Venerdì a mercato chiuso Fiat ha comunicato di aver comprato, nell’ambito dell’aumento di capitale di Rcs, un numero tale di diritti che le consentiranno di detenere una partecipazione pari al 20% della società editoriale a conclusione dell’aumento di capitale stesso. La notizia è di quelle impossibili da ignorare; d’altronde si tratta pur sempre della più desiderata delle società editoriali italiane che pubblica, tra gli altri, il Corriere della Sera. Al di là di quello che verrà detto e scritto, l’iniziativa di Fiat cambia faccia all’azionariato di Rcs dato che tra la platea degli azionisti “di peso” spiccherà la società di Torino con il suo 20% distaccando il secondo maggior azionista Mediobanca, al 14%, che a sua volta ha quasi il doppio della partecipazione dei “terzi classificati”.
Inutile dire che la “novità” offre molteplici interpretazioni possibili. In realtà, c’è uno spunto preliminare e cioè fino a che punto questo avvenimento finanziario sia stato più o meno una novità. Fiat ha sfruttato un’opportunità che non era completamente ignota tra gli investitori, nelle sale operative e nelle banche d’affari. L’opportunità era di quelle “storiche”, che capitano una volta in parecchi anni. L’azionariato di Rcs è blindato e il flottante scambiato in borsa è di poco superiore al 10% del capitale: in questo contesto passare da poco più del 10% al 20% come ha fatto Fiat è impossibile a meno che qualcuno degli azionisti decida di vendere. Nonostante le alterne fortune finanziarie, i soci disposti a cedere la propria partecipazione sono stati una rarità. L’aumento di capitale offriva un’occasione unica perché qualcuno ha deciso di arrendersi, quanto meno per parte della propria partecipazione, di fronte all’enormità delle perdite accumulate dalla società e alla sfida industriale e finanziaria che ha davanti Rcs.
A determinare l’occasione, assolutamente non inosservata nelle sale operative, è stata però l’ingente disponibilità di diritti legata alla partecipazione di Rotelli. Fiat quindi è intervenuta quando ha potuto sfruttando un’occasione più unica che rara per cambiare, a proprio favore, l’azionariato di Rcs.
Il secondo spunto è che Fiat ha inferto un duro colpo a Diego della Valle, la cui diversità di vedute sulla gestione del Corriere era da mesi più che evidente ed era stata ampiamente resa nota dallo stesso Della Valle sulle colonne dei giornali e nelle trasmissioni televisive. Da venerdì le sue azioni di “pesano” di meno non solo da un punto di vista meramente numerico. Con la mossa di settimana scorsa la gestione del Corriere fa una virata decisa verso l’orbita Fiat. Il gruppo Agnelli possiede, attraverso Exor, La Stampa, mentre Elkann è nel cda dell’Economist e di Newscorp di Rupert Murdoch. Sarà impossibile non speculare da qui in avanti partendo da questa rete di relazioni e partecipazioni chiedendosi se e in quale misura questo possa riguardare anche il Corriere della Sera. Saranno immediate le speculazioni sul gruppo La Stampa anche solo per le possibile ragioni industriali, di efficienza e risparmio costi; ma è altrettanto inevitabile che vengano tirate in mezzo società editoriali o “media” internazionali, non foss’altro perché la stessa Rcs è presente sul mercato spagnolo attraverso Recoletos.
L’ultimo spunto riguarda il conto che dovrà pagare la società auto globale Fiat per contribuire al salvataggio di una società editoriale italiana dai conti disastrati e dalle prospettive incerte. Con il raddoppio della partecipazione è raddoppiato anche il conto che pagherà Fiat per l’aumento di capitale: da 40 milioni di euro a 80; è una cifra che non passa inosservata in Italia nell’anno di grazia 2013. Sono 80 milioni di euro che gli azionisti di minoranza di Fiat, che pensavano di aver investito solo in una società auto, non vedranno.
Ci piacerebbe che nelle slide di presentazione ai risultati in inglese che Marchionne con cadenza trimestrale presenta ai mercati venisse inserita quella sulle sinergie che la società auto ottiene da Rcs. Fiat è ormai una multinazionale globale che si vuole “liberare” dal pessimo panorama macroeconomico italiano e che deciderà dove allocare la produzione in base al principio della massimizzazione dei profitti e dei rendimenti, in questo considerando anche le oggettive difficoltà che si riscontrano in Italia. Ai mercati è impossibile spiegare questa operazione perché sfugge ai criteri del mercato stesso.
Gli Agnelli/Elkann, come molti altri in Italia, hanno legittimi interessi a essere presenti in un quotidiano importante come il Corriere della Sera, ma detenere la partecipazione attraverso la società industriale è singolare anche all’interno dello stesso patto Rcs. Il fatto non è evidentemente esente da critiche, tanto più se Exor scoppia di liquidità dopo la cessione della quota in Sgs. L’approdo naturale della partecipazione in Rcs di Fiat è evidentissimamente Exor, che oltre tutto detiene già La Stampa. Se tra la situazione attuale e l’approdo finale c’è il fatto che Exor abbia bisogno di tutta la cassa per giocarsi la partita americana di Fiat su Chrysler, allora, agli occhi del mercato, siamo in presenza di un’aggravante piuttosto che di una scusante.
L’unica conclusione possibile è che la mossa degli Agnelli è determinante per i destini del Corriere e soprattutto che può essere un primo passo verso altre “rivoluzioni”.
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