Questa mattina, prima ancora dell’apertura del mercato, è arrivata la notizia finanziaria della giornata; secondo le agenzie di stampa, l’amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, è stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta della procura di Busto Arsizio per l’ipotesi di reato di corruzione internazionale per la commessa di 12 elicotteri Aw 101 all’India quando era ai vertici di AgustaWestland (Reuters). Da oggi quindi una delle principali società industriali italiane, con un portafoglio di partecipazioni industriali che includono società che entrano di diritto nell’eccellenza tecnologica globale, e che ha lo Stato italiano come azionista di maggioranza, è senza guida, in una fase delicata in cui sta provando a ridurre l’indebitamento vendendo partecipazioni.
L’India, per la cronaca, è uno dei principali mercati per la difesa nel mondo e commesse per miliardi di dollari sono state prese dopo una difficile competizione tra società statali e non di diversi paesi industrializzati, tra cui per esempio la Francia, che negli scorsi mesi è riuscita a prendere una commessa superiore ai 10 miliardi di dollari per la fornitura di 126 aerei da combattimento; il fatto singolare, almeno così è apparso a moltissimi investitori, è che il Rafale francese venisse da molti considerato inferiore al concorrente Eurofighter.
È molto difficile districarsi in una vicenda davvero complessa; così complessa che stamattina interveniva anche il ministero degli Esteri indiano per dichiarare che l’Italia non ha condiviso le informazioni sull’inchiesta per la vendita di elicotteri all’India (Reuters). Immaginiamo che da oggi in poi prendere commesse in India per le aziende di difesa italiane sarà, per usare un eufemismo, molto più complesso di quanto lo fosse qualche settimana fa.
Tra le moltissime cose che si possono scrivere e dire sulla vicenda ne scegliamo solo tre. La prima è che alcuni settori sono endemicamente e strutturalmente più “opachi”, complessi e difficili da navigare di altri. Per esempio, vendere camicie, vestiti o maglioni firmati in un negozio nella Fifth Avenue di New York, a Oxford Street a Londra o negli Champs-Élysées a Parigi è diverso da vendere armi, aerei o grandi e complessi progetti infrastrutturali in un Paese in via di sviluppo. È più diffilce e complesso per tutti, italiani e non. Eppure le grandi aziende europee e nordamericane fanno a gara per prendere ordini miliardari da paesi che possono permetterselo e che servono come l’aria in una fase delicata come questa, tanto più se permettono di impiegare migliaia di persone e di rimanere al vertice tecnologico.
Il secondo spunto riguarda una frase che spesso risuona in Italia: “Certe cose succedono solo qui”; per qui si intende proprio qui in Italia. In sostanza, molte cose in altri paesi, si suppone più sviluppati del nostro, non succederebbero: in politica, nell’amministrazione pubblica, al semaforo, ecc. La frase è una delle più abusate di sempre e sinceramente non ci è mai piaciuta. In questo caso, però, rispolveriamo la storica domanda retorica: “Sarebbe successo in Francia, Inghilterra o negli Stati Uniti?”. Crediamo di no, sicuramente non in questo modo. Eni, Saipem, Finmeccanica: facciamoci del male.
Il terzo è che oggi l’economia italiana ha un problema in più. Il problema è come riaccreditare Finmeccanica, una delle maggiori società italiane, sui mercati internazionali, con i clienti esteri, India, Cina, Nigeria, Brasile, ecc. e fare in modo che ottenga ancora le commesse necessarie per far lavorare le migliaia di dipendenti che, per fortuna, ancora impiega dentro i confini nazionali. Per essere più precisi, i paesi di cui sopra si chiederanno l’abusata domanda retorica di prima dandosi l’inevitabile risposta: perché sicuramente gli italiani sono gli unici disonesti al mondo. In conclusione un altro bel problema per il prossimo Governo.