“Io amo mio padre e non mi vergogno a dirlo. Mio padre è una persona perbene e sono fiera di lui. Mio padre è di origine contadina e ogni giorno si faceva 5 chilometri a piedi per andare a scuola. Questa è la storia semplice e umile della mia famiglia, non le maldicenze uscite in questi giorni”. Da ieri il “padre per bene e benamato” del ministro Maria Elena Boschi risulta ufficialmente indagato dalla Procura di Arezzo per concorso in bancarotta fraudolenta.
Pier Luigi Boschi è certamente presunto innocente fino a un’eventuale condanna in terzo grado, ma il dissesto da cui origina l’indagine non è stato quello di una piccola azienda agricola, ma quello di una banca. Un crac che – già prima dell’accertamento delle eventuali responsabilità penali – ha prodotto perdite ingenti: direttamente a migliaia di azionisti e obbligazionisti dell’Etruria, indirettamente a tutti gli italiani (per il costo del salvataggio a carico delle altre banche nazionali, per l’escalation dello scontro con l’Ue su bad bank e regole bancarie; per i crolli in Borsa dei titoli bancari italiani all’inizio del 2016 che non facilitano nuovi riassetti necessari).
Forse hanno ragione molti media a fare registrazioni notarili della cosa nelle pagine interne. Del resto lo stesso ministro Boschi – di fronte a una mozione parlamentare di sfiducia – aveva escluso di pensare a dimissioni anche in caso di iscrizione del padre nel registro degli indagati. Però – fra sanzioni della Banca d’Italia, avvisi di garanzia e retroscena raccontati fra virgolette da personaggi non specchiatissimi – il “caso Boschi (padre)” continua a non sembrare propriamente quello di una “brava persona cui è stata carpita la buona fede”.
Nel frattempo, nel “cerchio bancario” del premier Matteo Renzi sono maturati altri episodi controversi. Non ultimo il ruolo che sta svolgendo Umberto Tombari, presidente dell’Ente CariFirenze e – secondo molti rumor – kingmaker renziano della nomina di Gian Maria Gros-Pietro alla presidenza di Intesa Sanpaolo. Tombari – a lungo indiziato come possibile successore di Giuseppe Guzzetti alla presidenza dell’Acri – ha ricevuto incarichi professionali dall’Etruria e ha avuto Boschi figlia come praticante nel suo studio legale fiorentino. Nulla di penalmente rilevante, nulla di nettamente inopportuno: ma non “nulla di nulla”.
E che dire del sottosegretario alla Presidenza Luca Lotti? È stato lui a inserire, pochi minuti prima di un Consiglio dei ministri, un cambiamento a una riforma cui avevano lavorato per un anno tutte le Bcc italiane, il ministero dell’Economia e la Banca d’Italia. L’emendamento (tutto raccontato dall’ex senatore Pd, Nicola Rossi) veniva dalla Bcc di Cambiano (Firenze) dove lavora il padre di Lotti. Ed era finalizzato a inserire una deroga di fatto “ad bancam”.
Nulla di penalmente rilevante, nulla di istituzionalmente scorretto: è compito del sottosegretario alla Presidenza mettere in bella copia i provvedimenti da portare sul tavolo del Consiglio dei ministri. Però, ancora una volta, non è vero che non è successo nulla.
Sempre fra politica e banche, sempre fra Arezzo, Siena, Firenze. E per Renzi è sempre questione di fiducia: da quella imposta due volte dalle opposizioni sul “caso Boschi” a quella – strana ma non troppo – che il governo sembra intenzionato a mettere oggi proprio sul passaggio decisivo in aula del decreto-banche.