Si è chiusa la questua governativa denominata Fondo Atlante2, per “salvare” il Monte dei Paschi, che al momento presenta la situazione più grave fra le banche italiane. Con che entusiasmo partecipino le altre banche, tutte bisognose per se stesse, e le assicurazioni, si può valutare dagli importi promessi: poche centinaia di milioni a fronte di crediti eufemisticamente detti non performanti, anziché di dubbio incasso, per miliardi. Tali crediti si sarebbero potuti vendere sul mercato per circa 2 miliardi – il 17% del loro valore nominale -, ma Atlante, le cui spalle possono reggere il mondo, ma le gambe sono esilissime, li pagherà il doppio.
A questo punto, perché le Poste, Cassa depositi e prestiti, Generali, Unipol, le altre banche indirettamente li pagano di più? E perché il fondo già costituito Atlante1, interviene con un miliardo? Alla fine si tratta sempre dei prestiti concessi a suo tempo dalla banca senese, si tratta sempre degli stessi debitori e delle stesse garanzie che dentro Mps sono considerati pericolosi per i conti. Ovvio, si diluisce la perdita fra molti soggetti, si rinvia di molti anni la maturazione dell’effettiva contabilizzazione, e una parte consistente delle future minusvalenze resterà a carico di soggetti pubblici, degli investitori e anche dello Stato per le minori tasse che saranno pagate sugli utili. Si aggiungano le laute commissioni agli organizzatori e ai recuperatori che il metodo escogitato genererà, e si comprende perché il salvataggio di un’azienda decotta conviene più di una drastica decisione: il fallimento.
Questa soluzione, chiara e regolare, unita alle norme europee sul bail-in, a suo tempo supinamente accettate, avrebbe generato però vere difficoltà per il governo, e forse avrebbe costretto la magistratura ad approfondire con perizie tecniche le cause della bancarotta. Basterebbe forse, come chiede il giudice Patarnello, almeno verificare quanti mutui senza vere garanzie sono stati concessi ai soggetti verso i quali sono intervenuti sequestri giudiziari.
Vendendo i crediti cartolarizzati, si è avviato un mercato di figurine fra istituzioni finanziarie che confonde nello stesso calderone i crediti concessi agli amici, le perizie artefatte, i documenti falsi con le difficoltà economiche di chi ha perso il lavoro e non è in grado di rispettare le scadenze. E probabilmente sarà il piccolo debitore che alla fine pagherà il proprio debito, consentendo ad Atlante di restare in piedi giorno per giorno e di lasciare ignoti i beneficiari dei prestiti non rimborsati.
Un mese fa avevamo spiegato che, comunque vada a finire, la strada intrapresa segna con decisione la perdita del vero patrimonio delle banche – ancora chiamate “Istituzioni” finanziarie – ovvero la fiducia. Non riconoscere gli errori commessi, tradire i propri depositanti, ingannare i sottoscrittori di azioni e obbligazioni, al netto di eventuali risarcimenti monetari, è ora il patrimonio negativo. ancorché immateriale, che questa soluzione da “furbetti del giroconto” ci lascia prima di cedere, con un aumento di capitale pilotato, quello che ancora resta di valido di Mps. E appariranno nuovi amichetti finanziari nel cui interesse nessuna autorità chiederà di far luce sul passato, ivi compresi i precedenti prospetti di collocamento che i dati, oggi resi palesi, ma già noti, dimostrano essere stati falsi.