Nella mia caverna di jedi millenario, circondato da monitor collegati con tutte le galassie, mai più mi sarei immaginato di dover tornare ancora a riflettere su Sanremo e Bonolis. Finito tutto il can can, calmatesi le polemiche e gli osanna, è saltata fuori una notizia che ha richiamato subito la mia attenzione: dopo i tonitruanti ed entusiastici comunicati di vittoria della Rai, l’azienda stessa ha ammesso a labbra strette che – fatta la somma algebrica di costi e ricavi – la Rai è andata in perdita! Ohibò, ma non ci avevano detto che gli stellari compensi di Bonolis & C erano giustificati dai grandi introiti pubblicitari che avrebbero garantito? Adesso invece ci sentiamo dire che i ritorni economici non ci sono stati…ma che si è trattato di un investimento per il futuro e che intanto, come risultato immediato si è contribuito a “ringiovanire” la rete. Ma davvero voi sulla terra vi dovete sorbire qualunque bugia dal pettoruto Del Noce e dal serioso Cappon?
Il fatto più grave è che simili sciocchezze vi vengono ammannite dal Direttore generale della Rai e dal Direttore della Rete Uno, che per ricoprire quelle funzioni dovrebbero essere molto esperti di tv.
Sarà quindi il caso di ripassare qualche regoletta base del marketing editoriale televisivo.
Una rete è a tutti gli effetti una marca, anzi molto di più: i contorni della sua identità nella mente dei telespettatori si formano per lenta accumulazione negli anni. Tant’è che gli esperti sostengono che l’immagine di una rete consiste nella sua memoria storica sedimentata sul tasto del telecomando: in altre parole, si schiaccia 1 sapendo che ci si trova un determinato tipo di spettacolo, di informazione, eccetera, e così per il secondo tasto, il terzo e via di questo passo.
Qualora si decidesse di cambiare identità ad una rete (per indirizzarla ad un pubblico anche solo in parte diverso), proprio perché questo tipo di processi richiede molto tempo, bisogna metter in conto di variare molto lentamente e quotidianamente la programmazione secondo un piano strategico di lungo respiro. Va detto che nel settore editoriale, nessun “ringiovanimento” è mai riuscito: il caso più eclatante è stato il settimanale famigliare Epoca , che ha subito diversi tentativi di ringiovanimento, con il risultato di perdere parte del pubblico vecchio senza conquistarne di nuovo.
Si può dire con un paradosso che il settimanale venne chiuso quando morì il suo ultimo, anziano, affezionato lettore.
Viene quindi da chiedersi cosa ha giovato a RaiUno spendere così tanto per un evento di pochi giorni come il Festival di Sanremo.
Per chi non lo sapesse, secondo i dati Auditel, RaiUno ha un pubblico in larga parte composto di ultrassessantacinquenni, concentrati al sud e con una scolarità media pari alla terza elementare. Non può quindi bastare un evento una-tantum (che si riveli pur fortunato in termini di ascolti anche di fasce più giovani) per ringiovanire la rete.
La verità è una sola, incontrovertibile: Sanremo è un evento legato ad una Italia che non c’è più, che è stato inzeppato di elementi che ben poco hanno a che fare con il pubblico della rete su cui è andato in onda e soprattutto con un festival della canzone italiana. Lo stesso meccanismo di televoto, che ha premiato il cast di Amici (dai cantanti alla conduttrice Maria De Filippi) è la dimostrazione che è stato fatto un trapianto “temporaneo” ad un malato terminale con un organo…che gli è stato subito estirpato! Ulteriore conferma ce la fornisce sempre l’Auditel: dovunque ha transitato, il Carro di Tespi post-Sanremo di Maria & C. ha collezionato grandi ascolti.
Chi ci ha guadagnato dunque? In primis la furbissima Maria, che ritornata sulla sua rete abituale si sarà trascinata con sé una percentuale di pubblico da ogni rete sulla quale è transitata. Bonolis, Benigni che hanno portato a casa straordinari cachet. Mina che ha ottenuto una superlativa promozione del suo disco. Del Noce e Cappon che (forti della grancassa informativa del Servizio Pubblico) hanno fatto credere all’universo mondo di aver salvato il festival, gli incassi pubblicitari della Rai e cominciato a ringiovanire RaiUno. Mentre non è così: la Rai è andata ugualmente in rosso, il Festival l’anno prossimo dovrà ricominciare da capo con un sempre più costoso accanimento terapeutico, la rete Uno ha ingurgitato una dose drogata di ascolto giovanile già sparito in fuga dietro le gonne della nuova pifferaia Maria… con buona pace delle stupidaggini che vi tocca sentire “sull’investimento strategico…”!
Chi ci ha perso? Certamente il Servizio Pubblico che oltre a perdere soldi pagati con il canone degli utenti, ha diffuso a man bassa – come abbiamo già detto – alte dosi di relativismo etico, estetico, musicale.
Gran bel risultato…e speriamo di non doverne più parlare fino all’anno prossimo!