Lunedì sera Fiat ha emesso un comunicato stampa per rendere noto al mercato che il cda di Chrysler aveva ritenuto non fattibile il lancio e il completamento della quotazione in Borsa della società americana prima della fine del 2013. Nello stesso comunicato Fiat ribadiva il proprio sostegno agli sforzi che Chrysler sta compiendo al fine di adempiere i propri vincoli contrattuali verso il Veba e dichiarava di attendersi che la società continuerà a lavorare per compiere i passi necessari a consentire la quotazione nel primo trimestre del 2014.
L’Ipo di Chrysler rimane quindi avvolta da un “alone di mistero” e a oggi non si sa se e quando avverrà. La questione, a prima vista, potrebbe anche non apparire così importante perchè Fiat detiene già da tempo la maggioranza assoluta della società, ne condiziona la strategia e mostra con cadenza trimestrale i numeri consolidati del gruppo; la quotazione di Chrysler potrebbe sembrare quindi un dettaglio per pochi intenditori, qualche analista finanziario che ancora guarda numeri societari o di mercato o qualche investitore alla ricerca di un angolo per fare performance in un mercato a volte davvero complicato.
Se così fosse, se la quotazione di Chrysler fosse in altre parole un dettaglio che non cambia nè la strategia, né la sostanza del gruppo Fiat, l’indifferenza mostrata da Marchionne e Fiat stessa per la quotazione di Chrysler dovrebbe essere letta senza alcun retropensiero. Ci sono però alcune considerazioni e osservazioni di buon senso che senza che sia necessario appellarsi ad alcuna dietrologia fanno intravedere un’altra interpretazione di quanto sta avvenendo.
Chrysler è di gran lunga il pezzo più importante del gruppo Fiat dal punto di vista economico e finanziario; gli utili della società americana sono un multiplo di quelli del resto del gruppo e la situazione patrimoniale molto più solida. Nel terzo trimestre del 2013, giusto per rendere l’idea, l’utile operativo del gruppo Fiat è stato di 816 milioni di euro; senza Chrysler sarebbe stato di soli 27 milioni. Non solo, Fiat senza il controllo del 100% della società americana non può neanche pensare di cominciare a mettere le mani sulla cassa di Chrysler. L’interesse di Fiat ad acquistare il 100% di Chrysler da un punto di vista non solo economico-finanziario ma anche strategico (è il terzo produttore auto americano) è massimo.
La quotazione di Chrysler sarebbe allora un rischio molto elevato. Per riconquistare il 100% del gruppo Fiat dovrebbe mettersi d’accordo con fondi di investimenti e hedge fund in una fase in cui le borse sono ai massimi; Fiat cadrebbe dalla padella, il Veba, alla brace, gli investitori che di certo non si rivelerebbero teneri in fase nagoziale. La quotazione determinerebbe inoltre un allungamento dei tempi. A parità di prezzo, la quotazione di Chrysler sarebbe certamente meno preferibile a un accordo col Veba al di fuori del mercato quotato. La quotazione di Chrysler valuterebbe il 100% della società tra i 10 e i 16 miliardi di dollari con il valore di mezzo che sarebbe comparabile con i multipli che oggi il mercato riconosce a Ford e GM; questa valutazione è comparabile con quanto il Veba chiede a Fiat e che il Lingotto si rifiuta di pagare in forza delle opzioni che ha su una parte della quota del Veba stesso che prevedono un prezzo inferiore.
Il procedimento giudiziario che vede contrapposti Fiat e il Veba non solo non è stato risolto nei tempi inizialmente previsti, ma è stato rimandato ulteriormente e si intravede la volontà di lasciare alle parti la risoluzione del caso senza interventi esterni. Il motivo per cui Fiat permetterebbe la quotazione di Chrysler sarebbe sostanzialmente di prezzo; Fiat si rifiuta di riconoscere al Veba quanto quest’ultimo chiede su una parte delle sue azioni e per chiudere la vicenda subito la società del Lingotto dovrebbe rinunciare in un certo senso alle proprie ragioni. Dall’altra parte il Veba mette sul piatto la quotazione come arma finale per convincere Fiat a venire incontro alla proprie richieste. A complicare il tutto c’è il fatto che Fiat con ogni probabilità per accontentare subito il Veba avrebbe bisogno di un aumento di capitale ingente (3-4 miliardi di euro?).
Per concludere, in un caso Fiat paga tutto e subito piegandosi alla volontà del Veba e ottiene immediatamente e per sempre il controllo di Chrysler, dall’altra spunta, forse, un prezzo inferiore ma allunga i tempi esponendosi a diverse incertezze. Fiat ha già fatto un affare decennale ottenendo il controllo di Chrysler per una cifra molto contenuta, oggi può completare l’opera, una trasformazione strategica vitale, mettendosi d’accordo col Veba. L’Ipo di Chrysler potrebbe alla fine non arrivare mai.