Se questi sono i primi segnali, l’inversione di tendenza appare possibile. Perché, dopo aver invocato i giovani come medicina per rinvigorire il calcio italiano, anche le nostre società – quelle grandi, tanto per intenderci – cominciano a dar credito a tale cura. Convinte (forse) dal fatto che si può vincere pure con giocatori praticamente debuttanti, come hanno dimostrato varie società europee. Della cantera del Barcellona si sa pressoché tutto (e il calcio iberico si sta ritagliando spazi per il futuro, come evidenziato dalla vittoria all’Europeo Under 21) e se il Lille è tornato a vincere la Ligue in Francia guidato dal talento del ventenne belga Eden Hazard, il Borussia Dortmund è stato un inno alla gioventù in Germania, tra ragazzi di casa (da 1988 come Hummels e Grosskreutz al 1992 Gotze) e altri venuti da fuori (poco più che ventenni come Subotic, Lewandowski, Kagawa e Sahin, quest’ultimo subito finito nella rete del Real Madrid). Gente che ha saputo unire tecnica e qualità fisica, dimostrando (o raggiungendo, perché gliel’hanno subito richiesta) una maturità inaspettata e promettente.
E questi primi giorni di mercato evidenziano una svolta nostrana da questo punto di vista. Il Milan ha investito soldi veri su Stephan El Shaarawy, uno ancora alle prese con l’esame di maturità e che viene considerato come il talento su cui scommettere per il futuro. Ed è pronto a investirne altri per avere Angelo Ogbonna, un 1988, dal Torino. L’Inter pensava invece di mandare Luca Caldirola, un 1991, a farsi le classiche ossa a Cesena: operazione stoppata dal nuovo tecnico Gian Piero Gasperini, uno che di giovani si intende per aver fatto grande la Juventus Primavera e per aver consacrato parecchia gente con la maglia del Genoa (il citato El Sharaawy ha esordito con lui in serie A, a sedici anni e meno di due mesi). La Roma ha scelto un allenatore che ha evidenziato ottima attitudine con i giovani al Barcellona B (Luis Enrique) e sta impostando in maniera conseguente il mercato: tornano e non si muovono due esponenti del sempre ricco vivaio (Andrea Bertolacci e Alessandro Crescenzi, due 1991), è quasi fatta per Bojan Krkic dal Barcellona (1990), sono in arrivo Loic Nego dalla Francia (1991) e José Angel dalla Spagna (1989).
Una tendenza in cui intervengono fattori vari. Può essere la direttiva dell’allenatore, come nel caso di Gasperini e Luis Enrique. Può essere il convincimento che valga la pena puntare sul talento, come il Milan aveva già fatto per Kakà e Pato. Può essere la consapevolezza di essere giunti alla fine (o quasi) di cicli anagrafici che impongono l’avvio di un ricambio generazionale prima che sia troppo tardi per intervenire. Può essere – più prosaicamente – la scelta di abbattere i costi rinunciando a ingaggi pesanti (pensate a che cosa significasse Pirlo per il Milan anche sotto questo aspetto) e di cominciare a reinvestire in giocatori che domani possano essere patrimonio della società oppure, in alternativa, elementi con cui avviare ottime plusvalenze al mercato. In ogni caso una tendenza da salutare con favore e che, se incoraggiata dalle prestazioni dei singoli, varrà più di mille rivoluzioni del campionato Primavera e di mille convegni sulla crisi del calcio italiano.