Non c’è stata nessuna decisione, né grande né piccola, nella cena di Arcore di ieri sera tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Il succo della serata è concentrato nell’«effetto annuncio». La notizia sta nel semplice fatto che i due si siano rivisti e abbiano parlato a lungo (circa tre ore), magari pensando di ripristinare la tradizione delle «cene del lunedì» tra il Cavaliere e Bossi (più Tremonti, Calderoli, Brancher: nomi di un altro secolo) le quali valevano più che un vertice di maggioranza.
Che Berlusconi e Salvini si siano incontrati di nuovo significa intanto che Forza Italia si allontana sempre più dal Nuovo Centrodestra. Si parla di ricomporre l’area moderata, ma in realtà si consolida uno spazio populista, centrato sui no all’immigrazione incontrollata e probabilmente anche all’euro.
Che questa sia la tendenza, si vede — per esempio — dal comportamento del neogovernatore ligure Giovanni Toti, sempre perfettamente allineato ai leghisti Maroni e Zaia a comporre un asse nordista Genova-Milano-Venezia. È la Lega a dettare l’agenda, forte di un consenso in ascesa che non lascia grandi margini al Cavaliere. Tant’è vero che, alla vigilia, si è parlato di una convergenza su un programma «no euro» che Salvini saluta con entusiasmo al contrario di Berlusconi.
Il leader azzurro ha ripetuto lo slogan del dopo-regionali: uniti si vince. Ma il segretario del Carroccio teme che il patto del Nazareno scorra come un fiume carsico nel sottosuolo della politica nonostante i dinieghi del Cav. I due sono d’accordo che si voterà nel 2018 perché Renzi non ha interesse ad anticipare elezioni con un Pd in calo di consensi. C’è dunque tempo per ricostruire l’asse Forza Italia-Lega Nord.
Invece è presto per parlare di formule, definire «contenitori», dettagliare programmi e soprattutto individuare una leadership. Su questi aspetti (formule, programmi, leader) è tutto da discutere; troppe cose potrebbero ancora cambiare, a partire dalle date per finire con il sistema di voto.
Ma il 2018 non è l’unico appuntamento cui guardano Salvini e Berlusconi. La prossima tappa, quella su cui si è concentrato il confronto ieri sera, sono le amministrative del 2016 con il rinnovo dei sindaci di Milano, Napoli, Torino, Bologna, forse Roma. Questo sarà il primo banco di prova del nuovo centrodestra senza Ncd. E sarà anche un terreno molto concreto su cui si misureranno il leader azzurro e quello leghista. A Salvini non dispiacerebbe correre per Palazzo Marino, a patto che il futuro candidato premier sia tinto di verde, magari quel Luca Zaia che ha consolidato un profilo acchiappa-voti, non troppo estremista, dialogante, quindi digeribile per i moderati di gran parte d’Italia. L’alternativa è lasciare Milano a un personaggio preso a prestito ancora dal modello veneto, cioè il nuovo sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, un imprenditore senza contrassegni di partito in grado di prendere voti ovunque, grillini compresi. La partita romana verrebbe dunque rinviata in attesa di misurare le reciproche forze nei comuni. Dove Salvini potrebbe consolidare l’attuale successo e continuare a dettare l’agenda al Cavaliere.