Preso da un panico forse superiore a quello che ha provocato l’ondata di vendite di titoli bancari a Piazza Affari, il premier Matteo Renzi ha convocato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il diretto dipendente Claudio Costamagna, presidente della Cassa depositi e prestiti. “Un giro d’orizzonte”, hanno detto fonti di palazzo Chigi. Ma a tutti gli ambienti finanziari il segnale è parso inequivocabile: con un classico riflesso-annuncio, Renzi ha fatto alzare dalla panchina il Presidente della “banca di Stato” – ex top manager di Goldman Sachs in servizio perenne – in vista di possibili interventi d’emergenza, principalmente sul fronte caldissimo del Monte dei Paschi di Siena.
Di fronte al tracollo di Mps (ieri -16%) comunicare a 360 gradi che il governo è pronto a nazionalizzare Siena non appare privo di senso al fine di prevenire una nuova pericolosa “risoluzione” bancaria in Italia. Ma la mossa, negli intenti sostanziali, resta fortemente dettata da motivi politici: forzare l’escalation del confronto con l’Ue e la Bce. Né la scelta sembra estranea ai veleni interni a valle dell’“affaire Etruria”, ogni giorno più velenoso. Mentre il sistema bancario italiano sconta nuove emorragie di fiducia da parte dei mercati e delle authority europee, è chiaro che neppure il Premier si fida più delle banche del suo Paese e tanto meno dei vigilanti nazionali Bankitalia e Consob. Si fida ormai solo di se stesso e di un banchiere della Goldman Sachs installato da lui medesimo a capo dell’unica cassaforte da cui il governo può (teoricamente) attingere subito miliardi di euro per ricapitalizzare Mps.
Non c’è’ dubbio che la convocazione dei maggiori banchieri italiani a Francoforte da parte del capo della supervisione Bce, Daniele Nouy, abbia aggiunto materia infiammabile alla miscela esplosiva creatasi fra Roma e Bruxelles. Non ha del tutto torto lo stesso Renzi a vedervi un’ennesima provocazione: un nuovo test a orologeria sulla bolla delle sofferenze bancarie provocate dalla recessione post-austerity, all’indomani dell’ennesima umiliazione sul progetto bad bank. Ma l’inesorabilità dell’Unione bancaria l’Italia – anche quella di Renzi – non può pretendere di scoprirla oggi. Il progetto è stato lanciato dal presidente italiano della Bce, Mario Draghi, nell’estate 2012 e il suo sviluppo è stato sempre appoggiato senza riserve dai governi italiani pilotati da Mario Monti, Enrico e poi dallo stesso Renzi. E neppure la Banca d’Italia di Ignazio Visco ha mai battuto ciglio sul “bail in”, approvato alla vigilia dei disastrosi dissesti di Etruria, Marche & C. Qualche obiezione l’ha fatta solo un presidente della Consob vituperato e quasi “ in articulo mortis” come Giuseppe Vegas.
Nello specifico, infine, Mps era in cima alla lista dei cattivi dello stress test d’esordio dell’Unione bancaria, nel novembre 2014. Un anno “supplementare” è stato completamente perso da tutti: confermando che il Monte è’ l’Ambrosiano del ventunesimo secolo, custode di tutti gli scheletri del vecchio Pd, del centrodestra toscano che sta puntellando il governo Renzi-Boschi, delle stessa vigilanza Bankitalia seguita alla cacciata di Antonio Fazio.
Di fronte a un inverno 2016 che ricorda pericolosamente l’estate 2011, “far presto” come allora rischia di non servire a nulla. I mercati arrivano a colpire quando si è fatto tardi e non è compiacendoli (come l’Italia ha fatto quattro anni fa) che si recupera un minimo di credibilità. E imboccare la scorciatoia della Cdp formato Goldman è l’esatto contrario di una prova di forza: ricorda invece molto quando l’Italia di Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi difese donchisciottescamente la lira nel fatidico 1992 (fra l’altro anno d’avvio delle privatizzazioni italiane in formato Britannia).
Che fare? Potrà sembrare troppo da manuale, ma il ministro dell’Economia potrebbe convocare (subito) il Comitato per la stabilità finanziaria, di cui fanno parte Visco e Vegas. Bankitalia potrebbe poi convocare i banchieri italiani, magari proprio il 25 gennaio: vediamo la reazione di madame Nouy e del suo superiore istituzionale Draghi. In queste “operazioni istituzionali” andrebbe trovata “ad horas” una soluzione per Mps e magari accelerare altri progetti di consolidamento del sistema). Se alcune vecchie “vacche sacre” del Pd strilleranno in pubblico e minacceranno in privato, beh: sarà questo il vero esame di premierato di Renzi, altro che il referendum sulle riforme. Idem se il Premier vorrà “accettare le dimissioni” del ministro Boschi: che non può più rimanere dov’è.
Una volta ri-esercitata seriamente una sovranità sostanziale a difesa di un residuo “patrimonio-Paese” forse anche a un leader finto di un paradiso bancario come Jean-Claude Juncker passerà la voglia di venire a Roma a tentare l’ennesimo sacco.