Dodici mesi fa gli azionisti di Fiat Chrysler si stavano preparando alla quotazione con successivo spin-off di Ferrari. Lo sbarco della casa automobilistica in grande stile sulla borsa di New York è l’ultima di una girandola di operazioni che ha coinvolto la società nata a Torino negli ultimi anni e precisamente dall’arrivo di Marchionne come amministratore delegato. Le puntate sono state non solo numerose, ma anche particolarmente decisive e hanno disegnato una società irriconoscibile rispetto a quella di dieci anni fa. Lo spin-off di Cnh, la fusione con Chrysler, il cambio di nome e di sede legale e fiscale, oltre che di borsa di riferimento e infine lo spin-off di Ferrari hanno tenuto viva la società anche da un punto di vista borsistico.
Il 2016 è stato finora molto calmo: l’azione non ha fatto particolarmente bene e il mercato non sembra voler scommettere sul successo della strategia di rilancio nell’alto di gamma con i nuovi modelli di Maserati e Alfa Romeo. A due mesi dalla fine dell’anno, però, sembra che la società sia tornata a essere coinvolta da ipotesi di nuovi movimenti.
Negli ultimi sette giorni si è parlato di uno spin-off di Magneti Marelli, dopo le ipotesi di cessione per ora accantonante, si sono risentiti nomi di possibili partner industriali “pesanti” e si sono perfino prospettate rivoluzioni nella deludente scuderia di Formula 1. Il titolo, come da copione, ha messo a segno un paio di giornate di rialzi in controtendenza rispetto al derelitto listino italiano. È lecito chiedersi se ci sia qualcosa di sostanziale rispetto a questo rinnovato dinamismo.
Si deve sempre ripartire da quanto successo finora e leggerlo con lo stato attuale del settore e in particolare con la collocazione di Fiat al suo interno. Oggi abbiamo una società automobilistica “pura” che, per ammissione di Marchionne, non ha ancora le dimensioni per potere competere nel medio lungo termine e che ha negli Stati Uniti il mercato principale. Questo ultimo aspetto è quello che ha permesso alla società di sorpassare indenne le difficoltà del mercato europeo, di quello brasiliano e l’assenza da quello asiatico. Sappiamo che Fiat ha attivamente cercato una fusione con General Motors, ma la ceo Barra ha detto di no, e che molto probabilmente aveva un canale aperto con Volkswagen. Queste operazioni si possono anche chiamare fusioni, ma sono nei fatti delle cessioni.
Oggi il settore dell’auto e alle prese con l’avvento delle auto ibride ed elettriche. Ci sono due cose da sottolineare a questo proposito. La prima è che Fiat è decisamente indietro rispetto a molti concorrenti non avendo nella gamma praticamente alcun modello ibrido; Fca non ha nemmeno in essere programmi per recuperare il tempo perduto come per esempio Volkswagen. Su questa frontiera tecnologica che sembra quella decisiva Fiat non solo non c’è, ma non sembra nemmeno volerci essere. La seconda questione è che l’avvento dell’auto elettrica è rivoluzionario perché inciderà profondamente sul settore. Il motore elettrico è molto più “semplice” di quello a combustione e non richiede quella mole di investimenti che distingue una Ferrari da una Fiat Tipo. Non c’è strutturalmente quell’innovazione e quegli investimenti che si concentrano oggi sui motori. La dimostrazione sono i risultati sulle prestazioni della giovanissima Tesla. Il vincolo sono le batterie, una tecnologia che le società auto non hanno. Se oggi una società auto fa il 40% di una macchina e il resto lo fanno i componentisti, domani avremo l’80/85% contro appena il 15/20% fatto dalle Fiat di turno.
In questo scenario bisogna avere la tecnologia sul motore elettrico e ibrido e il marchio; se i motori elettrici sono “facili” per differenziarsi occorre avere un marchio e un’auto in linea con le aspettative del cliente. Sviluppare batterie e motori è comunque impegnativo, ma in un certo senso è meno strategico, soprattutto se l’approdo di medio termine è una fusione con un partner grande almeno come Fiat. Ha molto più senso investire in un marchio e farsi riconoscere in sede di fusione la quota di mercato attuale e potenziale nell’alto di gamma piuttosto che su una tecnologia che o verrà portata in dote dal partner, e quindi investire oggi sarebbe un’inutile duplicazione, oppure che potrà essere sviluppata in un domani non troppo lontano da un gruppo con molta più scala.
Più si avvicina l’auto elettrica, più si avvicina la prossima rivoluzione per Fiat, stando attenti a non perdere potere contrattuale aspettando troppo. La finestra per un’operazione si è aperta e chiusa un anno e mezzo fa e oggi sta per riaprirsi. Per l’appuntamento decisivo, quello in cui la famiglia Agnelli si diluirà significativamente, occorre avere il titolo in grande spolvero e delle auto riuscite nei segmenti giusti. Il passaggio finale potrebbe anche essere a inizio 2018, ma per prepararsi bene si deve cominciare qualche trimestre prima.