Nel contesto economico e sociale particolarmente critico che stiamo vivendo le prossime presidenze di turno dell’Europa, quella italiana (iniziata ieri), quella lettone e la lussemburghese, hanno calibrato un articolato programma di riforme condivise da realizzarsi nei prossimi 18 mesi (dal 1° luglio 2014 al 31 dicembre 2015). I diversi governi hanno cosi affermato che, anche nel biennio 2014-2015, l’Europa continuerà a porre l’accento delle proprie politiche del lavoro su maggiore mobilità, dialogo sociale, creazione di posti di lavoro di qualità, riforma strutturale dei mercati del lavoro e investimento nel capitale umano.
In questo quadro i tre esecutivi sottolineano, quindi, come la crisi di questi ultimi anni abbia colpito tutti gli strati della società, ma che oggi è necessario focalizzare l’azione su alcuni gruppi particolarmente vulnerabili al fine di garantire la creazione di mercati del lavoro sempre più inclusivi. Occorre, infatti, secondo i leader europei, prestare ancora più attenzione alle difficoltà di questi target-group, con particolare riferimento ai giovani, alle donne, ai lavoratori anziani e ai disoccupati di lunga durata.
L’ambizioso programma rivela, inoltre, come sia necessario, per ottenere risultati, affrontare tali questioni con un approccio maggiormente integrato che garantisca a questi soggetti particolarmente deboli un inserimento sostenibile nel mercato del lavoro. Un mercato in grado di accogliere tali istanze rappresenta, infatti, la condizione sine qua non per sbloccare un potenziale di crescita ancora inesplorato.
Il Paese guidato da Matteo Renzi arriva, tuttavia, a giocarsi tale partita in una condizione non particolarmente positiva. Il periodico rapporto Istat sullo stato di salute del nostro mercato del lavoro pubblicato ieri ci informa, infatti, che a maggio 2014, in Italia, gli occupati sono 22 milioni 360 mila, in aumento dello 0,2% rispetto al mese precedente (+52 mila) ma in diminuzione dello 0,3% su base annua (-61 mila). Il tasso di occupazione è, quindi, pari al 55,5%, in crescita di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali ma in calo di 0,1 punti rispetto a dodici mesi prima.
Allo stesso tempo il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 222 mila, continua, ahimè, ad aumentare dello 0,8% rispetto al mese precedente (+26 mila) e di ben il 4,1% su base annua (+127 mila). Il tasso di disoccupazione raggiunge, così, il poco ambizioso traguardo del 12,6%, in aumento di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,5 punti rispetto allo scorso anno.
In particolare, con riferimento al cruciale dato sui giovani, i disoccupati tra i 15 e i 24 anni sono intorno ai 700 mila. L’incidenza dei disoccupati tra i 15 e i 24 anni è, quindi, pari all’11,7%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,1 punti su base annua. In questo quadro il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, arriva al 43,0%, in calo di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente ma in crescita di 4,2 punti nel confronto tendenziale.
Di contro il numero degli inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce, forse grazie anche alla promozione della youth guarantee, dello 0,5% rispetto al mese precedente e dell’1,0% rispetto a dodici mesi prima. Il tasso di inattività, pari al 36,3%, diminuisce conseguentemente di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,3 punti su base annua.
Il timore, visto il difficile contesto in cui opera, è che il giovane Premier italiano, su cui sono riversate molte speranze dei cittadini e dei leader europei, non possa, quindi, rappresentare a pieno, sia per il nostro Paese che per l’Europa tutta, quella rondine (simbolo del semestre italiano di presidenza) anticipatrice di una nuova primavera europea fatta di lavoro e crescita economica.
In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com