La settimana scorsa la commissione Lavoro della Camera ha approvato con modifiche il testo del dl n.34 e ha conferito il mandato al relatore. La discussione generale sul provvedimento si è svolta, in Aula, venerdì, onde consentire, fin dalla seduta di oggi, di iniziare l’iter per la votazione del testo che poi andrà trasmesso al Senato. Nel voto per il mandato al relatore, la maggioranza si è divisa, in quanto i rappresentanti di Ncd non vi hanno preso parte mentre quelli di Scelta civica si sono astenuti. Nelle successive reazioni dei gruppi il Ncd ha dichiarato che a questo punto toccherà al Senato ripristinare il testo iniziale e che quindi il provvedimento dovrà essere sottoposto a una nuova, la terza, lettura a Montecitorio: il che creerebbe problemi rispetto ai tempi di conversione e, soprattutto, sul piano politico, metterebbe a rischio il compromesso raggiunto tra il ministro Giuliano Poletti, a nome del governo, e la minoranza del Pd (che ha la maggioranza in Commissione e nel gruppo) e che è autorevolmente rappresentata dal presidente Cesare Damiano. Tanto che il ministro si è affrettato a dichiarare che le modifiche introdotte non alterano la sostanza del decreto. Merita una segnalazione il voto favorevole di Forza Italia (da parte della vicepresidente Renata Polverini). Ma dei possibili scenari, parleremo in conclusione, dopo aver descritto i cambiamenti intervenuti avvalendoci, per essere il più possibile chiari e precisi, di una nota predisposta dal Servizio studi della Camera. Cominciamo parlando delle modifiche relative al contratto a tempo determinato.
Finalità dell’intervento – È stata introdotta una norma volta a chiarire le finalità dell’intervento normativo d’urgenza e il contesto in cui si inserisce, facendo presente che la semplificazione dei contratti a termine è volta a fronteggiare la perdurante crisi occupazionale e interviene nelle more dell’adozione di provvedimenti di riordino complessivo delle forme contrattuali (il richiamo si intende al disegno di legge delega presentato dal Governo al Senato il 3 aprile 2014 – AS 1428), fermo restando che il contratto di lavoro a tempo indeterminato continua a costituire la forma comune di rapporto di lavoro.
Commento: come si può notare, si tratta di un richiamo che ha unicamente un significato politico-programmatico e che intende sottrarre il provvedimento dalle critiche di quanti lamentavano una possibile centralità delle assunzioni a termine al posto della consueta priorità che viene data – alla stregua di una stanca giaculatoria – al contratto a tempo indeterminato (si veda anche come la legge n. 92/2012 si esprime in materia).
Tetto legale del 20% e relativa disciplina transitoria – Viene chiarito che il tetto legale del 20% va riferito ai soli lavoratori assunti a tempo indeterminato dallo stesso datore di lavoro (e non, genericamente, all’“organico complessivo”) e che il conteggio va riferito a quelli in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Viene precisato che il tetto legale del 20% riguarda solo i contratti a tempo determinato (e non anche i rapporti a termine relativi a lavoratori di cui il medesimo datore di lavoro si avvalga nell’ambito di un rapporto di somministrazione). Si stabilisce che il superamento del tetto legale del 20% viene sanzionato prevedendo che i contratti in eccesso si considerino a tempo indeterminato sin dalla loro costituzione. Viene introdotta una disciplina transitoria (articolo 2-bis)) al fine di precisare che: il tetto legale del 20% (con la relativa sanzione) non si applica ai rapporti di lavoro instaurati prima dell’entrata in vigore del decreto-legge; restano comunque fermi i diversi limiti quantitativi previsti dalla contrattazione collettiva; nei settori privi di una disciplina contrattuale, per i datori che alla data di entrata in vigore del decreto-legge occupino lavoratori a termine oltre il tetto legale del 20%, l’obbligo di adeguamento scatta dal 1° gennaio 2015; fin quando il datore di lavori non rientri al di sotto di tale limite non può comunque stipulare nuovi contratti a tempo determinato.
Commento: alcune di queste modifiche sono state tra i motivi delle divergenze insorte nella maggioranza. In particolare, aver assunto come base di riferimento per il calcolo del 20% i soli lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato in forza il 1° gennaio dell’anno di assunzione introduce non solo un criterio rigoroso, ma non chiarisce compiutamente come devono essere considerati gli apprendisti (il loro è sicuramente un rapporto a tempo indeterminato). L’altro aspetto che ha suscitato polemiche riguarda la sanzione per le assunzioni a termine eccedenti ovvero la trasformazione dei contratti a tempo indeterminato.
Proroghe del contratto – Viene portato (da otto) a cinque il numero massimo di proroghe ammesse, specificando che esso costituisce il limite massimo complessivo nei 36 mesi anche in presenza di rinnovi contrattuali (rinnovi che, si ricorda, la normativa vigente consente entro la durata complessiva massima di 36 mesi, a condizione che abbiano a oggetto le medesime mansioni del primo contratto a termine).
Commento: la modifica riguarda il numero delle proroghe che vengono ridotte da otto a cinque. Lo scopo è quello di allungare la durata dei singoli rapporti. È dubbio però che questo obiettivo possa essere conseguito lavorando solo sulle proroghe è non anche sui rinnovi.
Diritto di precedenza nelle successive assunzioni – Viene ampliato e rafforzato il diritto di precedenza delle donne in congedo di maternità per le assunzioni da parte del datore di lavoro, nei 12 mesi successivi, in relazione alle medesime mansioni oggetto del contratto a termine. A tale riguardo si prevede che: ai fini dell’integrazione del limite minimo di 6 mesi di durata del rapporto a termine (durata minima che la normativa vigente richiede per il riconoscimento del diritto di precedenza) devono computarsi anche i periodi di astensione obbligatoria per le lavoratrici in congedo di maternità; il diritto di precedenza valga non solo per le assunzioni con contratti a tempo indeterminato (come già previsto dalla normativa vigente), ma anche per le assunzioni a tempo determinato effettuate dal medesimo datore di lavoro; il datore di lavoro ha l’obbligo di informare il lavoratore del diritto di precedenza, mediante comunicazione scritta da consegnare al momento dell’assunzione.
Commento: anche se sono comprensibili i motivi che hanno dato luogo a queste modifiche, il risultato è pur sempre quello di un ulteriore irrigidimento. A parte la questione che riguarda le lavoratrici e che rientra in un ragionamento più ampio per quanto riguarda la tutela del lavoro femminile (le eccessive salvaguardie lo favoriscono o lo penalizzano?), l’aver ampliato il diritto di precedenza anche per le assunzioni a termine finisce, nei fatti, per conservare la materia sotto il controllo del giudice, che era quanto si voleva superare con il decreto.
Proroga contratti a termine del personale delle scuole comunali – È stata prevista la possibilità di rinnovare o prorogare di un anno (fino al 31 luglio 2015) i contratti a tempo determinato del personale educativo e scolastico negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia degli enti comunali.
Commento: si tratta di una norma specifica di cui va garantita la copertura.
Relazione alle Camere – Viene previsto l’obbligo per il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali di trasmettere alle Camere, entro un anno dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, una relazione sugli effetti della nuova disciplina sui contratti a termine.
Commento: una relazione sugli effetti di una nuova norma non si nega a nessuno. Forse sarebbe stato il caso di proseguire, esplicitamente, con l’impianto di monitoraggio previsto dalla legge Fornero.
Vediamo ora le modifiche apportate per quel che riguarda l’apprendistato, seguite da un commento complessivo alle stesse.
Piano formativo individuale – È stato reintrodotto l’obbligo di redigere in forma scritta il piano formativo individuale, sebbene in forma semplificata. Il piano formativo è inserito, in forma sintetica, all’interno del contratto di apprendistato, e può essere definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali.
Stabilizzazione apprendisti – Ferma restando la disciplina dei Contratti collettivi nazionali di lavoro, è stato reintrodotto l’obbligo per i datori di lavoro di stabilizzazione (ossia di assumere con contratto a tempo indeterminato) di una quota di apprendisti ai fini di ulteriori assunzioni in apprendistato. L’obbligo di stabilizzazione riguarda i soli datori di lavoro che occupano almeno 30 dipendenti e la quota minima di apprendisti da stabilizzare è del 20%.
Retribuzione dell’apprendista – È stato specificato che la retribuzione dell’apprendista (nell’apprendistato di primo livello), fissata al 35% per le ore di formazione, debba intendersi come limite minimo (quindi derogabile in melius dal datore di lavoro)
Formazione pubblica – L’obbligo per il datore di lavoro di integrare la formazione aziendale (on the job) con la formazione pubblica (obbligo escluso dal testo originario del decreto-legge, che configurava una mera facoltà in capo al datore di lavoro) è stato reintrodotto a condizione che la Regione provveda a comunicare al datore di lavoro le modalità per fruire dell’offerta formativa entro 45 giorni dall’instaurazione del rapporto di lavoro; pertanto, decorso tale termine il datore del lavoro non è più tenuto ad avvalersi della formazione pubblica.
Formazione in azienda studenti scuole superiori – Si prevede che nell’ambito del programma sperimentale per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie nel triennio 2014-2016 (previsto dall’articolo 8-bis, comma 2, del DL n.104/2013), la stipulazione di contratti di apprendistato possa avvenire anche in deroga al limite di 17 anni di età previsto dalla normativa vigente.
Disciplina transitoria – Si specifica che le nuove disposizioni si applicano esclusivamente ai contratti di apprendistato stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto-legge.
Commento: il contratto di apprendistato ha subito diverse modifiche rispetto al disegno di semplificazione inizialmente contenuto nel dl n.34. Di conseguenza è a questo proposito che si sono riscontrate le maggiori divergenze tra le forze politiche di maggioranza. A dire la verità, le modifiche contengono dei criteri di ragionevolezza e consentono una disciplina del settore ben più realistica di quella ereditata dalla riforma Fornero. Ma non è con quel provvedimento molto criticato che va fatto il confronto. L’apporto particolarmente innovativo previsto nel decreto è venuto in buona parte meno: è ripristinato un vincolo di assunzione dei precedenti apprendisti per poter assumerne di nuovi; viene reintrodotta la forma scritta (sia pure sintetica) per il piano formativo e reinserita la formazione esterna, con una modalità il cui esito dipenderà dalla capacità della Regione nello svolgere le funzioni formative.
Vediamo ora le modifiche apportate per quel che riguarda il Durc (Documento unico di regolarità contributiva)
Decreto ministeriale attuativo – È stato previsto che nell’emanazione del decreto ministeriale attuativo il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali debba sentire (oltre a Inps e Inail) anche la Commissione nazionale paritetica delle Casse edili e che all’aggiornamento del decreto medesimo si possa procedere in qualsiasi momento se ne ravvisi la necessità (non necessariamente, quindi, a cadenza annuale).
Relazione alle Camere – Viene previsto l’obbligo per il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali di trasmettere alle Camere, entro un anno dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, una relazione sugli effetti della nuova disciplina.
Commento: c’era proprio bisogno di un rapporto alle Camere?
Vediamo ora le modifiche apportate per quel che riguarda i contratti di solidarietà.
Deposito dei contratti – Si stabilisce che i contratti di solidarietà redatti ai sensi della normativa vigente vengano depositati presso l’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro del Cnel, anche al fine di favorire la diffusione di buone pratiche e il monitoraggio delle risorse impiegate.
Commento: ma il Cnel non deve essere abolito?
Riduzioni contributive – Viene fissata al 35% la riduzione della contribuzione previdenziale per i datori di lavoro che stipulano contratti di solidarietà con riduzione dell’orario di lavoro superiore al 20% (eliminando le precedenti differenziazioni su base territoriale e le maggiori riduzione previste in relazione a percentuali di riduzione dell’orario di lavoro superiori al 30%).
Possiamo quindi ora svolgere delle considerazioni finali. Stando alle dichiarazioni politiche, il testo che sarà approvato dalla Camera in questi giorni (si ricorrerà alla fiducia per spezzare l’ostruzionismo del M5S?), subirà quasi sicuramente delle modifiche al Senato, dove, la commissione Lavoro ha iniziato l’esame del provvedimento di delega (relatore lo stesso presidente Maurizio Sacconi). Si porrà l’esigenza di nuove mediazioni politiche, in un contesto in cui la maggioranza è più articolata di quella della Camera. Soprattutto se si vogliono rispettare i tempi della conversione e impedire la decadenza del decreto, la nuova lettura della Camera (dopo le eventuali modifiche apportate dal Senato) dovrà votare il testo pervenuto da Palazzo Madama. Insomma, non sarà una marcia trionfale per Matteo Renzi piè veloce.