Mentre in Italia si dibatteva di trivelle e di Tempa Rossa e dei rapporti con un altro nostro partner strategico ed energetico come l’Egitto, la Borsa archiviava una giornata da dimenticare con un calo netto del 3%. La performance negativa è arrivata dopo un altro crollo dei titoli bancari (Intesa a -4,3% è stata una delle “migliori”) e nuovi cali del petrolio che hanno penalizzato tutto il comparto. La performance negativa italiana è avvenuta, in realtà, in una giornata pessima anche per il resto delle borse europee che non sono andate molto meglio facendo segnare cali superiori al 2%. L’elenco degli elementi di criticità che il mercato è costretto a prendere in considerazione in queste settimane è abbastanza lungo.
L’economia americana che mostra luci e ombre e che sta andando peggio di quanto si sperasse un paio di trimestri fa è il meglio che si possa avere in questa fase e riluce più per demeriti altrui che per meriti propri. Il mercato americano è sostanzialmente invariato dall’inizio dell’anno mentre in tutte le altre maggiori aree economiche (Europa, Giappone e Cina) le borse hanno fatto male o malissimo. L’economia cinese continua a preoccupare, se non altro perché si fatica a quantificare e a specificare i danni prodotti dal rallentamento globale e quanto grave sia la bolla finanziaria. L’Europa è ancora alle prese con la crisi greca, non ha risolto nessuno dei suoi problemi e non sembra essersi comportata particolarmente bene nemmeno di fronte alle migliaia di profughi. Se si osservano da vicino le vicende europee si comprende come su molti fronti, quello energetico tra Libia ed Egitto, si sia invece allo scontro. Tutto questo è aggravato da una crisi delle materie prime, a partire dal petrolio, che ha devastato le economie dei Paesi in via di sviluppo.
La rete di sicurezza delle banche centrali è sicuramente un punto fermo contro la degenerazione della volatilità, ma non si può ignorare che ci siano diversi nodi non risolti e che, soprattutto, non si vedano all’orizzonte soluzioni. In questo scenario si colloca anche l’Italia. La peggior borsa europea dall’inizio di gennaio è quella di Milano e non sembra affatto un caso. Quando tutto va bene, le banche centrali “pompano” liquidità e i mercati salgono ci si può dimenticare della realtà oggettiva presente per prendere in considerazione le migliori possibilità, sulla carta, di recupero. Quando le cose vanno “così così”, allora è impossibile ignorare che il debito italiano non scende mai, che il Pil non supera mai nemmeno l’1% e che la disoccupazione è ferma alla doppia cifra.
Si potrebbe essere un po’ più ottimisti se non si fosse obbligati ad ammettere che l’Italia, unico Paese in Europa, non è riuscita dal 2008 a oggi incluso a ripulire il sistema bancario dalle scorie lasciate da due crisi, quella del 2008 e quella del 2011, e che oggi non ha ricette economiche che non passino per qualche “80 euro”, stretta tra un’Europa che non lascia margini e un apparato pubblico inefficiente che tiene tutti sotto scacco perché è l’unico rimasto con un potere contrattuale che la crisi ha tolto invece al privato. Aggiungiamo la campagna acquisti che ci sta lentamente privando di tutti gli asset strategici e che l’Italia, dopo aver perso la Libia, oggi rischia di perdere anche l’Egitto e il Mediterraneo per la propria indipendenza energetica.
Se l’Italia riesce a sorpassare questa delicatissima fase politica e geopolitica più o meno indenne e se mette a posto il sistema bancario, possibilmente senza regalarlo ai private equity (sarebbe l’unico caso in Europa), si può anche ipotizzare che la situazione borsistico-finanziaria si possa normalizzare; d’altronde le banche centrali non hanno smesso di fare quello che facevano sei mesi fa.
I se però in questo momento sembrano ipotesi molto forti per un sistema che si rivela debolissimo e che è facilissimo da destabilizzare. Basta un’indagine con un ottimo tempismo, una crisi internazionale misteriosa come neanche certe puntate di “Chi l’ha visto?”, un paio di giornate sull’ottovolante delle banche italiane e l’Italia passa dal primo all’ultimo posto nella classifica delle borse europee a corto di soluzioni e di prospettiva. Oltre al danno ci tocca anche la beffa di chi esulta per lo sfascio.