Caro Direttore,
Con la cacciata di Berlusconi dal Senato erano prevedibili le esplosioni di gioia di quella sinistra che da vent’anni trova la sua ragion d’essere nella lotta a Berlusconi.
Un artificio dialettico di questa lotta è stata la proclamazione di un “ventennio“ berlusconiano, cercando di far dimenticare che Berlusconi ha governato solo per la metà circa di questi vent’anni, cosa che comporta una grave responsabilità anche del centrosinistra, e non solo di Berlusconi, per la situazione in cui si trova l’Italia.
Anche la denuncia del “berlusconismo” rischia di essere un argomento a doppio taglio, in quanto finisce per attribuire a Berlusconi una forza tale da paralizzare gli avversari anche quando non è stato al governo. Una chiara ammissione di incapacità politica alla luce della quale diventa evidente il dover sperare nella magistratura per liberarsi del “Nemico”.
Questo uso, più culturale e antropologico che politico, ricorda il ruolo che ebbe, a suo tempo, il “craxismo” nell’eliminazione di Craxi, o l’uso che il PCI fece di altri “ismi”, come “l’imperialismo”, ovviamente solo americano, o il “revisionismo” socialdemocratico.
A mio parere, tracce di questa impostazione si possono trovare anche nell’articolo a firma Eugenio Mazzarella, professore universitario e parlamentare PD nella precedente legislatura, pubblicato l’altro giorno sul nostro sussidiario.net .
Pur accettando il giudizio sulla “spregiudicatezza demagogica” di Berlusconi, non si può però sorvolare sul fatto che gli antiberlusconiani stanno percorrendo strade molto simili, nel momento in cui celebrano non la vittoria su un avversario politico, sia pure per via giudiziaria, ma la sconfitta del “tiranno”. Non mi meraviglierei se qualcuno proponesse il 27 novembre come festività da affiancare al 25 aprile.
Secondo il professor Mazzarella le truppe del berlusconismo si aggiungeranno a quelle di Grillo “per assediare la politica italiana” con il loro populismo. E’ oggettivamente un rischio, ma vorrei ricordare il lungo e tenace corteggiamento dell’M5S da parte di Pier Luigi Bersani, segretario del PD, e che l’alleanza non è andata in porto solo per il rifiuto sdegnoso di Grillo. Non vorrei che fosse un altro esempio di doppia morale togliattiana, la stessa che portò D’Alema a definire “costola della sinistra” la Lega di Bossi quando ruppe con Berlusconi, per poi tornare a definirla razzista e impresentabile.
Dati gli indubbi toni da “capopopolo” che hanno spesso contraddistinto Berlusconi, ovvia l’accusa di parlare “alla pancia del Paese”. Tuttavia, sotto questa accusa si intravvede quella presunzione di superiorità morale e antropologica che la nostra sinistra si è sempre attribuita e per la quale solo chi vota per lei vota “con la testa e il cuore”, gli altri solo con la pancia, o peggio. A riprova, basterebbe rileggere le reazioni alla vittoria di Berlusconi nel 1994, una serie di insulti contro gli italiani che si erano permessi di fermare la marcia verso il potere degli “illuminati”della sinistra.
Che non si tratti di un problema politico, ma culturale e antropologico, lo conferma lo stesso professore quando ammette l’esistenza di una pancia del Paese, ma che è stata educata “per vent’anni dalla sua comunicazione a svilire lo Stato, anche quando lo governava, denunciandone i vizi senza riformarli, ma anzi assumendoli a pretesto per secondare i vizi ‘civili’ del paese”. Insomma, Berlusconi come corruttore della morale nazionale, da ripristinare al più presto tramite l’opera educativa della sinistra, ovviamente casta e pura.
Conferma di quanto le tentazioni moralizzatrici di stampo giacobino facciano marciare affiancate parte della magistratura e della nostra classe politica. Non trattandosi, quindi, di un problema politico si considera ovvio e doveroso l’intervento della magistratura, intervento addirittura preventivo, visto che inizia già nel 1994, quando ancora il Cavaliere non aveva avuto occasione di dar sfogo a tutte le sue nequizie.
Un’ultima osservazione del tutto personale. Ritengo completamente assurde le citazioni fatte da alcuni pasdaran berlusconiani di Piazza Loreto o delle Brigate rosse, ma vorrei ricordare che Moro fu ucciso da comunisti, definiti fino a poco tempo prima come “compagni che sbagliano”, né il PCI fece molto per evitare quell’assassinio. E, comunque, sarebbe bene ricordare che Aldo Moro era democristiano, malgrado i tentativi della sinistra di strumentalizzarne la morte a proprio vantaggio.
Cordiali saluti, Augusto Lodolini