Adapt, il centro studi presieduto da Emmanuele Massagli, di cui è animatore Michele Tiraboschi, ha pubblicato – in occasione del XIII anniversario dell’assassinio di Marco Biagi (che di Adapt è stato il fondatore) – un Rapporto sulla contrattazione collettiva del triennio 2012-2014, gli anni dei quali è stato scritto che mai, come in quel breve arco temporale, “il presente e il futuro delle imprese e delle singole persone sono stati condizionati dal contesto macroeconomico, cioè da variabili al di fuori del loro controllo”. Eppure, la contrattazione collettiva, nella crisi, ha continuato a svolgere la sua funzione.
Il Rapporto prende a riferimento un campione di 24 rinnovi di contratti nazionali (Ccnl) e di oltre 800 accordi aziendali e territoriali (600 circa i primi, 200 i secondi). La ripartizione geografica privilegia nettamente il Nord (67% degli accordi) rispetto al Centro (24,5%) e al Sud e alle Isole (8,5%). Quanto alle organizzazioni sindacali, le federazioni di categoria della Cgil sono firmatarie nell’84% dei casi, quelle della Cisl nell’85%, mentre i sindacati di settore della Uil solo del 68,8%. Segue a grande distanza (9,6%) l’Ugl.
Passando all’esame delle materie trattate, spicca la retribuzione che viene affrontata in tutti i rinnovi nazionali, nel 77% degli accordi territoriali e nel 69% delle intese di rilevanza aziendale. Per quanto riguarda i minimi tabellari l’aumento medio dei 24 Ccnl è pari al 6,8% con un picco al 9,16% e un minimo del 3,9%. È diffusa la tendenza al decentramento e alla flessibilizzazione della struttura salariale nazionale con il trasferimento di quote di aumenti al secondo livello negoziale, dove gli istituti trattati più frequentemente sono l’elemento variabile della retribuzione e il premio di risultato (nel 61,2% degli accordi aziendali).
A livello decentrato si riscontrano in prevalenza tre misure di politica retributiva: 1) il salario d’ingresso per i nuovi assunti; 2) l’assorbimento e la ristrutturazione di voci retributive aziendali; 3) la trasformazione dei premi da fissi a variabili. I temi del mercato del lavoro costituiscono la seconda materia affrontata in sede nazionale (in 20 accordi di rinnovo). Ma sono significativi, in proposito, anche i dati della contrattazione decentrata (il 40,5% negli accordi territoriali e il 26% in quelli aziendali).
Mentre a livello nazionale si affrontano i temi del contrasto al lavoro irregolare (specie in edilizia) e della disciplina dell’appalto, delle esternalizzazioni (con la previsione della cosiddetta clausola sociale) o del trasferimento dell’azienda o di un ramo di essa, la contrattazione aziendale si dedica, da un lato, alle politiche occupazionali relative alla flessibilità in entrata, dall’altro, a misure e programmi di stabilizzazione e contingentamento delle forme di lavoro atipico (65 accordi) e alla regolazione del part-time (92 accordi).
L’orario di lavoro, dopo la retribuzione, è la tematica più trattata a livello aziendale (240 contratti pari al 40% del campione) con riguardo alle ferie, alle turnazioni, alla flessibilità in entrata e in uscita, alla banca delle ore, ecc. Diffuso il contrasto dell’assenteismo anomalo con la negoziazione di premi di risultato dotati di indicatori legati al contenimento del tasso relativo.
Il welfare aziendale è presente nel 45,5% degli accordi, nell’ambito della bilateralità cui continua a essere dedicato l’impegno delle parti sociali. Altre materie della contrattazione aziendale sono la sicurezza e la tutela della salute, nonché lo sviluppo di norme di carattere obbligatorio e strumentale, rivolte a regolare i comportamenti e le relazioni tra le parti (14 Ccnl e 257 intese aziendali) e a realizzare l’esigibilità del diritto di contrattazione.
Il Rapporto si diffonde, poi, ampiamente, a esaminare l’andamento della contrattazione ai diversi livelli, aprendo dei focus specifici per talune categorie (i bancari e gli elettrici), per alcuni casi specifici (l’Expo, Bergamo e Taranto) e sulla cosiddetta mediazione istituzionale (L’Electrolux).
Insomma, il Rapporto fornisce un quadro compiuto della contrattazione collettiva durante la crisi, mettendo in evidenza un’attività ignorata, sottaciuta, ma esistente, a prova di una vitalità fisiologica del sistema delle relazioni industriali, che va ben oltre ed è più interessante di quanto è solito “passare il convento” dei media.