager nel cda di Telecom Italia oltre al componente del consiglio di sorveglianza di Vivendi già presente nel board.
Ancora una volta, così come nella lettera di metà novembre, risulta davvero difficile non condividere le questioni sollevate dai firmatari della lettera. In particolare, nella missiva, si chiede a Vivendi di chiarire al mercato: cosa pensi dell’attuale numero di membri del cda Telecom, se la richiesta di integrazione segnali una mancanza di fiducia nell’attuale cda o nei suoi componenti esecutivi e infine, last but not least, se “la vostra intenzione sia di avviare una influenza significativa sulla società, anche in vista di ulteriori operazioni quali, ad esempio, una possibile integrazione tra i due gruppi, dubbio che emerge considerando che i candidati proposti sono figure apicali del gruppo Vivendi”.
Le questioni sollevate non appartengono all’universo dell’alta finanza speculativa o di qualche complesso dettaglio tecnico; si potrebbe anzi dire che siano in realtà obiezioni di grande buon senso che chiunque sia interessato a Telecom vorrebbe poter porre al management di Vivendi. In sostanza e parafrasando: siete diventati gli azionisti industriali di riferimento di Telecom, volete avere una influenza sostanziale sul cda cambiandone radicalmente gli equilibri, ma non ci avete ancora detto o spiegato che cosa volete fare veramente.
La questione posta dagli investitori ha ovviamente ragioni particolari. È presumibile che valutazioni sull’interesse del “sistema paese” italiano o sulla sua competitività di medio-lungo termine non siano le priorità più pressanti. La questione di fondo per il “mercato” è che gli interessi di un azionista in particolare, in questo caso Vivendi, non siano confliggenti con quelli del rimanente 80%. Non è per niente secondario il fatto che Vivendi sia un investitore industriale che potrebbe avere come obiettivo di lungo termine quello di un’integrazione o che potrebbe voler perseguire una certa linea industriale; è chiaro che in questa situazione ci sarebbe un potenziale conflitto di interessi in cui il management di Vivendi interviene direttamente sulla gestione di Telecom Italia.
La finalità del “mercato” è chiaramente quella di non perdere parte del valore delle azioni Telecom Italia. Possederle espone all’opportunità di un’integrazione industriale, con le sinergie, e a quella, sempre possibile, di un’opa; esiste anche il rischio di non avere una suddivisione equa delle opportunità industriali o finanziarie se, per esempio, il management o il cda di Telecom Italia non fosse perfettamente allineato agli interessi di tutti gli azionisti. Esistono due soli modi per essere sicuri di evitare conflitti: il primo è quello di avere un cda espressione del “mercato”, il secondo è un’opa di Vivendi su tutto il capitale. La lettera di Assogestioni e dei fondi mette pressione per evitare che si materializzino altri esiti.
Le domande poste a tutela dei ritorni finanziari del proprio investimento sono però molto interessanti anche per chi si interroga sul futuro della società che controlla la rete fissa italiana e con essa un fattore importante per la competitività del sistema economico italiano. Le domande poste dal mercato per motivi completamente differenti dovrebbero interessare anche al governo italiano che, su questa vicenda, è completamente scomparso dalla scena anche se i destini di Telecom riguardano da vicino quelli dell’economia italiana.
Siamo molto curiosi e speriamo che Vivendi risponda alle questioni poste; per placare la curiosità del mercato però va bene anche un’opa.