SERIE A – Storicamente l’anno del Mondiale ha sempre regalato una sorpresa in campionato, diretta conseguenza di uno sgonfiamento fisico e mentale dei nazionali vari. Questa circostanza non dovrebbe sussistere per l’attuale serie A, visto che l’Italia di Marcello Lippi non ha fatto leva su un “blocco”, come avvenuto in passato e che i grandi protagonisti sudafricani non coincidono con i protagonisti del nostro calcio. E’ perciò maggiormente interessante assistere a un torneo che, dopo cinque giornate, non ha ancora saputo esprimere un protagonista assoluto. Anzi, la classifica è così accorciata e affollata – nella fascia che va dai 10 ai 7 punti – al punto di sperare in qualcosa di diverso da una soluzione scozzese (Rangers-Celtic oppure Celtic-Rangers), cui eravamo assuefatti nelle ultime stagioni.
I motivi? Si possono individuare due grandi filoni. Innanzitutto l’involuzione delle grandi, a cominciare dall’Inter. Si pensava che il trapasso da José Mourinho a Rafa Benitez potesse essere complicato: così è. Non tanto per la potenza della squadra – ieri più granitica in fase difensiva, oggi più arrembante in quella offensiva – quanto, piuttosto, per scricchiolii interni che soltanto l’enorme personalità (e ego) del portoghese sapevano nascondere. Una prova la si è avuta con il pubblico sfogo di Chivu sul campo dell’Olimpico, altre vengono sussurrate a riguardo di un ambiente non più così monolitico come in passato. In rapida successione vengono Milan e Juventus. Vero che hanno vinto nell’ultimo turno avvicinando – e di parecchio – la vetta della classifica: ma i rossoneri stentano ancora sul piano del gioco (inevitabilmente rivelandosi Ibra-dipendenti: delizia e condanna di chiunque abbia avuto lo svedese in passato) mentre i bianconeri continuano a evidenziare pericolose amnesie nel corso di uno stesso incontro per poter risultare già credibili nella lotta per il titolo.
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Il secondo filone è invece rappresentato dalla sfrontatezza con cui le cosiddette medio-piccole stanno affrontando la stagione. Non ci sono più timori reverenziali come quelli cui eravamo abituati anche se, al momento, si tratta ancora di episodi e non di una continuità che possa far parlare di un cambio di gerarchie all’interno del nostro calcio. Prendete Palermo e Catania, per esempio: il primo fa a fette la Juventus per poi rischiare il clamoroso tonfo interno contro il Lecce; il secondo va a bloccare il Milan a San Siro per poi subire identico destino contro il Bologna. Ci sarebbe la Lazio, è vero, da ieri pomeriggio inedita capolista. Claudio Lotito è sicuro che la sua squadra potrà lottare per il titolo, un’idea di grandezza che cullava la passata stagione dopo aver vinto la Supercoppa, e tutti ricordiamo bene come andò a finire. Questa squadra appare comunque più solida mentalmente e ottimamente piazzata a livello tattico, con Hernandes che si sta rivelando come uno degli elementi più interessanti giunti all’ultimo mercato. Domenica ci saranno Lazio-Brescia e Inter-Juventus: perché non cominciare a divertirsi?