Cominciamo dalla fredda cronaca, ormai nota: Suzuka ci ha raccontato dell’ennesima vittoria dell’inarrestabile Sebastian Vettel. Una vittoria diversa da come ce la potevamo aspettare e da quelle andate in onda nelle puntate precedenti, matu rata questa volta da inseguitore e grazie ad una strategia azzeccata, pilotata da un muretto-Red Bull sempre lucido e preciso. Una vittoria arrivata nella giorn ata in cui tutto sommato il tedesco ha commesso più imprecisioni – dire errori è eccessivo – del solito: ha sbagliato la partenza, ha toccato Hamilton, ha messo le ruote sull’erba un paio di volte e, come si conviene agli audaci, è stato baciato dalla fortuna che non gli ha mai presentato, almeno in questa corsa, il conto. Bravo, versatile, preciso, fortunato. E’ vero – e forse, come mi ha fatto notare qualcuno dei miei competenti lettori, non l’ho mai sottolineato abbastanza – che in questo momento la Red Bull (vettura + team) è superiore agli altri, ca pace di giocare al gatto col topo con gli avversari e di piazzare due piloti con strategie diverse al primo e secondo posto (a proposito, che poi la strategia “più giusta” sia stata quella di Vettel e non quella di Webber chissà perché non mi sorprende più di tanto…). E’ vero che il precipitoso ritorno alle gomme formato 2012 da parte della Pirelli dopo la catastrofe di Silverstone ha favorito la Red Bull a scapito di Lotus e Ferrari. E’ vero che mai come quest’anno la scuderia della bibita energetica ha trovato avversari malleabili, incostanti e tutto sommato tecnicamente distanti dai suoi livelli in tema di capacità di sviluppo più che di progetto originale. E’ vero che Adrian Newey è Adrian Newey e che in questo momento è il miglior tecnico in circolazione. E’ tutto assolutamente vero. Però la mia visione romantica delle corse, forse un po’ retrò e che certo non pretendo che tutti condividano, non può non portarmi a dare un peso sempre superiore agli uomini rispetto alle macchine. Forse Enzo Ferrari la pensava diversamente, ma mi perdonerà perché, in fondo, anche lui si definiva un “agitatore di uomini”. Anche questa Formula Uno-videogame contemporanea, vivaddio, è uno sport e nello sport alla fine conta il capitale umano. Ecco perché penso che sia il momento di dire che Sebastian Vettel ha raggiunto una dimensione da campione completo e che sia il caso di cominciare a scomodare qualche paragone illustre. Compiere acrobazie mentali per capire dove si collochi nel panorama dei piloti più forte di sempre è più anacronistico che inutile, ma è un fatto che Sebastian abbia vinto il 30% delle gare a cui ha partecipato, un dato che vale più di qualunque altro record di vittorie, di Titoli Mondiali e di punti guadagnati che l’evoluzione dei regolamenti rende impossibile da usare come termine di paragone. Per capirci, meglio di lui, nella storia, hanno fatto solo in tre e sono campioni di fantastico livello: Juan Manuel Fangio che ha vinto 24 delle 51 gare disputate (il 47% abbondante), Alberto Ascari che arriva al 40% e Jim Clark al 34,7%. Michael Schumacher era intorno al 35% prima del suo poco fortunato ritorno in Mercedes che gli ha rovinato la media. Fuoriclasse come Prost, Senna, Moss e Stewart sono intorno al 25%. Certo, i numeri non dicono tutto e pronunciarsi mentre gli eventi sono in corso non è l’ideale. Ma tant’è: io, personalmente, ritengo che al di là di ogni numero o classifica il più grande di tutti si chiami Ayrton Senna, inarrivabile non solo per classe, sensibilità e velocità, ma anche per carisma, personalità, fascino. E penso che paragonare Vettel a Fangio o a Lauda, a Stewart o a Prost sia, almeno ancora per un po’, quasi sacrilego. Ma è certo che Sebastian sia da annoverarsi nell’olimpo dei migliori di tutti i tempi, poco importa davanti o dietro a chi. Ed è per questo che se è vero che, sotto sotto, la Ferrari sta preparando il suo approdo a Maranello per il 2015 o il 2016, sarà quello il vero e proprio tassello che segnerà una inversione di tendenza nei risultati della Rossa Nazionale. Come lo fu, nel 1996, l’avvento di Michael Schumacher. Per carità, non sono l’oracolo di Delfi e magari sarò smentito dai fatti fin dal prossimo anno. Ne sarei certamente contento, perché ciò significherebbe un Mondiale 2014 aperto e combattuto. Però ho la sensazione che non saranno i ribaltoni regolamentari a togliere a Vettel l’investitura di “uomo da battere”. Ai posteri l’ardua sentenza.