Banca Mps si avvicina sempre di più alla fatidica data del 27 dicembre, quando (in prima convocazione) l’assemblea sarà chiamata ad approvare un aumento di capitale da 3 miliardi di euro; con una capitalizzazione di poco più di 2 miliardi di euro e con un prezzo di aumento che ci si attende molto amichevole nei confronti del mercato, l’operazione straordinaria avrà effetti pesanti sull’azionariato della banca toscana. Oggi la fondazione Monte Paschi controlla il 37,5% della banca, ma non ha soldi per partecipare all’aumento di capitale che l’assemblea potrebbe approvare e che è stato proposto dall’attuale cda; secondo alcuni rumours di mercato sul prezzo di emissione dei nuovi titoli, l’aumento di capitale farebbe scendere la quota detenuta dalla fondazione ben al di sotto del 5%.
A quel punto la fondazione perderebbe il controllo e la banca sarebbe tranquillamente scalabile, anche perchè con l’aumento si potrebbero costruire pacchetti di azioni a prezzi ragionevoli che altrimenti invece sarebbero molto difficilmente accumulabili. La fondazione Mps potrebbe anche votare no alla proposta di aumento di capitale, ma si aprirebbero scenari, come minimo, di volatilità per la banca con probabili interventi di Banca d’Italia.
In qualsiasi ipotesi si assiterà a cambi radicali per la terza banca del Paese, con la quasi scomparsa dall’azionariato del suo socio storico o con l’apertura di una fase di instabilità e incertezze alla fine della quale il ruolo della fondazione sarà con ogni probabilità ridimensionato rispetto a quello attuale.
Sembra impossibile non chiedersi come si sia giunti a questo finale. Leggendo le cronache dei giornali di questi giorni su banca Mps (ancora ieri la Repubblica si occupava delle vicende relative ai derivati con Nomura e all’operazione “Alexandria”) dominano complesse ricostruzioni su operazioni in derivati e qualche mese fa, invece, sulle prime pagine finiva lo scandalo della “banda del 5%”(alcuni dipendenti di Mps avrebbero sottoscritto operazioni dal dubbio ritorno economico a fronte di una “commissione” strettamente personale). In entrambi i casi, i bilanci di Montepaschi non hanno tratto particolari benefici, ma sembra caduta nel dimenticatoio l’acquisizione da 9 miliardi di euro per cassa di Antonveneta di fine 2007 che è l’origine vera delle vicende presenti.
A fine 2007 Montepaschi surclassava il prezzo offerto da Santander, i rumours concordavano su circa 6,5 miliardi di euro, portandosi a casa a prezzo pienissimo, 9 miliardi, la banca veneta. Montepaschi affrontava quindi la crisi del 2008 con i bilanci indeboliti da una acquisizione che valutava la banca circa 13 volte gli utili attesi 2009 (utili che non si sono mai visti neanche lontamente).
La storia di Antoveneta merita qualche excursus perchè nella primavera del 2005 sulla banca si erano scontrate Abn Amro con un’offerta per cassa e la Banca popolare di Lodi con un’offerta in gran parte per carta. Tra il 2005 e il 2007 cambiano tante cose; i mercati mettono insieme un rally record che poi si scoprirà molto fragile e basato su soldi facili per tutti e cambia il governatore della Banca d’Italia: fuori Antonio Fazio e dentro Mario Draghi.
Antonio Fazio si dimette travolto dagli scandali, tra cui quello sui rapporti con l’amministratore delegato di Banca popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani, favorito indebitamente nel tentato acquisto di Antonveneta. La vicenda del 2005 e i relativi scandali meriterebbero di essere riletti attentamente alla luce di quanto sta accandendo ora su Montepaschi quasi distrutta dalla crisi e da un’acquisizione fatta secondo le regole del “mercato” con controparti internazionali dopo Opa altrettante internazionali.
Il fatto che di tutto questo si parli poco e male, quando a tutti è chiaro quanto sia stata avventata l’acquisizione di Antonveneta a quei prezzi e quanto quell’acquisizione sia correlata alle vicende odierne è davvero singolare. L’operazione di “mercato” dell’aumento di capitale che si prospetta e che metterà probabilmente fuori dai giochi la vecchia fondazione aprendo nuovi scenari è un passaggio da osservare attentamente, cominciando a rileggere la storia meno recente, meno facile da scrivere, ma non per questo meno importante.