Nelle ultime settimane e mesi i commenti dei mercati e degli investitori, via stampa specializzata internazionale, sulle prossime elezioni italiane non sono mancati. Sappiamo ormai cosa si pensa al di là dei confini dei tre principali candidati al ruolo di presidente del Consiglio e se siano ritenuti più o meno in grado di risollevare l’economia italiana in un contesto che rimarrà difficile.
Sono valutazioni che, in un certo senso, riguardano il medio-lungo termine e che si concentrano sulle prospettive economiche italiane in un orizzonte temporale ampio. Oltre a queste valutazioni ci sono quelle più “tattiche” e di breve periodo che in una fase volatile come l’attuale non sono meno importanti. Chiunque per qualsiasi motivo decida oggi di valutare un investimento sul mercato italiano non può evitare un qualche tipo di analisi sul risultato elettorale, prima, e sul governo che ne scaturirà, poi.
La prima considerazione è che oggi l’elevata incertezza sull’esito delle consultazioni di fine febbraio impedisce sostanzialmente quasi qualsiasi tipo di acquisto sul mercato. La fase di incertezza, normale in qualsiasi periodo pre-elettorale, nel caso attuale è esasperata dalla particolare situazione politica italiana e da una legge elettorale che rendono particolarmente difficili le previsioni anche a chi lo fa di mestiere.
La prima domanda per gli investitori è se ci sarà una maggioranza chiara immediatamente dopo le elezioni. In caso negativo si aprirebbe una fase di incertezza che di certo non verrebbe accolta positivamente dai mercati, perché lascerebbe per diversi mesi il Paese con il primo debito dell’area euro senza una guida e senza interlocutore vero gli investitori e i rappresentanti politici esteri. Questa situazione rimanda in un certo senso anche le decisioni “già prese” o in avanzato stato di elaborazione perché investire oggi implicherebbe l’assunzione di un rischio inutile.
La seconda considerazione è relativa a che società, di che settore è sconsigliato o consigliato comperare a seconda della maggioranza che sosterrà il prossimo governo. Il tema, tra l’altro, è immancabile in qualsiasi campagna elettorale di qualsiasi Paese. Nel nostro caso, per esempio, è chiaro che la vittoria di una forza, come il Movimento 5 stelle, che propone “la statalizzazione della dorsale telefonica, con il suo riacquisto a prezzo di costo da Telecom Italia” sconsiglierebbe l’acquisto di azioni dell’ex monopolista italiano. Valutazioni di questo tenore si estendono a tanti altri settori. Monti probabilmente eserciterebbe un controllo molto più blando sulle società partecipate dallo Stato italiano, poi ci sono i ben noti impatti sul settore dei media in generale e delle televisioni in particolare, ecc. Lo scenario però appare così complicato che è probabile che la fase di incertezza si possa prolungare anche dopo i risultati elettorali.
Nello scenario attuale gli investitori, per non correre rischi imponderabili, evitano tutto quello che ha a che fare con l’Italia, in termini di vendite o impianti di produzione, o che è particolarmente soggetto agli interventi del governo (energia, Telecom, banche, ecc.); all’altro estremo ci sono le società esposte ai mercati internazionali poco “pesanti” in termini di esposizione all’Italia sia dal lato dei ricavi che da quello della produzione.
Ci sono poi almeno due società i cui dossier arriveranno da subito sul tavolo del nuovo governo: Eni/Saipem e Finmeccanica che sono state pesantemente coinvolte in indagini giudiziarie e che necessitano di linee guida da parte dell’azionista di maggioranza. Poi sarà il turno di Alitalia e Telecom Italia, mentre rimane forte la necessità di dialogare con Fiat e con il sistema finanziario riguardo anche il ruolo delle Fondazioni bancarie e delle banche popolari. Inutile poi specificare il tema dei rapporti con i partner europei sugli obiettivi economici dell’Unione europea e la strategia della Bce.
L’unica facile previsione è che l’attenzione della stampa e della Comunità internazionale su quello che succederà in Italia tra due settimane sarà ancora massima e che i mercati manifesteranno l’approvazione o la preoccupazione per l’esito elettorale a colpi di variazioni di spread e performance non per deboli di cuore dei mercati azionari.