Ci si immagina sempre che i paesi nordici siano l’eden in terra, in quanto a qualità della vita e ad applicazione del “welfare state”, poi si scopre che c’è sempre un prezzo da pagare, e i mali dell’uomo moderno non conoscono isole felici (rileggetevi L’uomo che voleva essere colpevole di Henrik Stangerup, Ed. Iperborea, a tale proposito). Così, la Svezia che esce dai romanzi di Stieg Larsson nella Trilogia di Millennium (che sono stati e continuano a essere un enorme successo editoriale: Uomini che odiano le donne, La ragazza che giocava con il fuoco, La regina dei castelli di carta, ) possono essere anche letti come una denuncia dello strapotere dello stato assistenzialista svedese, per il quale praticamente ogni cittadino deve essere tutorato, anche se regole e norme non impediscono il proliferare delle crudeltà a scapito dei più deboli.
Va riconosciuto agli svedesi che hanno deciso di trarre dai libri altrettanti film il coraggio di paragonarsi alla fama dello scrittore e sfidare lo sguardo critico degli innumerevoli fan in ogni parte del mondo. L’operazione è riuscita, anche se non completamente (ma questo probabilmente lo si sapeva fin dall’inizio) e la trama di Uomini che odiano le donne rispecchia fedelmente gli avvenimenti del libro: Mikael Blomkvist è un giornalista di successo di Millennium, mensile indipendente svedese. Inspiegabilmente, ha confezionato un dossier giornalistico attaccando un magnate dell’industria nazionale, basandosi su notizie poi rivelatesi false. Deve scontare una lieve condanna in prigione, e decide di sospendersi dalla redazione, per sollevare il giornale dalla responsabilità e prendersi un periodo di pausa. Userà il tempo per accettare l’incarico di un anziano rappresentante di una delle più potenti famiglie del paese, che lo vuole ufficialmente come biografo, in realtà per scoprire che fine abbia fatto la nipote, scomparsa ben 40 anni prima.
L’intervento di una hacker, Lisbeth Salander, a fianco di Blomkvist, renderà l’indagine più complessa e più rischiosa, anche per il passato che incombe sulla vita di Lisbeth. Agganci col nazismo, pedofilia, stupri, assassini, niente verrà risparmiato all’inchiesta di Blomkvist, che rischierà anche di lasciarci la pelle.
Interpretato da attori noti solo in Svezia, il film si presenta come un thriller ben costruito, intellegibile anche da chi non conosca l’opera di Larsson, con personaggi azzeccati e una narrazione semplice, anche se in alcuni punti forse troppo didascalica. Però rimane un buon film “di genere”, con una certa tensione e un paio di scene di violenza sessuale molto angoscianti. Purtroppo la riduzione cinematografica ha obbligato ad alcuni tagli, e quello più sensibile è riferito al personaggio di Mikael Blomkvist.
Nel libro è lui il vero protagonista, mentre Lisbeth compare stabilmente solo circa a metà del racconto; nel film Blomkvist perde un po’ di spessore, poco si sa di lui e del suo rapporto con il genere femminile, ma soprattutto con la redazione e le vicende di Millennium (che nel libro è un sub plot avvincente). Forse maggiori spiegazioni arriveranno coi due prossimi film, che comunque riserveranno non poche sorprese sul passato e presente della misteriosa Lisbeth Salannder.
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