Per fare gli investimenti necessari alle nuove produzioni, quelle annunciate lo scorso autunno, la Fiat ha chiesto due anni di cassa integrazione straordinaria a Melfi; l’investimento di Fiat nello stabilimento, che bloccherà una delle due linee di produzione per 24 mesi, sarà pari alla rotondissima cifra di un miliardo di euro.
Lo stabilimento di Melfi è quello visitato, qualche giorno prima di Natale, da Marchionne e Monti, accolti come riportano le cronache dell’epoca dagli “applausi degli operai”. Marchionne dichiarava che il piano di Fiat era “coraggioso, non per deboli di cuore”, aggiungendo frasi di questo tenore: “Se siamo qui è perché abbiamo scelto la strada del coraggio”; “la nostra non è una strategia azzardata”; “nel giro di 3 o 4 anni” arriveremo “al pieno impegno dei nostri lavoratori”. Monti invece volava più basso: “A Melfi nel ’93 è nata la Punto, oggi nasce ‘punto e a capo’, cioè una svolta, una ripartenza nei rapporti tra la Fiat e l’Italia”. Il piccolo dettaglio della cassa integrazione per due anni, appreso ieri, probabilmente avrebbe ridotto il numero degli applausi.
La novità arriva a 24 ore di distanza dal discorso di Marchionne al salone dell’auto di Detroit in cui l’ad di Fiat affermava che il Lingotto ha cassa sufficiente per comprare il 41,5% rimanente di Chrysler, che in caso di quotazione di Chrysler Fiat è pronta a comprare azioni sul mercato, che Fiat e Chrysler si fonderanno anche nel caso di quotazione del gruppo americano e che, infine, Fiat è ancora interessata a un accordo teso a ridurre l’eccesso di capacità produttiva in Europa.
Tra le altre cose, inoltre, venivano confermati i lanci dei nuovi prodotti Chrysler, mentre i nuovi prodotti Alfa Romeo venivano programmati solo dopo l’eventuale successo di quelli Maserati. Il mercato, recepito il messaggio, premiava il titolo con un bel +6% su un mercato in calo dello 0,6%. Così come in autunno i mercati avevano reagito terrorizzati alla possibilità che Fiat spostasse l’attenzione dagli Stati Uniti all’Europa con incertissimi e rischiossimi investimenti, lunedì constavavano che la priorità numero uno del gruppo era sempre la conquista di Chrysler anche a costo, ipotesi decisamente poco economica, di comprare azioni sul mercato.
La durata prospettata per completare gli investimenti a Melfi, due anni, sembra come minimo esagerata e sicuramente molto superiore a quanto chiunque si sarebbe atteso, mentre la cassa integrazione straordinaria è pur sempre finanziata da contributi di una vasta platea di lavoratori e imprese.
A questo punto non si può che constatare la coerenza con cui Marchionne sta perseguendo la propria strategia su Fiat per trasformarla da operatore multi-regionale a player globale con una scala minima efficiente per competere. Rimane al momento un solo “buco” nella presenza globale di Fiat, ma è ragionevole assumere che, conclusa la pratica Chrysler, l’attenzione si sposterà sui mercati asiatici. In Europa, invece, la strategia rimane prudente e adeguata a un mercato impervio sia per la situazione economica del continente che per l’agguerrita presenza di concorrenti che, se serve, ricevono anche qualche aiutone dalla nazione di “riferimento”.
La produzione di alcuni modelli di fascia alta in Italia, in particolare Maserati a Grugliasco, difficilmente avrà un impatto occupazionale forte nell’immediato, anche perchè si vuole attendere il responso del mercato per capire se la strategia di spostamento sul segmento “premium” funziona e ha successo e può essere poi successivamente replicata sul marchio Alfa Romeo. La strategia è sicuramente legittima e adeguata agli scenari macroeconomici incerti che si prospettano per ancora un considerevole periodo di tempo; di certo, però, è impossibile non notare la differenza tra le linee guida di Fiat e quello che spesso passa all’esterno.
In questo “esterno” non ci sono solo gli operai che applaudono, ma investitori (sicuramente questo autunno), quotidiani e, probabilmente, membri del Governo. È in questa differenza tra reali linee strategiche e priorità di Fiat e l’immagine di un gruppo che decide di investire senza freni in Italia che si generano gli equivoci. Che gli equivoci siano voluti o meno, ricercati o involontari o che si generino per pressapochismo di chi commenta o per quieto vivere di chi eventualmente deve intervenire poco importa; quello che importa è che la mancanza di chiarezza sulle strategie industriali della principale società industriale italiana in questa fase economica è particolrmente negativa, oltre che nefasta per gli eventuali interventi che sarebbero necessari per affrontare le conseguenze delle decisioni industriali di Fiat.