Molti anni fa, smanettando con il suo ricevitore interstellare, il vostro vecchio maestro Jedi aveva scoperto un’interessante emittente radiofonica privata terrestre: Radio Radicale. Se l’ascoltavi, ti permetteva di seguire quello che succedeva nei seminari, nei convegni e negli incontri più diversi, sia di partito che di altro genere.
Lo scotto da pagare era un po’ di propaganda radicale, che faceva capolino ogni tanto anche nella eccellente rassegna stampa del direttore Massimo Bordin. Bastava che ci fosse una “breve” di due righe sui radicali su qualche giornale, e potevate star sicuri che prima della fine veniva citata con la stessa importanza di un articolo di fondo del Corriere.
Ma a parte questo, quella rassegna stampa era un vero godimento, dati anche gli arguti commenti del direttore (e anche la sua buffissima pronuncia delle parole inglesi per via della sua inverosimile dimestichezza con questa lingua). Altra rassegna molto interessante era ed è quella internazionale di David Carretta (in onda alle sette prima di quella nazionale), condotta invece da sempre con un “aplomb” assolutamente anglosassone, senza interventi, commenti e/o interpolazioni. Diversi programmi sono alquanto interessanti, vedi “Media e Dintorni”, “L’ora di Cindia”, “Visto dall’America”… mentre il resto è costituito da una quantità di programmi traboccanti propaganda e ideologia radicale a go-go. E non ci sarebbe nulla di male se si trattasse davvero di un’emittente privata, che rischia del suo.
Purtroppo non è questo il caso. Da anni Radio Radicale gode di un contributo pubblico non indifferente (10 mln di euro l’anno!) per lo svolgimento del servizio relativo alla messa in onda di convegni e congressi di tutti i partiti. È grazie a questo sostanziosissimo contributo pubblico che Radio Radicale riesce a stare in piedi, ed è grazie a questo che riesce per molte, moltissime ore al giorno a fare una martellante campagna alle idee della “Lista Bonino/Pannella” di cui si dichiara emittente ufficiale.
Ed è proprio in virtù di questo equivoco che si permette – in quanto quotidiano di partito – di fare pure propaganda anche durante il silenzio imposto per legge a tutti i media nei week end elettorali. Pazienza. Anche perchè non sembra che tanta pervicace furbizia nel giocare sull’equivoco abbia mai portato a clamorosi risultati elettorali.
Recentemente Pannella e Bonino hanno fortemente strillato perchè il contributo annuo di 10 mln è stato concesso solo per due anni, e non per i soliti tre, «impedendo all’emittente un minimo di programmazione economica» (Bonino)!. Ohibò: poteva anche passare finché il servizio di Radio Radicale era davvero unico… ma dal 98 in poi, da quando il CdA Rai presieduto da Zaccaria varò "GR Parlamento" in ottemperanza a una delibera del CdA precedente, non c’è più soltanto Radio Radicale a svolgere compiti di servizio pubblico trasmettendo dirette da convegni e congressi, anzi, ci si è messa con impegno proprio la Rai, titolare per eccellenza di un contratto di servizio pubblico con lo Stato, che tra l’altro lo svolge senza interpolazioni, commenti o contropartite propagandistiche di sorta.
Va detto che da un annetto a questa parte le cose sono peggiorate in maniera significativa. La rassegna stampa del mitico Bordin si è trasformata sempre di più in un bollettino di notizie radicali. Le incursioni di Pannella non si contano più, in diretta da qualsiasi posto e a qualsiasi ora, e ancora più spesso ripetute in differita. Di notte vanno in onda intemerate – sempre di Pannella – ma questa volta d’annata: vecchi dibattiti e vecchie conferenze stampa anche di moltissimi anni fa.
In definitiva, un vero e proprio delirio affabulatorio,un colossale monumento radiofonico all’istrionico leader pagato con i soldi dei contribuenti, con la scusa che la Radio “fa servizio pubblico”.
Adesso che è scoppiata la questione delle liste regionali, e che la Bonino è riuscita ad acchiappare la candidatura alla presidenza della regione Lazio, tutti i buoi sono letteralmente scappati dalle stalle.
La rassegna stampa è ogni giorno letteralmente riempita dalla stessa cronaca tratta dai più diversi giornali di cosa hanno detto e fatto Emma e Giacinto detto Marco.
Se ci si ferma un attimo stropicciandosi le orecchie, ascoltando Radio Radicale, ci si rende ben conto di qual è l’idea di servizio pubblico che hanno i Radicali: dateci i soldi pubblici perché possiamo parlare di noi in ogni momento e in ogni occasione, in cambio di un po’ di microfoni aperti ad un po’ di convegni.
E che bel paradosso: su iniziativa del radicale Beltrandi la Commissione Parlamentare di Vigilanza ha ingessato la comunicazione politica alla Rai, mentre a Radio Radicale si fa oramai propaganda ogni minuto perché, si sa, è vero che fa servizio pubblico… mandando magari in onda di notte “negli spazi in convenzione” vecchie tribune politiche del 76 o dell’81, ovviamente con Pannella protagonista.
E ora che l’attualità ne offre lo spunto, come si fa a tirarsi indietro? Che dire poi del linguaggio dell’emittente? “Legalità” è la parola più ricorrente, fatto assai curioso per una emittente che vive – ed è un eufemismo – su un clamoroso equivoco che con il concetto di correttezza e legalità ha assai poco a che fare. Basta pensare alle battaglie “non violente” su aborto e droghe leggere. Ma si sa, i radicali sono campioni di relativismo non soltanto etico, e lo sanno ben dimostrare lamentandosi di continuo per essere (a loro dire) censurati ogni giorno, per poi ottenere di essere continuamente citati e addirittura lautamente sovvenzionati.
Satyagraha è l’altro esotico termine ricorrente, per ricordare la non violenza di gandiana memoria nel riproporre i continui – e sempre interrotti! – scioperi della fame. (A proposito, una delle tante furbizie dei redattori dell’emittente è quella di sommare le singole giornate di sciopero annunciate dai singoli militanti – tanto chi controllerà mai – per affermare che “siamo arrivati alla millesima giornata di sciopero della fame…”). Mentre la straripante presenza di Pannella denota l’imposizione di un culto della personalità “obbligatorio” che ricorda proprio la violenza dei regimi più oppressivi. Lo dimostra il fatto che chiunque si prova ad emergere e rischiare di fare un po’ di ombra al santone, viene emarginato e poi costretto ad allontanarsi (basta vedere cosa è successo a Capezzone).
Facendo un minimo di attenzione, se in psicanalisi si parla dell’invidia del pene, nel caso dell’ultralaico Pannella si può certamente parlare di invidia della cultura religiosa. Costanti sono i saccheggi del linguaggio biblico e cristiano, e infatti uno dei ritornelli panelliani più ripetuti è “spezzare il pane della conoscenza” e via di questo passo.
Anche la musica impiegata lo conferma: capolavori della cultura cristiana come il Requiem di Mozart e brani di ispirazione religiosa di altri grandi – addirittura il Canto Gregoriano – sono trasmessi fino a consumarli. Insomma, da qualsiasi lato si analizzi il caso di questa emittente, ci si accorge di essere in presenza di una cultura totalmente saprofita, in realtà priva di una semantica propria e originale, che vive rubacchiando ovunque modalità espressive e suggestive, contando sulla sempre più diffusa ignoranza del pubblico e sulle capacità affabulatrici di quello che sta oramai diventando una macchietta della politica.
Tutto si potrebbe ricondurre comunque ad un caso di scuola da esaminare per gli assai interessanti profili di patologia sociologica e anche di stralunata follìa… se non ci trovassimo di fronte a una emittente totalmente propagandistica che neanche quella di Pol Pot… pagata però con il denaro pubblico.
C’è anche da domandarsi che classe dirigente politica abbiamo, evidentemente afflitta da una così mastodontica cattiva coscienza, da farsi continuamente ricattare dalle invettive radicali sulla legalità, e quindi regalare di conseguenza all’istrionico neo-pifferaio di Hamelin un bel po’ di denaro dei cittadini per quella che sotto tanti aspetti è una vera anomalìa in un sistema realmente democratico. Ci mancherebbe che i radicali non potessero liberamente diffondere le loro idee…ma lo facessero a proprie spese!
Quante altre iniziative di diffusione di un pensiero non così distruttivo, anzi portatrici di fattori positivi di coesione sociale meriterebbero di essere finanziate al pari se non di più di questo apparente “servizio pubblico”?