Don Gianni era anzitutto un prete, un uomo di Dio. Anche nel periodo in cui fu sospeso “a divinis” restò un uomo che amava, anche soffrendo, la sua Chiesa. E un uomo di Dio molto intelligente. La dimostrazione vivente di quanto sia un’ingiusta menzogna la convinzione di Pier Giorgio Odifreddi che il cristiano è un cretino. Baget Bozzo era un cristiano che sapeva usare il cervello e aveva due grandi passioni: la teologia e la politica. La prima la coltivò all’ombra del cardinale di Genova Giuseppe Siri, con cui collaborò scrivendo sulla rivista Renovatio e insegnando Teologia in Seminario. La seconda cominciò a essere importante nella sua vita nel dopoguerra e all’interno dell’allora Democrazia Cristiana. Fede e politica. Una vita pubblica intensa, fatta di polemiche e grandi amori, generosa. Vocazione adulta, come si dice, abbraccerà il sacerdozio a soli 42 anni, e tuttavia le sue adesioni saranno sempre tormentate, ricche di controversie, in un continuo entusiasmo che lascia il posto alla delusione.
Don Gianni era anche un commentatore straordinario, una penna efficace che prima su Repubblica e poi sul Giornale spiegò molte questioni politiche, sempre in modo un po’ inaspettato. Don Gianni aveva la necessità di un punto di riferimento, quasi di un guru si direbbe oggi. In gioventù fu Giovanni Tambroni, poi certamente il già citato Siri. Negli anni Ottanta la sua grande passione fu indubbiamente Bettino Craxi. Colui che aveva rinnovato la sinistra italiana e finalmente fatto evolvere il socialismo italiano nel post comunismo. In quegli anni le sua analisi politiche sulla Dc e sul Psi erano acuminate e penetranti. I suoi entusiasmi eccessivi per tutti e quindi degni di rispetto in un mondo ipocrita.
Linguisticamente don Gianni amava il paradosso. Lo si vede soprattutto dalle sue lunghe interviste dove giocava con l’intelligenza dell’interlocutore e dei lettori in modo più libero che non nei suoi scritti. Ideologicamente pagava il fatto di essere un cattolico italiano del Novecento. Sempre in qualche modo segnato dalla lezione di padre Agostino Gemelli e dalla inevitabile continua ricerca dell’uomo della Provvidenza. Come spiegava benissimo il grande Augusto Del Noce, che stimava Baget Bozzo, l’impostazione di fondo del rapporto con la politica così come fu elaborata nel secondo dopoguerra alla Cattolica di Milano portava fatalmente il cristiano a ricercare nella storia il successo della Città di Dio. Del Noce, con la sua finezza, spiegava che questa posizione poteva avere molti esiti anche opposti: l’uomo della Provvidenza poteva essere indicato in Mussolini, come in Fanfani o in Craxi. Oggi, diremmo con don Gianni, in Silvio Berlusconi.
In questo senso con Baget Bozzo, negli anni del Sabato soprattutto, si è sempre molto discusso con grande fervore. Ai tempi della Dc, del Psi e di Forza Italia. E il nodo alla fine era questo: don Gianni ci criticava perché nella nostra visione la politica era anzitutto un compromesso realistico. Per lui invece era carica di un impegno quasi mistico.
Ma che passione in quelle discussioni e che comune intento a manifestare la presenza di Gesù Cristo nel mondo e nelle storia! Addio, don Gianni, ci vedremo quando tutto sarà più chiaro.