Roma in questi giorni è pulita, ergo i No al referendum vinceranno. E poi? Si apre l’abisso o c’è una via d’uscita? Questo in due parole, dalla distanza, pare la situazione politica italiana. Infatti, l’emergenza spazzatura a Roma, con le sue trucide foto di cassonetti debordanti e ratti che pasteggiano indisturbati, è scomparsa dai giornali, cosa che appunto fa pensare sia stata risolta. Poco importa che la soluzione sia stata trovata osservando tutte le norme di legge o stringendo un nuovo patto luciferino con i signori che da decenni dominano l’affare della spazzatura nella capitale. Le ombre che si erano accumulate sul neo sindaco Virginia Raggi, sono scomparse, almeno per ora.
Questo a spanne, significa che la Raggi è riuscita a far funzionare la macchina del Comune, o che i signori della spazzatura a Roma hanno visto la loro convenienza, oppure ancora che essi odiano il premier Matteo Renzi al punto di passare sopra i loro affari per la meta finale di spodestare il governo attuale. In ogni caso, al di là di ogni dietrologia, c’è poco tempo prima del voto per il referendum costituzionale e almeno in teoria non c’è allora abbastanza tempo per fare inciampare pesantemente la giunta romana del M5s a cui sono agganciate pesantemente le sorti dell’intero movimento.
Né l’opinione pubblica si è preoccupata del ruolo ereditario di Casaleggio junior nel M5s, questione scivolata via senza alcun peso; né alcuno si preoccupa della gracilità strategica e di programmazione del movimento. Sembra che le pure tante incertezze, legittime o illegittime, sul futuro del M5s al governo d’Italia non possano vincere le certezze crescenti contro il governo.
Dato poi che il referendum sulla Costituzione è stato promosso per mesi dal governo come un referendum in realtà pro o contro Renzi, allora facile vedere i prossimi appuntamenti tattici: i No vincono a novembre e M5s chiede a gran voce lo scioglimento delle camere e un voto che si attendono di vincere. Questa oggi la situazione, a cui in teoria sia Pd sia destra potrebbero reagire, e abbiamo illustrato su queste pagine possibili contro tattiche.
Ma in verità il caso di Roma dimostra che il M5s ha intelligenza tattica per controbattere oppure c’è una disaffezione forte tra opinione pubblica e poteri locali verso Pd e destra, vecchie organizzazioni politiche. Quindi, nonostante su queste pagine siamo stati spesso molto critici del M5s, la prospettiva vera è che il M5s sarà al governo l’anno prossimo.
Se una lezione viene dal voto del Brexit nel Regno Unito è che non bisogna drammaticamente caricare di significato politico un voto che è per sua natura incerto e ottuso, cioè destinato a dire Sì o No, quando la situazione è molto sfumata. Non è chiaro se Renzi o chi altri saprà spegnere questa miccia. Oggi la proposta di Stefano Parisi potrebbe forse offrire i margini per trattare sia a Renzi che a M5s, ma non sappiamo cosa si pensa in Italia.
Da un punto di vista del Movimento, la sfida è un po’ quella affrontata dall’Ukip e dai sostenitori del Brexit in Gran Bretagna: dopo aver vinto non hanno saputo gestire la vittoria. Di fatto le prospettive del Brexit sono state allontanate nel tempo e potrebbero essere seppellite… a meno che non esploda la situazione italiana. La cosa potrebbe accadere in caso di vittoria del No in Italia. Se questo è accaduto nell’orgogliosamente indipendente Gran Bretagna, figuriamoci cosa può succedere in Italia, molto meno autonoma.
In realtà, quindi, la trappola per il Movimento potrebbe essere la sua stessa vittoria. Per evitare questa trappola il Movimento dovrebbe accreditarsi all’estero od ottenere una fiducia di principio all’estero tra gli alleati a un suo governo del Paese. Per ora, però, tali primi passi sono stati pieni di gaffes, né è chiaro se il M5s, alla rincorsa di un successo elettorale, ha il tempo per rincorrere una sua diplomazia di questo genere.
In tutto ciò, Renzi brilla per assenza. L’unico intervento pesante del Pd è stato di Arturo Parisi, e forse Renzi per sopravvivere al governo dovrebbe cedere ad Arturo Parisi le redini del partito.