Un anno fa circa Matrix presentò ai telespettatori di Canale 5 un documento impressionante: i colloqui di Erika e Omar con gli psicologi in carcere, registrati dopo l’arresto. Quel delitto terribile, l’uccisione della madre e del fratellino di Erika, compiuto ormai nove anni fa, veniva lì raccontato e descritto dai protagonisti con un corredo impressionante di ragioni che non spiegavano. Le canne, il loro amore chiuso e folle, la noia… Tra i due Erika appariva spietatamente inconsapevole e insieme molto ferma e convinta, Omar a tratti sembrava un bambinone frastornato da un evento più grande di lui, come se la marijuana e il sesso l’avessero travolto, rubandogli l’arbitrio, la coscienza, la capacità di intendere e di volere, in senso lato, non tecnico quindi né giuridico.
Da oggi Omar Favaro, condannato a 14 anni per il delitto, è un uomo libero. E’ giusto che accada, anche se può scandalizzare. Perché l’orrore di quella scena, una madre e un fratello, senza colpa, uccisi con coltelli da cucina e a mani nude, non ci abbandona. E tuttavia la giustizia ha saldato il suo conto, resta il problema: Omar ha espiato? Ha capito che cosa ha davvero fatto quella mattina di febbraio del 2001? Finito il conto matematico degli anni da scontare, è realmente finito il suo percorso di riabilitazione? La colpa, tanto più quando è gravissima, sembra sempre soverchiare con la sua forza l’individuo stesso che l’ha commessa.
E da quando l’uomo esiste, riflette su questo. Primo Levi, che ha combattuto tutta la vita col senso di colpa, solo per essere uno dei “salvati” dal lager, ha scritto: “Non conosco atto umano che possa cancellare la colpa”. Uno dei più grandi filosofi dei nostri tempi, Emanuel Levinas, amava spesso citare questa frase di Dostoievskij: “Ognuno di noi è colpevole davanti a tutti per tutto e per tutti, e io lo sono più degli altri”.
La pronuncia il fratello di Zosimo ne I Fratelli Karamazov. Ogni riconoscimento della colpa contiene una domanda implicita di perdono, di grazia, di redenzione. Un atto, non solo umano, che possa cancellare il male commesso. E’ certamente così anche per Omar, che oggi torna per la legge dello Stato un uomo libero. C’è da chiedere, anche per lui, che il percorso intrapreso prosegua, che trovi il perdono, che sappia fare i conti col male commesso, guardandolo negli occhi. Che non sia solo, in questo. E’ la stessa cosa che è giusto chiedere per ognuno di noi. Per tutti. Per tutto.