Misericordia senza schemi e scrivanie

Tra i nuovi 14 cardinali creati da papa Francesco al Concistoro di ieri c'è n'è uno che è profondamente emblematico per capire questo pontificato: Konrad Krajewski. GIUSEPPE FRANGI

Tra i nuovi 14 cardinali creati da papa Francesco al Concistoro di ieri c’è un personaggio che è profondamente emblematico per capire questo pontificato: è Konrad Krajewski, per tutti sino ad oggi semplicemente don Corrado. Krajewski non è titolare di diocesi, non ha incarichi in curia, non ha una carriera ecclesiastica alle spalle. Lui dall’agosto del 2013 è semplicemente l’elemosiniere del Papa, una delle prime nomine di Bergoglio dopo l’elezione, che gli aveva dato l’incarico esplicito di essere il suo braccio operativo in mezzo ai poveri. Era una funzione che da arcivescovo Bergoglio svolgeva in prima persona a Buenos Aires, ma che nel nuovo ruolo a Roma gli sarebbe stato difficile. 

Polacco 55 anni, Krajewski in questi anni è stato fedele al suo compito, con estrema determinazione e semplicità. “La scrivania non fa per te, puoi venderla; non aspettare la gente che bussa, devi cercare i poveri”, gli aveva raccomandato Francesco al momento della nomina. E lui in effetti l’ufficio lo ha usato per dormire, quando lo scorso anno ha lasciato il suo appartamento ad una famiglia di siriani arrivati in Italia con il corridoio umanitario di Sant’Egidio. Fuori dalla Elemosineria ha messo una scultura di un Gesù homeless sdraiato su una panchina (opera di uno scultore canadese, Timothy P. Schmalz, ed è stata donata da un mecenate canadese). È rappresentato avvolto in una coperta leggera, con solo i piedi che emergono, e che sono segnati dai chiodi della crocifissione: chi aspetta per chiedere aiuto, si siede a fianco e con una mano è portato a sfiorare quei piedi di Gesù, come a chiedere protezione. È uomo molto pragmatico, che ha saputo affrontare in modo efficace alcune situazioni d’emergenza, come quella degli homeless che stazionano nella zona di San Pietro. Non ha fatto discorsi sui poveri, ha lavorato per loro e con loro.

“Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana”, aveva detto Francesco in occasione della prima giornata della Povertà nel 2017. Il Papa raccomandava che queste esperienze fossero una premessa “ad un vero incontro con i poveri e dare luogo ad una condivisione che diventi stile di vita… La loro mano tesa verso di noi è anche un invito ad uscire dalle nostre certezze e comodità, e a riconoscere il valore che la povertà in sé stessa costituisce”. Monsignor Krajewski rappresenta la messa in opera quotidiana di queste parole: per questo la sua persona e la fedeltà con cui ha svolto il suo compito rappresentano un segno emblematico del pontificato di Francesco. I poveri sono infatti messi al centro con i loro bisogni, ma soprattutto perché richiamano tutti ad un “altro atteggiamento del cuore”. In particolare quello che più colpisce è questa familiarità che si è creata tra un pezzo della Chiesa come istituzione e i poveri come persone, nella loro concretezza. Non c’è più separatezza, c’è accoglienza senza schemi e senza zone franche. I poveri nella chiesa di Bergoglio sono davvero di casa, e Krajewski ha dimostrato che questa non era solo un’intenzione ma un fatto quotidianamente realizzato.

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