Poco più di vent’anni fa Italcementi conquistava Ciments Francais. Era l’Italia del vituperato 1992 e anche Giampiero Pesenti subì da Antonio Di Pietro un breve arresto domiciliare per presunte mazzette su forniture Enel. Ma il figlio di Carlo, vecchio leone bergamasco dell’industria e della finanza negli anni del boom, dimostrò anche in quell’occasione che il secondo passaggio generazionale al vertice del gruppo Pesenti si era concluso con successo. Anche Mediobanca era ancora in gran forma come socio e banchiere di fiducia.
La scalata di Pirelli alla tedesca Continental si era rivelata un osso troppo duro: l’Azienda-Germania era allora come ora (vi si era fatto le ossa anche Cesare Pesenti, patriarca di Italcementi). Era invece andata a segno l’offensiva francese dei Pesenti, altri senior partner industriali nel salotto buono di via Filodrammatici. E non era che l’inizio: già due anni dopo Italmobiliare – la holding di Bergamo – venne inviata da Mediobanca a presidiare il nuovo nocciolo duro del Credito italiano appena privatizzato. E chi può dimenticare che Giampiero Pesenti è stato a lungo azionista importante e presidente del patto di sindacato Rcs? Un palmares che ha retto il confronto con quello del padre, i cui investimenti spaziarono dalla Ras a tre banche lombarde fino alla Lancia.
Nell’Italia del 2015 i Pesenti vendono Italcementi alla tedesca Heidelberg: e a certificarlo c’è una Mediobanca ridimensionata e periferica, nel cui consiglio intanto non siede più neppure il figlio di Giampiero, Carlo (fuori anche dal board UniCredit). E anche il Corriere della Sera è ormai lontanissimo da Bergamo: anche se qualcuno sta già favoleggiando che l’intento espresso da Carlo Pesenti di reinvestire “anche” in Italia possa puntare sulla “nuova Rcs” (ma è più facile che sull’obbiettivo arrivi Exor dopo il probabile aumento dell’investimento nell’Economist).
I “nuovi Pesenti” si accingono forse a mettersi in scia a qualche “progetto-Paese”, di cui il premier Matteo Renzi vuol essere regista? Magari la “nuova Telecom”, magari appoggiando la “nuova Cdp”, un po’ “nuova Iri” un po’ “nuova Mediobanca”?
Per ora resta il vuoto lasciato da un’Italia poi non così vecchia. Che non merita rimpianti o nostalgie “a prescindere”, anzi. Carlo Pesenti pochi mesi fa ha firmato la riforma di Confindustria, oggi è un ricco ex industriale, probabilmente intento a studiare investimenti finanziari esteri: come sta già facendo Jaki Elkann, forse ancora per poco presidente di una Fiat ormai americanizzata. La globalizzazione eccetera c’entra solo fino a un certo punto. Il resto meriterebbe qualche riflessione non di circostanza e quindi sempre a rischio di ogni sgradevolezza. Ad esempio: il posto di Carlo Pesenti in consiglio UniCredit è oggi occupato da Alessandro Caltagirone, figlio di Francesco Gaetano, il “re di Roma” nell’Italia del 2015. Un fatto, non certo un giudizio.