Bella e pimpante nel primo tempo, stanca e molle per gran parte della ripresa, troppo leziosa per tutta la partita. Si può sintetizzare così la prova dei bianconeri sul difficile campo di Udine al cospetto di una delle migliori compagini del nostro campionato. Comunque la Juventus chiude bene il 2011: era iniziato il 6 gennaio, Del Neri in panchina, con il grave infortunio a Quagliarella, Felipe Melo squalificato, una pesante batosta subìta a opera del Parma e il conseguente smottamento in classifica, ma oggi si ritrova in testa al campionato, seppure in coabitazione con il Milan. L’unico neo di questo scorcio finale dell’anno è che la squadra arriva al novantesimo un po’ sulle gambe (come del resto l’Udinese) e con alcuni giocatori (Pirlo e Marchisio su tutti) che hanno la necessità di ricaricare a dovere pile che sembrano scariche.
I friulani partono a mille all’ora e con un pressing altissimo per cercare di impressionare gli avversari, ma la Juve ci mette poco più di cinque minuti per prendere le misure e adottare le adeguate contromisure. Molto efficace, per esempio, la tattica del fuorigioco, che porta a neutralizzare sistematicamente Di Natale, l’attaccante avversario più pericoloso e velenoso, tanto che i suoi compagni non riescono mai a innescarne le accelerazioni. Nei primi 45 minuti è la squadra di Conte, soprattutto con Marchisio e con Pepe nel ruolo di incursori, a loro volta ben supportati da Vidal come guastatore, a creare le migliori occasioni da gol. Un paio nitide, un paio un po’ sporcate dalla difesa friulana (che, val la pena ricordarlo, è la meno battuta della Serie A). La manovra della Juve scorre meno fluida del solito e anche il ritmo, pur alto, non è forsennato, anche perché le due squadre sono schierate a specchio con lo stesso modulo (3-5-1-1, che nella Juve talvolta diventa un 3-5-2 soprattutto in fase di impostazione dell’Udinese) e la partita si trasforma in una sfida a scacchi. Comunque, il primo tempo finisce 0 a 0, ma ai punti la Juve è in vantaggio, per possesso palla, tiri in porta, maggiore propensione offensiva e occasioni create. Resta negli occhi, però, l’impressione che la Juve anziché affondare come una sciabola, tenda a “toccare” di fioretto verso la porta di Handanovic: troppi tocchi e un eccesso di leziosità nel fraseggio e nelle conclusioni.
Tutt’altra musica nel secondo tempo, più lento e noioso. Le squadre sono stanche, si allungano, faticano a recuperare e ad alzare i ritmi, anche se Armero, Isla, Basta e Asamoah cercano ripetutamente le accelerazioni. Ma la copertura sulle fasce predisposta da Conte funziona e l’Udinese non riesce a diventare pericolosa. La Juve, al contrario, lascia Matri troppo solo e questo isolamento rende l’attaccante via via più nervoso nel corso della partita: Pepe cerca di aiutarlo, ma non può sempre portare la croce e cantare (resta comunque lo juventino più insidioso), mentre Estigarribia è troppo impegnato a impegnarsi e a impegnare Basta sull’out di competenza per poter pensare anche a come duettare con Matri.
E proprio su questo punto Conte, cui va il merito di aver dato un’anima indomabile e un gioco nitido alla Juve, mostra qualche limite: rispetto ai suoi grandi maestri (Trapattoni e Lippi) non è tempestivo nei cambi. “Teme” forse di rompere ogni volta il giocattolo che accuratamente prepara durante la settimana di allenamenti e di lezioni tattiche? Così fosse, è un difetto che l’esperienza sicuramente aiuterà a correggere, anche perché le partite nascono sì come sfida tattica, ma poi nei 90 minuti succedono cose che possono e devono indurre a rivedere i piani. E un grande allenatore non solo deve avere dei “piani B”, ma deve essere bravo anche a inventarseli al momento (in questo Lippi era davvero un maestro: tante volte ha cambiato volto alla partita con vere e proprie intuizioni coraggiose). Entrando nel dettaglio, alla fine del primo tempo Matri poteva, anzi doveva essere sostituito. Aveva fatto un gran lavoro sfiancante su tutto il fronte offensivo, proprio per creare quegli spazi in cui Marchisio, Pepe e Vidal cercavano di infilarsi. Il secondo tempo doveva essere di Quagliarella, più imprevedibile nel tocco di palla, più abile a verticalizzare e tirare al volo: Quagliarella poteva dare quella profondità che nella ripresa è mancata alla Juve, infatti il gioco non aveva più un terminale offensivo al centro dell’attacco.
Bene invece Del Piero, criticato dopo la partita con il Novara, ma il Capitano dimostra sempre di essere inossidabile alle critiche e anziché rispondere in tv o su un blog lo fa sempre sul terreno di gioco: magistrale, dopo aver attirato su di sé un nugolo di difensori friulani, la sua apertura a Lichtsteiner, che poi ha sprecato tutto con un controllo improvvido e un tiraccio da difensore.
Il bilancio di questo primo scorcio di stagione è però più che positivo: la Juve ha un’ottima posizione in classifica (al di là di ogni più rosea previsione), si è dotata di un buon gioco, mostra notevole saldezza psicologica e mette in campo grande grinta. Ora con il mercato di gennaio a scendere in campo sarà la coppia Marotta-Paratici, cui spetta il compito di correggere gli errori della campagna acquisti estiva e di rafforzare l’organico nei punti in cui è più sguarnito o senza ricambi validi. Ma su questo torneremo la prossima volta.