Il “segreto-meno-segreto” del paddock di Monza è finalmente stato svelato e quello che tutti si aspettavano da giorni è ufficialmente di pubblico dominio. Kimi Raikkonen tornerà clamorosamente alla Ferrari nel 2014, nonostante il non certo idilliaco addio del 2009 e la convivenza che si prospetta piena di incognite con Fernando Alonso. Era nell’aria e il Tweet di Felipe Massa che annunciava il suo addio alla Rossa dopo ben otto stagioni di tutto sommato onesta militanza, aveva definitivamente preparato il terreno per l’annuncio di oggi, arrivato il mercoledì come i ben informati avevano già previsto fin da domenica scorsa. Kimi Raikkonen, va detto subito, è uno dei migliori piloti del lotto. Su questo non ci piove. E’ veloce, combattivo, continuo, glaciale. E in più, lo ricorderete tutti, è stato l’ultimo pilota a fregiarsi del Titolo Mondiale pilotando per la Scuderia del Cavallino, nell’incredibile stagione 2007 dal finale al cardiopalma in cui il freddo finlandese approfittò da par suo dei duello fratricida dei suoi due principali oppositori: Lewis Hamilton e, guarda caso, Fernando Alonso, allora compagni di squadra alla McLaren. Kimi finì con 110 punti contro i 109 di entrambi gli avversari e vinse per una stretta incollatura all’ultimo respiro. Ecco, partiamo proprio da quel fatidico anno per capire quanto in effetti la decisione della dirigenza Ferrari sia tutt’altro banale e che segni una notevole inversione di rotta rispetto al passato. Quel Mondiale la McLaren, che era la macchina migliore del lotto, lo perse proprio per la logica dei “due galli nel pollaio” e nella storia delle corse non è la prima volta che la cosa si verifica. Nel 1986 Nigel Mansell e Nelson Piquet si diedero una battaglia senza quartiere quando erano compagni alla Williams e il risultato fu che il Titolo lo vinse Alain Prost, nonostante una vettura decisamente meno performante. Come Jones e Reutemann nell’81 a favore dello stesso Piquet, per citare un altro caso. La strategia di designare un primo ed un secondo pilota ben definiti in una scuderia è vecchia quanto le corse, pur conoscendo grandi e spesso vincenti eccezioni: Prost e Senna guidavano entrambi una McLaren negli anni dei loro epici duelli e questo non impedì certo loro di vincere il titolo, anzi sancì una schiacciante superiorità del team di Woking. Quindi qui non vogliamo dire che la scelta sia giusta o sia sbagliata, ma semplicemente che si tratta di una strategia diversa dal passato. I compagni di squadra di Michael Schumacher alla Ferrari sono sempre stati chiaramente degli scudieri del tedesco: Eddie Irvine, Rubens Barrichello e Felipe Massa, allora agli esordi, non hanno messo mai in discussione la leadership del tedesco che, dal canto suo, mal avrebbe digerito il contrario. Ciò funzionò. Lo stesso vale per Fernando Alonso che in carriera si è trovato una sola volta con un compagno al suo stesso livello. Ed era proprio quel 2007 alla McLaren precedentemente evocato e che si concluse con le accuse dell’asturiano di favorire Hamilton in seno al team e con un polemico addio. Non funzionò. Aggiungiamo la fallimentare esperienza di Maranello con il duo Mansell-Prost dei primi anni ’90 – ricordate la partenza suicida di Mansell all’Estoril che quasi eliminò il compagno di squadra in piena corsa per il titolo 1990? – per capire che il cammino scelto da Montezemolo e Domenicali sarà tutt’altro che agevole. E dovrà essere fatto digerire ad Alonso che sente il team non puntare “solo” su di lui come accaduto fin’ora. Per contro, il tasso tecnico della squadra aumenta sensibilmente, si incrementano le possibilità di vittoria e, se le cose dovessero funzionare anche fra i due compagni, la nuova coppia potrebbe portare all’attesa inversione di tendenza nella rincorsa alla Red Bull che quest’anno è rimasta un sogno nel cassetto. Ai posteri l’ardua sentenza.