Dietro l’aggressione al presidente del Consiglio si intravvede una serie di fattori che stanno influenzando non solo il mondo politico, ma tutta la nostra società, e che Gloria Capuano analizza nel suo intervento.
Gli argomenti che irridono la mia sostanziale impotenza (non so se più culturale o solo umana) sono tra tanti i seguenti.
Il dialogo. A me pare che siamo sopraffatti da monologhi (il mio compreso) o da omogenei cori, senza speranze di sorta di disponibilità o capacità di decodificarci a vicenda. Allora, come è possibile essere disponibili al dialogo se non esiste? Non esiste perché non trovo negli ambiti politici la capacità di un linguaggio che non percorra le usuali traiettorie delle altrettanto usuali contrapposizioni politiche, di un linguaggio cioè che non miri soprattutto a esasperare le emotività delle appartenenze con ogni mezzo o mezzuccio o menzogna. Di un linguaggio che ad altro non aspiri che a disarcionare con ogni espediente un governo allo scopo di soppiantarlo. E questo sorprendentemente lo trovo anche o forse soprattutto nei siti che puntano sul dialogo, siti nei quali serpeggia del resto scopertamente una violenza verbale e concettuale (se tale è definibile la sudditanza a putrefatte ma ancora contaminanti ideologie) veramente paurosa, perché non ammette vie di scampo e perché incita alla violenza di piazza.
Come possono tanti “intellettuali”che pur essendo ben consapevoli di fare da traino soprattutto ai più deboli o per carattere o per scarsa preparazione o per assenza dei tempi di riflessione (sul tipo di colui che ha lanciato il pesante souvenir del Duomo, che con le sue cuspidi avrebbe potuto accecare il bersaglio nemico, se non ucciderlo), continuano ad insistere con aria di sufficienza e d’irrisione o, nel caso di politici, con dileggio e/o invettive accusatorie, fino a criminalizzare con disprezzo il presidente del Consiglio e ad esporlo a pubblico ludibrio anche su scala internazionale? Questo sarebbe dialogo? Montare lo scontro frontale tra concittadini è proposta di dialogo?
Il linguaggio in politica. In netta contrapposizione alla pretesa sedicente innovazione, nella nostra politica si evidenzia qual è, un fossile granitico inamovibile scontro tra destra e sinistra. A me pare essere non essenziale, non… asettico, non conciliante, demagogico fino alla nausea, spesso cinico e menzognero, troppo spesso violento e più programmato ad aizzare la gente contro un capro espiatorio che a produrre argomenti ragionevoli.
Poniamo ad esempio la mai dimenticata celebrazione di Carlo Marx e dei suoi coltissimi sacrosanti intenti, celebrazione che guarda a una visione socioeconomica secondo un criterio di giustizia mondiale. Nessuno si sognerebbe di giudicare l’uomo Marx dal fatto comprovato che “messa incinta” una donna, la donna di servizio, ha disconosciuto la paternità e indotto il suo fedelissimo facoltoso estimatore editore collaboratore filosofo economista e amico Friedrich Engels ad assumersene il ruolo in sua vece. Infatti, nelle biografie di Marx non è dato particolare rilievo a questo…incidente di percorso. Presumibilmente diverso il trattamento nel caso di Berlusconi. L’obbiezione è facile: Carlo Marx non era un capo di governo. A parte che non vedo la differenza, ritengo anzi che, essendo egli un ideologo di grande spessore coinvolto in tutta la dialettica politica fino ai nostri giorni, a maggior ragione ci si sarebbe atteso da lui un comportamento eticamente ineccepibile.
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Il fanatismo. Per me è il vero cancro, fino ad oggi privo di terapia, da cui è affetta in larga misura larga parte dell’umanità, anche se con meccanismi diversi. Fanatismo che è, senza incertezze di sorta, l’antipolitica per eccellenza, l’effetto ultimo dell’assenza di dialogo e dell’inesistenza di un civile e umanitario linguaggio politico. Vorrei aggiungere che il fanatismo, ideologico o nazionalistico o religioso o altro, è l’espressione dell’impotenza umana a adoperare i suoi superiori attributi per il bene di tutti, anzi che per il male. Sempre che si voglia credere essere nella facoltà dell’Uomo un libero arbitrio di specie. Credenza alla quale non intendo rinunciare nonostante le infinite dimostrazioni storiche e quotidiane che attesterebbero il contrario.
Stranezze. Troppe sono le cose che mi stupiscono del mondo politico, ad esempio lo stato d’allarme per la tanto venerata Costituzione e lo scandalo per essere stata indicata come una aberrazione la politicizzazione dei magistrati.
La Costituzione. Prodotto encomiabile da rispettare e dal quale ci si dovrebbe sentire difesi tutti allo stesso modo e misura, la Costituzione non è il Vangelo, anzi è l’espressione sì massima della volontà democratica di coloro che l’hanno stilata, ma risente e non poteva essere altrimenti delle urgenze attuali all’epoca. Limitandomi alla mia personale esperienza (chi è competente in materia saprebbe addurre molte altre testimonianze), ricordo che l’ex Presidente della Repubblica Cossiga già ai suoi tempi ravvisava l’opportunità di apportare delle modifiche alla Costituzione. Questo ricordo l’ho riesumato da una mia poesia del gruppo Impegno Civile, che parla degli argomenti usati da Cossiga alla vedova del generale Giorgeri ucciso dalle brigate rosse. In sostanza esortava la donna a non sentirsi vittima della comune criminalità, ma di una ineluttabile, perciò comprensibile, azione politica. Incredibile ma vero.
Non aggiungo altro, salvo segnalare la necessità di attualizzare periodicamente la Costituzione, senza che nessuno gridi allo scandalo, e far presente, non senza ansietà, che quando la presenza musulmana sarà maggioritaria nel nostro Paese (come in Europa) saremo costretti a modificare certamente la Costituzione, ma in senso indubbiamente marcatamente peggiorativo con alto costo per la civiltà della famiglia e soprattutto delle donne, già in tutto il mondo fortemente penalizzate.
Politicizzazione dei magistrati. La colpa, ma secondo me il merito, di Berlusconi a questo riguardo è di aver detto quello che la gente non ha l’ardire di dire, e cioè che i giudici non dovrebbero essere politicizzati. Non intendo svolgere questo tema complesso, ma solo rimarcare che esso è dibattuto da tanti, tanti decenni proprio nell’ambito giudiziario. Io stessa che facevo parte dell’Associazione Giuristi italiani, caso del tutto anomalo non essendo né avvocato e neppure giudice ma medico, ho partecipato con grande interesse a una serie di incontri assai animati tra giudici e avvocati che difendevano il diritto dei magistrati a impegnarsi politicamente e altri che ne motivavano l’inopportunità.
Tutti i cittadini hanno un timore reverenziale dei magistrati, perché prima o poi il loro destino potrebbe dipendere proprio da questa specialissima categoria. Non a caso dichiarano in genere di averne assoluta fiducia, almeno durante l’annoso excursus procedurale. Personalmente ho conosciuto molti giudici assolutamente integerrimi, competenti, del tutto indenni da appartenenze di sorta e non ritengo quindi opportuno evidenziare quei giudici dei quali non potrei esprimermi in termini del tutto elogiativi, per non correre il rischio che si possano sommariamente confondere gli uni con gli altri.
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Un piccolo esempio dell’opinione popolare me lo concedo, con parole fedeli nella sostanza a quel che ho avuto occasione di ascoltare:”Così ora se ci troviamo in un Tribunale dobbiamo informarci se il nostro giudice è di destra o di sinistra, tanto per sapere in anticipo quale sarà la nostra sorte”. Il Presidente Berlusconi, ripeto, non ha fatto altro che dare voce al popolo, trovandosi egli stesso in una congiuntura identica a quella dal popolo paventata, e spiegato infinite volte di non stigmatizzare affatto la categoria dei magistrati, ma solo quelli che antepongono la loro appartenenza politica al dovuto severo equanime ufficio.
Per quanto riguarda l‘altro “scandalo” dell’”accusa di parzialità” che Berlusconi avrebbe mosso ai Presidenti della Repubblica di sinistra, ritengo sia bene tenere conto di una analoga considerazione. Non credo che Berlusconi intendesse addebitare ai Presidenti una deliberata volontà di esprimersi a favore della parte a loro affine, ma piuttosto esprimere la sua perplessità che sia umanamente possibile che intime profonde radici ideologiche possano non turbare in assoluto la formazione di un giudizio, nonostante la massima determinazione all’imparzialità. A me pare una riflessione ragionevole che non si può sottovalutare a cuor leggero.
Chiudo evidenziando l’assenza d’obbiettività di tutti coloro che addebitano al Presidente del Consiglio di aver gettato discredito sul Paese parlando in una sede internazionale in occasione del summit del Partito Popolare europeo del quale egli fa parte. Al di là del fatto se Berlusconi abbia fatto bene o male a relazionare su certe anomalie italiane, a me sembra un’assurdità che un tale addebito venga mosso proprio da coloro che sistematicamente gettano fango sulla figura del capo del Governo, riuscendo così a contaminare l’opinione pubblica anche internazionale, a partire dal fatidico avviso di garanzia fattogli pervenire a Napoli in pieno G8 . Mi è piaciuto Violante che, in uno dei tanti talk show, ha sintetizzato felicemente che lo scontro in atto è tra democrazia e legalità. Se poi vogliamo ammettere che l’eloquio del nostro Premier spesso parta per la tangente, servirebbe qui una troppo complessa analisi. Mi limito a dire che sfido chiunque a governare il nostro Paese, in una congiuntura di massima difficoltà, dovendo difendersi dal malanimo distruttivo di una certa opposizione e da un martellante assillo giudiziario.
Termino quindi con una idea…fantasiosa: come popolo presenterei un esposto contro ignoti nei confronti di chi con opere e/o parole ostacola o impedisce di fatto al Presidente di assolvere serenamente al dovere di governare derivatogli dal responso elettorale, ciò che non può non danneggiarmi se riduce, come credo, le giuste risposte alle mie fiduciose aspettative.
Gloria Capuano, giornalista di Pace