Enzo Castellaneta ci racconta, attraverso l’esperienza con suo figlio, come tutto si giochi nella apertura della propria libertà.
Sono stato agli Esercizi Spirituali per adulti e giovani lavoratori di Comunione e Liberazione, predicati da don Eugenio Nembrini, cui si è aggiunto, per l’assemblea di domenica, Giorgio Vittadini, detto confidenzialmente il “Vitta”. Con me, oltre a mia moglie, seguace anche lei da tanto tempo del carisma di don Giussani, mio figlio, l’unico mio figlio carnale, che amo più della mia vita: può sembrare una dichiarazione sdolcinata e sentimentaloide, ma, detto “papale papale”, non mi tange neanche un po’ un eventuale simile giudizio.
In questi anni di Movimento, sempre più convinto della bontà dell’esperienza che mi veniva e mi viene proposta, fatto sempre più lieto da una Presenza che imparo a riconoscere, ogni giorno meglio, nell’umanità affascinante degli amici che mi affiancano, ho pregato, ho pregato tanto perchè anche mio figlio fosse preso, conquistato, prescelto dal Mistero che fa tutte le cose. Che potesse anch’egli gustare la compagnia del Dio vivente, di Cristo presente qui ed ora, che potesse finalmente iniziare a conoscere e a sperimentare la risposta alle attese del suo cuore, al grido che si eleva da quel suo cuore inquieto, come dal cuore di ogni uomo che sia, anche confusamente, consapevole di essere bisogno, desiderio di infinito.
D’altra parte cosa può desiderare un padre per suo figlio che non sia il meglio del meglio? In passato ho fatto spesso dei discorsi, ho raccontato la mia esperienza e mio figlio, da ragazzo ben educato qual è, mi ascoltava, ma senza mostrare particolare interesse e sforzandosi di celare una sottile insofferenza. Ho continuato a pregare, aiutato anche dagli amici. Un giorno la sorpresa! Magnifica sorpresa! Il Signore ha risposto imprevedibilmente e sorprendentemente alla ricerca drammatica di Andrea – perchè il figliolo era in cerca e di questo mi ha confidato qualcosa dopo – attraverso il volto di un amico, conosciuto in modo apparentemente banale. E la libertà di Andrea finalmente ha detto i suo sì timoroso, ma convinto!
Che grande, immensa grazia! Che miracolo stupefacente! Evidentemente il Signore “lavorava” e predisponeva le circostanze in modo che accadesse l'”incontro”, e questo al di là di ogni mio sforzo, di ogni mio misero tentativo. È confermato che un padre può solo pregare, mendicare la grazia. Perché è l’eterno Padre che opera, è Cristo che offre il Suo abbraccio, è il Santo Spirito che inquieta e sospinge, fermandosi, però, sulla soglia della libertà del prescelto. E questi può dire sì, sperimentando in quell’abbraccio la corrispondenza al proprio desiderio, oppure no, condannandosi ad un errare senza senso, di tristezza in tristezza, fino all’angoscia più profonda.
Andrea ha detto il suo sì e lo rinnova quotidianamente in atteggiamenti e comportamenti che mi stupiscono e mi commuovono fino a sentirmi il cuore scoppiare di gioia e di gratitudine. Ritrovo un figliolo semplice, pur profondo nei giudizi, commosso e grato per quanto il Signore gli sta riservando, disponibile a lasciarsi fare dalle circostanze che Dio gli dà da vivere. Ha vissuto gli Esercizi con grande partecipazione ed immedesimazione ed io ho avuto il privilegio di assistere al grande spettacolo della sua umanità in cambiamento, oltre allo spettacolo di umanità dei protagonisti: da don Eugenio a Vitta, da Rita a Marco, a Franco, testimoni eccezionali dell’opera di Dio, dai collaboratori al coro, dagli amici dell’accoglienza a quelli del servizio d’ordine.
Don Eugenio è come se avesse descritto l’esperienza di Andrea, la mia, dei tanti che eravamo lì: un incontro con qualcuno che porta in sé una presenza eccezionale, che tu percepisci appena, ma che trovi attraente al punto da non poterti staccare, al punto da cercarla ancora e ancora; poi l’invito a sperimentare, a lasciarsi guidare, ad abbandonarsi liberamente alle circostanze. E una circostanza splendida è stata quella degli Esercizi, durante i quali siamo stati richiamati a vivere la realtà con la ragione spalancata, pronta a cogliere quei segni che, in un percorso di conoscenza sempre più approfondita e giudicata, ci portino a riconoscere la presenza di un Mistero buono, testimoniata, tra l’altro, da chi sa già la strada. Bisogna vedere quei segni – “Quanto è bello il mondo…” – per passare, quindi, al credere – “…e quanto è grande Dio!”.
Pur avendo tentato di descrivere quanto mi ha profondamente colpito, sento urgente il bisogno di stare in un silenzio ammirato e grato dinanzi all’opera di Dio e quindi alla Sua presenza qui ed ora: che misericordia! E che speranza alberga nel cuore: indescrivibile e incontenibile, come è Cristo!
Enzo Castellaneta, insegnante di elettronica in pensione.