Il professor Lamberto Cardia, presidente della Consob, é sicuramente un brav’uomo. Nessun addebito può essergli mosso, né sono in discussione la sua professionalità o la sua competenza. Il punto é: conta o meno qualcosa nella realtà della finanza italiana?
Nel mese di luglio aveva provato a far sentire la propria voce, fino a presentare le proprie dimissioni. Il tema era il ruolo della carta stampata nella comunicazione finanziaria. In Italia, in controdendenza con il resto del mondo e con l’evoluzione tecnologica, le norme prevedono l’obbligo di pubblicare su un quotidiano nazionale (a stampa, non via web) gli avvisi finanziari pubblici. Si tratta di una notevola fetta della raccolta pubblicitaria per molte testate.
Ebbene, Cardia riteneva, giustamente, che la Consob dovesse introdurre norme più flessibili e moderne, e così aveva deciso di mostrare la propria contrarietà all’orientamento “politico” con il nobile gesto delle dimissioni. Opportunamente (per chi?), dopo le proteste degli editori, ha ritirato le dimissioni, e tutto resta quasi come prima.
Superata la tempesta, ecco presentarsi un nuovo scoglio: l’articolo 2391bis del Codice Civile prevede che la Consob disciplini le operazioni con parti correlate, in maniera che vengano rispettati dalle società quotate criteri di trasparenza e correttezza. Il fatto é che le operazioni con parti correlate sono il sale dell’attività di molte società. Non é che sia necessariamente truffaldino trattare con un terzo i cui organi decisionali siano collegati, ma l’esperienza insegna che bisogna stare attenti quando i gatti stanno vicini al lardo.
La legge sta lì, inattuata e inapplicata dal 2005. Senonché un bel giorno del 2008, anche Cardia si muove e avvia una pubblica consultazione, come prevede la migliore prassi, e dopo circa un anno, la Consob convoca una pubblica audizione a Roma. Qui si discute un testo normativo che é il solito pasticciaccio brutto, spogliato delle migliorie normative più significative, confuso, ridondante e impreciso, che lascia adito a dubbi e, quindi, ampia libertà d’interpretazione.
Tutti spazi di manovra per quelle Società quotate che non vedono di buon occhio che il mercato operi in termini di trasparenza e controllo sul loro operato – diciamo così – più intimo. E quale migliore posizione per Consob se non quella di offrire nella redazione delle norme il proprio ventre molle a tutti i contributi critici?
Così si mescola una severa (e onerosa per gli onesti) procedura formale di valutazione e approvazione con la massima discrezionalità per le società di individuare valutatori e validanti, qualificandoli come amministratori ed esperti indipendenti.
Ed é evidente che un presidente che lascerà l’incarico fra pochi mesi non può da solo affrontare i colossi della “correlazione”, come ad esempio Mediobanca che proprio mercoledì ha intrattenuto in assemblea i soci. L’operazione finanziaria più rilevante nella gestione Mediobanca del 2008/09:l’emissione di circa tre miliardi di misteriosi Cashes per conto di Unicredit, principale azionista del patto di controllo. Condizioni e regole dell’operazione fanno la differenza fra un approccio corretto e uno meno, e queste, in vigenza di regole forti ex art.2391bis, dovrebbero essere rese note al mercato.
E allora che leggiamo nel bilancio? Poche brevi righe en passant in alcune pagine, senza che si comprenda chi ha guadagnato o perso nell’operazione, e soprattutto come sia stata negoziata.
L’obiettivo di Consob é dunque prendere ad esempio Mediobanca? L’art. 2391bis imporrebbe un’altra direzione ma il regolamento proposto pare recitare: “… che dieci,cento,mille Mediobanche fioriscano”.
Se ne faccia, invece, una ragione il Presidente Cardia. Spetta alla Consob, e solo a essa, il compito di redigere il regolamento, applicando le innovazioni normative nel modo più ampio, a tutela non delle congreghe e dei centri di potere, quanto piuttosto degli azionisti e degli investitori. Verrebbe da dire “del mercato”, insomma.