“L’Esm ha risorse limitate, se fosse l’unico meccanismo per affrontare una crisi finanziaria sarebbe insufficiente, per questo è stato previsto anche l’intervento della Bce. Così, l’eventuale acquisto di titoli di stato a breve termine, fino a 3 anni, da parte dell’Eurotower, serve per evitare la differenziazione sui tassi a breve pagati dalle imprese. La Bce si prende questa responsabilità ma lo fa in maniera condizionale per evitare che l’altra componente dello spread, quella sovrana in capo alla decisioni politiche, torni a crescere“. Da ieri mattina mi sento meno paranoico, anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, intervenendo a un convegno organizzato dall’Università Roma Tre, ha guardato realisticamente i numeri e ha gettato un po’ d’acqua sul fuoco di entusiasmo innescato dalla sentenza della Corte costituzionale tedesca di martedì scorso.
D’altronde, cifre alla mano e vincolo dei 190 miliardi imposto proprio da Karlsruhe non lasciano troppo spazio a interpretazioni: in dotazione massima, e dal 1° gennaio prossimo, ci sono 500 miliardi di disponibilità, 100 dei quali già stanziati per il rifinanziamento del sistema bancario spagnolo. Resta il fronte Bce, come giustamente ricordato da Visco, il quale però porta con sé l’obbligo per il Paese richiedente dell’accettazione di un memorandum che tradotto in parole povere è nulla più e nulla meno che un commissariamento. Ovvero, non c’è automaticità e indipendenza come nel caso del programma Smp; l’Eurotower compra sì, ma solo su richiesta e con condizioni precise.
E che sul fronte obbligazionario qualcosa cominci a mandare segnali contrastanti, lo dimostra l’asta di ieri mattina di Btp a tre anni, che ha visto il Tesoro collocare l’intero ammontare offerto, 4 miliardi, con il rendimento sceso sotto al 3%, al 2,75% rispetto al 4,65% dell’ultima asta di luglio. Direte voi, ottimo risultato, visto che l’economia insegna che il mercato primario dovrebbe dettare i prezzi del secondario e non viceversa. Peccato che a fronte di un quadro di rinnovato entusiasmo e con il potenziale backstop della Bce sulla scadenza a fornire un argine virtuale, una ratio domanda/offerta dell’1,49% desta qualche perplessità. E, infatti, dopo l’asta, spread in lieve risalita e Borsa in negativo guidata dal calo dei bancari, i titoli civetta dello stato di salute dei bonds, visto che i bilanci degli istituti ne sono pieni.
Non a caso, ieri mattina Goldman Sachs ha dedicato il suo report proprio ai rischi connessi alla situazione attuale, soprattutto per quanto riguarda la Spagna, dipingendo due scenari di rischio. Il primo di breve termine, legato al fatto che Madrid stia cercando di portare al limite la tolleranza dei mercati fino a giungere a una transizione di supporto, ovvero godere dello spauracchio Bce per rimandare al massimo e arrivare al programma di supporto Efsf-Esm, evitando di attivare prima il memoradum Bce. Il secondo di medio termine, in base al quale, secondo Goldman, pur essendo sotto tutela del programma Esm, Madrid potrebbe sfruttare la natura imperfetta del monitoraggio per utilizzare sui mercati l’arma di più della tutela Bce al fine di rallentare le riforme ed evitare contraccolpi politici e sociali.
Stando a Goldman, la Spagna potrebbe procedere a una richiesta di aiuto formale già all’Eurogruppo di questa settimana, atto formale che necessiterebbe poi di altri passi formali, ma non è escluso che Madrid voglia prendere tempo, chiedendo almeno altri venti giorni per attendere i risultati dei test bancari previsti per fine settembre. Insomma, si vive sulla vaghezza, sulla certezza che nessuno si azzarderà ad attaccare finché non ci sarà un minimo di chiarezza e allora si prende tempo. “La Spagna chiederà un aiuto molto limitato all’Unione europea per non compromettere la propria sovranità“, ha dichiarato ieri il guru della finanza mondiale, George Soros, secondo cui “Madrid cercherà un aiuto limitato per non finire sotto la sorveglianza costante della troika, altrimenti ci sarebbe un sacrificio di sovranità che sarebbe politicamente fatale“.
Una situazione simile, per quanto raccontata dai tg attraverso spread che calano e politici che si scambiano potenti strette di mano, porta con sè un duplice rischio. Primo, un progressivo abbandono del mercato obbligazionario sovrano, poiché visto come drogato – almeno per quanto riguarda Italia e Spagna – da un ente esterno in grado di coprire fino alla scadenza di 3 anni, anche se questo intervento mai dovesse accadere. Anche la fase di prezzatura degli spread potrebbe rivelarsi, in questo caso, compressa al ribasso artificialmente, un qualcosa non di per sé negativo dopo mesi e mesi di overshooting della speculazione, ma che se si tradurrà in alibi per l’inazione riformatrice dell’agenda politica dei governi, vedrebbe svelato il bluff alla prima, sostanziosa, asta autunnale. Secondo, per quanto la Germania abbia giocoforza ceduto alla linea di Draghi, si vedrebbe costretta a pagare un prezzo duplice all’operazione, ovvero aver dovuto accettare la decisione dell’Eurotower prima e pagare lo scotto di un spread artificialmente basso sul Bund ora.
Possono apparire ragionamenti cervellotici, lo ammetto, ma cerco sempre di mettermi dalla parte di chi, per conto suo e di suoi clienti, su queste cose investe e vi assicuro che le parole dei politici sono ciò che maggiormente mette volatilità. Il quadro ora sembra più tranquillo, è innagabile, ma alla fine sono solo state trovate delle soluzioni quadro e per ora sulla carta a dei problemi che non sono di così facile risoluzione e che sono, soprattutto, reali e contingenti. Ovvero, il disastro epocale che è lo stato di salute della banche spagnole non può essere tamponato dalla promessa di acquisti illimitati di bonds fino a 3 anni se la disoccupazione resta al 25% e i conti fuori controllo, quelli regionali in testa ma, nonostante questo, l’unica preoccupazione delle autorità iberiche l’altro giorno è stata quella – in sede di discussione sulla supervisione bancaria unica alla Bce – di poter mantenere la sovranità sulla sorveglianza sulle casse popolari, ovvero il nucleo da cui è nato il disastro attuale.
Come dire, non abbiamo segreti tranne uno piccolo piccolo, che vorremmo tenere per noi. Quelle casse sono veri e propri polmoni politici prima che finanziari, sono il motore invisibile delle insolvenze di Murcia, Catalunia, Valencia e di chi verrà a seguire. Ecco perché, al netto degi sforzi di Draghi, se non cambia la politica, la Bce potrà poco. In questo, occorre ammetterlo, ha ragione la Merkel a chiedere rigore nelle riforme.